‘The Dazzling Light of The Sunset’ di Salomé Jashi, l’urgenza di filmare la realtà

The Dazzling Light of The Sunset della regista Salomè Jashi trova il suo angolo di mondo nell’universo del piccolo schermo grazie a MUBI, che ha da poco lanciato una rassegna di film e documentari che fanno riferimento alla nuova generazione di registi georgiani.

Le nuove voci del cinema georgiano

The Dazzling Light of The Sunset l’urgenza di filmare la realtà

Un documentario che non ha paura di raccontare e raccontarsi attraverso gli occhi dell’unica giornalista della televisione locale di una piccola cittadina georgiana. I suoi reportage descrivono l’urgenza e il bisogno di filmare di un’intera comunità, offrendoci un resoconto onesto e senza filtri degli eventi che caratterizzano il suo ambiente.

Un ritratto etnografico del quotidiano di una comunità in continuo mutamento, punteggiato dal ritmo dei canti popolari degli stessi abitanti della cittadina, che a tratti fanno sperare e sognare, a tratti commuovere e disilludere.

Perché, come recita una bambina verso la fine del film, “Siamo nati cantando e cantando moriremo”; e aggiunge: “A volte non desideriamo cantare eppure non rimaniamo in silenzio”. E in fondo questo film potrebbe essere raccontato semplicemente attraverso queste parole, che ci restituiscono con forza e dignità il profondo attaccamento alla vita che ormai diamo tutti per scontato. 

La moltiplicazione degli angoli di ripresa

Come scrive Emmanuel Chicon di Vision du Réel, a proposito del film, “la moltiplicazione degli angoli di ripresa induce una relativa competizione tra le immagini” e forse è proprio questa prospettiva a suggerire e rendere quasi palpabile l’urgenza collettiva di filmare i micro-eventi che abitano il contemporaneo di questa comunità.

La cinepresa a tratti si perde nel più complesso e articolato groviglio di telecamere e cellulari con cui ciascun membro della comunità si fa regista e portavoce di un messaggio comune. Non importa come e quando, l’emergenza cade sul “cosa” filmare e “cosa” raccontare.

I timidi sussulti di ciascuno si fondono insieme in un grido collettivo, per certi versi di disperazione, per altri di speranza. Un eco che rimbomba costantemente durante l’intero film, ricordandoci che in fondo è nella natura intrinseca dell’uomo non smettere mai di curare anche ciò da cui non si può guarire.

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