Su Netflix dal 14 gennaio 2022, Archive 81 è la nuova serie antologica horror creata da Rebecca Sonnenshine (già autrice di The Vampire Diaries), e Paul Harris Boardman (The Exorcism of Emily Rose). A produrre la serie, l’eccentrico James Wan (regista di Fast and Furious 7 e Aquaman).
Archive 81 la serie: la trama del pilot
Basata sull’omonimo podcast, nel primo episodio della serie, diretto da Rebecca Thomas (regista del meraviglioso Electrick Children), conosciamo Dan Turner (Mamoudou Athie), un appassionato di cinema. L’uomo lavora infatti come restauratore di pellicole, e proprio recentemente il suo ultimo incarico gli ha permesso di riportare in vita i filmati di uno show televisivo che tutti credevano perduto per sempre.
La scoperta è importantissima e fa scalpore all’interno di una nicchia di appassionati. Tra di loro figura il suo migliore amico Mark (Matt McGorry), che conduce un podcast in cui trovano spazio inspiegabili storie sul paranormale. In seguito al ritrovamento, Dan viene assunto da Virgil Davenport (Martin Donovan), che lavora per la misteriosa LMG, per restaurare i nastri di alcune cassette danneggiate dall’incendio che ha distrutto gli appartamenti Visser nel lontano marzo 1994. Nell’incendio è stata coinvolta anche una giovane ragazza dallo sguardo curioso: Melody Pendras (la brava Dina Shihabi).
Archive 81 la serie: un passato mai inerte (tra cinema e realtà)
Fin dalle prime inquadrature, un timido, riservato, ma amichevole Dan Turner, interpretato da un bravo Mamoudou Athie (già visto nel film Cake, presto in Jurassic World: Dominion), ci trascina involontariamente nel suo mondo: ha pochi, ma buoni, amici, su cui contare, vive solo in un piccolo appartamento di New York City e ha un lavoro che ama molto (fa il conservatore, restauratore), che rappresenta la sua finestra sul mondo, la sua lente d’ingrandimento. Oggi poco “visto”… ma è rimasto segnato dalla scomparsa improvvisa della sua famiglia. Nonostante tutto, cerca di non pensarci, vivendo il suo presente nella semplicità.
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Per molta gente, il mondo va avanti. Ma c’è chi non dimentica, come nel caso di Dan. Forse è stato proprio il lutto della famiglia che lo ha spinto a intraprendere a lavorare nel cinema… scegliendo però una professione misteriosa e sconosciuta, poetica allo stesso tempo, come quella del restauratore, nella speranza di aiutare altre persone.
Gli altri personaggi di Archive 81 la serie
Lungo il suo cammino, incontriamo Virgil Davenport (Martin Donovan, visto di recente in Tenet, di Christopher Nolan). E nella vita, ne incontriamo tanta di gente misteriosa e salvifica come Virgil: nonostante la sua breve presenza, diventa subito un padre spirituale, che lo invita a lavorare per loro. Un’ offerta che si rivela subito intrigante.
Senza “volerlo” Virgil, infatti, va a toccare le corde interiori di Dan. Da una parte, lo incoraggia ad essere più di quello che è, e ad avere una voce creativa. D’all’altra, lo esorta ad affrontare il suo passato, nonostante sia un pugno allo stomaco.
Infine, c’è lei, la ragazza della porta accanto: Melody Pendras (Dina Shihabi, già vista in Davedevil), a un passo dalla conclusione del dottorato. Ricorda la Mary Jane Watson dei fumetti di Spider-Man. Metaforicamente, Melody assomiglia a Cappuccetto Rosso: bella, curiosa della vita, molto socievole, aperta e disponibile.
Ogni volta che appare sullo schermo, il suo sorriso ti assicura, ti rasserena. A modo suo, è anche un’intervistatrice; e questo è un altro grande mezzo di comunicazione, ma anche di testimonianza al cinema che, a partire dagli anni 1960 a oggi, ha compiuto un passo notevole, grazie a quei geni della Nouvelle Vague (tra cui ricordiamo François Truffaut, di cui si festeggiano i 90 anni dalla nascita proprio in questi giorni).
Nonostante la sua insicurezza – si augura spesso “fatemi gli auguri”. Ci invita riflettere sui nostri percorsi e a rimanere noi stessi.
Un omaggio al cinema e al genere horror (tra ignoto e realtà)
Ancora una volta, Netflix cambia il modo di vedere la realtà cinematografica e televisiva…. E ci invita, attraverso l’horror, a scoprire un mondo che oggi appare sempre più lontano da noi. Non solo: la serie riesce a rispecchiare molto bene anche la realtà che stiamo vivendo, giocando sulla dimensione spazio temporale (soprattutto se siete fan dei fumetti Marvel).
