Presentato a Napoli, in una splendida giornata di sole, Una vetrina che guarda il mare segna il debutto dietro la macchina da presa per Massimiliano Gallo (tra i protagonisti del recente e candidato all’Oscar È stata la mano di Dio). Per l’occasione, si è tenuta la conferenza stampa, a cui hanno partecipato lo stesso Gallo, Maurizio Marinella, Francesco Pinto, le attrici Nunzia Schiano e Shalana Santana, l’autore delle musiche Remo Anzovino e il produttore e organizzatore generale Rino Pinto (FAN Fabbrica Audiovisiva Napoletana)
«Questa di Marinella è una storia vera».
Una vetrina che guarda il mare | La storia di Marinella
Esordisce così Maurizio Marinella, titolare dell’azienda che porta il suo cognome, fondata ben 108 anni fa dal nonno Eugenio.«È una storia fatta di emozioni, di persone, di grande senso del dovere e della voglia di trasmettere una bella Napoli. Sono felice di far capire alla gente anche il sacrificio e l’impegno. Ed è un miracolo perché arriviamo alla quarta generazione (rappresentata dal figlio Alessandro, 26 anni, ndr.) e c’è voglia di crescere ancora. Crediamo in questo progetto, di cui tutti si sentono parte».

«Siamo tutti molto legati al progetto» – prosegue Massimiliano Gallo, in veste di regista. L’idea è nata da un’intervista a Maurizio Marinella, condotta da Shalana Santana per un programma su Canale 8. «È un lavoro fatto con il cuore, con la voglia di raccontare la bellezza di questa azienda e di questa città, mostrando una Napoli non dei luoghi comuni».
In fondo, come dice Francesco Pinto, autore del docufilm, «gli uomini e le donne si nutrono di storie da sempre, anche prima della scrittura. Qui ce ne era una lunga, legata a dei corpi, fatta di carne e sangue. È una storia raccontata dentro la città, che è una delle poche ad avere un mito di fondazione femminile, la sirena Partenope (interpretata da Santana, ndr.)».
La cornice di Napoli e gli antichi mestieri
«Essendo una città cava, sviluppata sotto un vulcano e con un mare in tempesta a circondarla, tutto è costruito sul vuoto. Ecco la vera differenza e identità» – spiega Pinto – «A Napoli si deve vivere ogni giorno come fosse l’ultimo. Da qui proviene la vitalità alla radice della città. Da quando è nata ha vissuto tra splendori e catastrofi.
Napoli non conosce equilibri.
I napoletani hanno la consapevolezza del buio, prima che arrivi la luce».
«Napoli è un universo, non una città, e ci teniamo a raccontarla in tutta la sua potenza» – aggiunge Gallo – «Attraverso l’arte è riuscita a esprimersi. E non è un caso che Paolo Sorrentino ci rappresenterà e rappresenterà anche la nostra città agli Oscar».
Ma cosa significa essere napoletano, tenta di spiegarlo Marinella: «Sconfiggere certi presupposti, presentare la genialità, è complicato. E se lo è anche portare avanti un’azienda, farlo a Napoli è davvero ai confini della realtà.
C’è la voglia di trasmettere una Napoli diversa, con delle regole con devono essere costrizioni.
Napoli, più di altre realtà, simboleggia il lavoro delle mani. L’artigianato rappresenta il nostro DNA, ma i giovani oggi non vogliono fare gli antichi mestieri ed è un peccato. Ecco perché potrebbe nascere un progetto di recupero dell’artigianato proprio da Napoli, un’università degli antichi mestieri».
Da qualche anno infatti Marinella ha stabilito contatti con l’università di architettura, individuando un centro storico da cui eventualmente partire.
Per quanto riguarda la distribuzione, il docufilm ha ricevuto un piccolo contributo dalla regione Campania, poi gli sponsor privati hanno quadruplicato l’investimento iniziale. Una vetrina che guarda il mare dovrebbe diventare un punto di partenza per «raccontare questo paese attraverso simili realtà, che esprimono valori umani in un mondo globalizzato».