Disincanto, la serie d’animazione partorita dalla mente di Matt Groening (lo conoscete, vero? ha creato una cosina chiamata I Simpson…) torna su Netflixper la quarta stagione.
Irriverente, psichedelica. Ma soprattutto scorretta.
Nel corso delle precedenti tre stagioni, Disincanto ci ha abituati a una comicità sfrontata e quasi folle. Un leit motiv ricorrente nei prodotti d’animazione di oggi (si pensi a serie come Rick and Morty, Adventure Time, The Midnight Gospel e tante altre) in cui satira, politicamente (s)corretto e parodia la fanno da padroni.
La Trama
Disincanto racconta le avventure della principessa Bean, anti-eroina per eccellenza, in un universo medievale in cui elfi, sirene, cavalieri e fiabe si intrecciano con una dimensione molto meno “fantastica”: assassini, malattie, decapitazioni… tutto questo è Dreamland, il regno in cui Bean vive le sue incredibili avventure.
I Protagonisti
Impossibile non adorare la principessa Bean, doppiata in originale da Abbi Jacobson e in italiano da Rossa Caputo. Anticonformista, ribelle e alcolizzata. Tutto ciò che non dovrebbe essere una principessa che si rispetti. Bean è una teenager confusa, coraggiosa e tenace.
Che debba affrontare i gemelli cannibali Hansel e Gretel o Satana in persona, Bean non perde mai la verve comica. Insieme a lei, Elfo, il piccolo elfo (ovviamente!) e Luciil Demone, creano un trio improbabile quanto esplosivo. Impossibile resistervi.
Dreamland…?
Uno dei motivi del grande successo di questa serie è che, in ogni stagione, è stata capace di stupire. Se nella prima parte le avventure dei nostri “eroi” erano concentrate nel mondo medievale di Dreamland, nelle successive stagioni siamo stati accompagnati a visitare un universo assai più vasto.
Non solo Inferno e Paradiso, ma anche città di orchi e covi di esseri sotterranei, fino ad arrivare all’anti-Dreamland: Steamland, la città della scienza e del progresso.
I punti critici
Nonostante la presenza di protagonisti accattivanti e coloriti comprimari, in certe puntate Disincantonon funzione come dovrebbe. Sarà che l’aspettativa nei confronti dei creatori è altissima (dopo I Simpson e Futurama c’è da aspettarselo…) ma alcuni episodi, nonostante le brillanti promesse, appaiono stanchi e poco incisivi.
Questo soprattutto nella seconda parte, forse la più tiepida delle quattro, in cui dopo un inizio prorompente si sente la mancanza di battute veramente esilaranti e del ritmo incalzante della prima stagione.
Nonostante qualche battuta d’arresto, tuttavia, Disincanto si riprende nella terza parte e si riconferma nella quarta come una serie godibile e piena di sorprese.
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