Anche se è una serie horror, la sua particolarità sta nel fatto di non farsi scoprirsi subito: semplicemente, si trasforma. Semplice, ma ottima la regia di Rebecca Thomas. È vero: il ritmo potrebbe sembrare lento, ma la sua sceneggiatura, caratterizzata da pochi dialoghi e il suo continuo crescendo, permette agli spettatori di vivere la storia. Già dai primi minuti, con solo poche inquadrature, riusciamo a capire sia la vita privata che professionale di Dan, permettendoci di stare, di concentrarti meglio, di partire, di scoprire e capire insieme a lui quella che potrebbe essere l’avventura della vita. Quanto è bello entrare in connessione con la gente!
Fotografia, scenografia e musica
Molto belle anche la fotografia seducente di Julie Kirkwood (già dietro Limetown e Destroyer) e la sua scenografia geometrica, che omaggiano capolavori indimenticabili come The Shining, di Stanley Kubrick o Fight Club, di David Fincher, ma anche alla serie TV Ai confini della realtà (The Twilight Zone).
Una scenografia su cui si riflettono ombre, sensazioni, indizi, come suoni agghiaccianti o mostri misteriosi che vediamo insieme a Dan nei nastri su cui lavora. Ogni inquadratura viene raffigurata come un dipinto: c’è sempre un assaggio sia di luce che di oscurità, un passaggio metaforico tra le forze del bene e quelle del male.
Anche la colonna sonora composta da Geoff Barrow e Ben Salisbury (entrambi noti per le musiche di Ex Machine) è una celebrazione al futuro, un richiamo alle atmosfere macabre e intriganti del male, e a tratti fa sentire il brivido freddo che ci scorre lungo la schiena.
Uso della macchina da presa
La MDP riesce a stare sia lontana, che vicina ai suoi protagonisti, ci permette di immedesimarci nei protagonisti. Soprattutto, non sfugge il punto di vista dall’alto verso il basso (o il God’s Point of View, tecnica usata molto spesso dal grande regista Martin Scorsese).
Oggi siamo circondati da un mondo dove le telecamere di sorveglianza controllano ogni nostra mossa, mascherandosi, come una mosca, così come le finestre dei palazzi di New York, l’uso degli specchi e la stessa foresta, che richiama la selva oscura.
Una selva che richiama in modo molto chiaro la casa dei coniugi Warren della saga di The Conjuring, dove si verificano strane apparizioni e rumori inquietati, fino a vere e proprie manifestazioni paranormali. Ma, cosa ancora più importante, assistiamo a diverse linee temporali, che si intrecciano continuamente nel buio, nell’ignoto. Rispetto a Dan, la MDP è molto più estraniante verso Melody, di cui, ovviamente, sappiamo poco o nulla. Ma sentiamo di poterci fidare di lei ugualmente, perché cerca un rapporto con gli spettatori, lasciandosi addomesticare, proprio come i gatti.
Indietro nel tempo
Durante l’episodio, si ha l’impressione di essere rinchiusi in una scatola di cartone, di cui non si conoscono le dimensioni. La scatola, metaforicamente, rappresenta la magia cinematografica che, fin dalla sua nascita, ci ha regalato perle di saggezza e maestosità… e chissà quante ne arriveranno in futuro. Ci porta a riflettere su alcune figure ingiustamente snobbate, cui poche volte diamo importanza: l’arte dell’intervista e del restauro. E Dan, così come Melody, ci invitano a informarci, a osservare la realtà con occhi diversi e tenere a portata di mano un taccuino o anche una videocamera.
Per ultimo, ma non meno importante, porta davvero lo spettatore indietro nel tempo. Infatti, il pilota di serie ci ha fatto ricordare i bei tempi delle videocassette vintage e alle videocamere analogiche (le fantastiche VHS con cui una volta vedevamo film in videocassetta o ascoltavamo musica): una realtà così vicina, eppure così lontana. A quanti filmati d’archivio sono nascosti per il mondo e sono ancora da scoprire (basti pensare al recente The Beatles: Get Back).
Prigionieri del mondo
Ma questa scatola ci fa riflettere su un altro aspetto ancora. Come ci dice Jess (interpretata da Ariana Neal, vista nel pluripremiato Fruitvale Station di Ryan Coogler), la ragazzina con cui Melody fa amicizia, siamo tutti prigionieri di questo mondo.
Oggi le persone che hanno il potere pensano di fare ciò che vogliono, e non gliene importa nulla della gente comune. É così che le forze del male tendono ad avere il sopravvento. Noi non glielo possiamo permettere. Forse siamo un po’ tutti come il piccolo topo con cui Dan fa amicizia, e per certi aspetti, diventa la sua coscienza.
Abbiamo bisogno più che mai di giovani eroi che rischino il tutto per tutto, chiamati ad affrontare le tenebre… d’altronde, i giovano sono il futuro. Ed è importante che nessuno perda la sua bussola.
In conclusione, Archive 81 ha una narrazione semplice, lineare e leggera, con alcuni momenti pieni di tensione (con alcuni colpi di scena incredibili), che ti portano a scoprire la magia del cinema (e della televisione) nei suoi anni d’oro attraverso vecchi strumenti, come la pellicola o le videocassette. Ma allo stesso tempo, permette di indagare la realtà, come veri investigatori e a ragionare su una società che sembra sempre più solitaria e indifferente…..
….Da non perdere!
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