Presentato al pubblico della 72a Berlinale il documentario diretto da Niccolò Bassetti Nel mio nome. Bassetti, che ha scritto la sceneggiatura, ne è anche produttore per Nuovi Paesaggi Urbani e Art of Panic, insieme a Lucia Nicolai e Marcello Paolillo. Distribuito da Cinephil. Nel ruolo di se stessi: Leonardo Arpino, Raffaele Baldo, Andrea Ragno e Nicolò Sproccati.
Nel mio nome – Il trailer
Nel mio nome – La presentazione al pubblico
Nel presentare il suo film Nel mio nome, Niccolò Bassetti ne spiega la genesi. Decise di iniziare questo progetto dopo che una sera il figlio gli aprì il cuore rivelando la sua vera identità sessuale, cioè come si percepiva lui rispetto al genere. E lo pregò di continuare ad avere fiducia in lui.
Fortemente motivato da questa vicenda personale, Bassetti contatta allora alcune realtà associative che a Bologna si occupano di questioni legate all’identità di genere. Ne nasce l’incontro con i protagonisti di Nel mio nome: Leonardo, Raffaele, Andrea, Nicolò. I quattro giovani, che provengono da differenti parti d’Italia, a Bologna diventano buoni amici. E condividono pure ciascuno il proprio personale processo di transizione di genere, da femmina a maschio.
Ognuno di loro ha una passione: Nic esplora luoghi urbani in transizione, dove si sente al sicuro; Leo lavora a un podcast sulla relazione e il rapporto di ognuno tra identità adolescente e identità matura; Andrea scrive racconti con la sua Olivetti rossa; Raff costruisce la sua bicicletta rosa.
A costituire un obiettivo comune (cosa che, casuale o no, serve anche ad aumentare la spinta drammatica del racconto) c’è un loro piccolo sogno: fare una vacanza insieme, anche se solo per qualche giorno. Un’idea che rinvigorisce la loro complicità e che alla fine si realizza.
Nel mio nome – In principio fu il Podcast
Il punto di partenza del racconto è proprio il podcast di Leo che, portandoci la voce diretta dei protagonisti, diventa la principale ossatura drammatica del racconto. È principalmente attraverso le loro testimonianze che intravediamo le loro vite di “prima”, cioè tutta quella parte della loro vita vissuta sotto un forzato adattamento del loro sentirsi, a una realtà biologica e anagrafica non percepita come vera.
I protagonisti appaiano da subito come degli esseri speciali. No, non sono come tutti gli altri. Si percepisce in loro una crescita intellettuale ed emotiva non comune, forse stimolata dalle numerose battaglie e dalle difficoltà, passate e presenti, dalle frustrazioni e dalle offese, dalle umiliazioni e dai paradossi. Come quelli affrontati per districare vicende anagrafico-burocratiche in un contesto legislativo che non contempla la loro esistenza.
Il film si chiude proprio con la didascalia in sovrimpressione della sentenza di un tribunale italiano: stabilisce che nella legislazione italiana non vi è alcun riferimento a un terzo genere. La ragione può continuare a fare sonni tranquilli.
Ma per fortuna, per voce stessa dei protagonisti e del regista presenti in sala, le cose inevitabilmente stanno cambiando. Standing ovation del pubblico.