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Guillaume Brac: il cineasta contemporaneo francese prediletto dai ‘Cahiers du cinéma’

Su MUBI la filmografia completa di un autore non a caso definito "il nuovo Rohmer"

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Da alcuni mesi la piattaforma per cinefili MUBI ha deciso di offrire ai suoi abbonati l’intera filmografia di Guillaume Brac. Regista francese, classe 1977, nato a Parigi, laureatosi nel 2005 alla prestigiosa scuola di cinema e televisione La Fémis, egli è un autore sensibile a tematiche come i turbamenti d’amore, il disagio giovanile, l’approccio e la comunicazione dell’uomo nella società.

Circostanza, quest’ultima, che rende spesso i giovani come la categoria che più rigetta preconcetti culturali, razziali, politici e di altra natura, votandosi a un tipo di approccio che escluda ogni compromesso, facendo in modo che sia l’istinto che li anima a farli muovere; nel mondo, negli approcci amorosi, nella vita piena di ostacoli di tutti i giorni.

Il paragone con il cinema intimo e intimistico tutto dialoghi e un mutare di sentimenti proprio della folla di personaggi che anima la splendida filmografia di Eric Rohmer, per quanto piuttosto facile e approssimativo, non è in realtà fuori luogo se associato alla filmografia fino a ora disponibile di questo nostro interessante autore.

Ho iniziato a conoscere questo autore con il suo ultimo film ad oggi ultimato e distribuito, ovvero il sensibile e tenerissimo A’l’àbordage, che proprio i prestigiosi Cahiers du cinema pongono al settimo posto nella classifica tra i 10 migliori film del 2021.

Un azzardo? Un giudizio troppo di parte? Nemmeno troppo, e comunque è stato proprio questo insolito e lodevole posizionamento lo spunto che ha consentito, grazie a MUBI, di far mia in pochi giorni tutta la filmografia di Brac.

Qui si seguito vorrei ripercorrere, almeno in modo sintetico e con un approccio cronologico, la filmografia dell’autore, che spero di poter ritrovare presto con nuovi capitoli del suo intenso percorso dedicato in particolare ai turbamenti di una gioventù di venti e trentenni che popolano le sue commedie, e, perché no, i suoi “racconti morali”, ma tutt’altro che moralistici, non meno che nell’opera eccelsa del maestro Rohmer.

Filmografia completa di Guillaume Brac: partiamo da Un monde sans femmes

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Ecco il primo titolo della filmografia di Guillaume Brac.

Due turiste, che scopriamo essere madre e figlia, affittano una casa fronte mare in una cittadina sulla Manica. Sylvain, il trentenne che si occupa di far loro il check in, si invaghisce di entrambe, ma si trova indeciso se corteggiare una madre molto avvenente forse un po’ matura per lui, o la non meno piacente figlia di costei, brillante e sicura di sé, ma forse troppo giovane per lui.

Il film d’esordio di Guillaume Brac, di fatto un mediometraggio, ci conduce nei luoghi tanto cari al cinema di Rohmer, del quale riprende anche l’ostentato interesse per il cruccio amoroso e per la crisi che ne consegue, ogni qual volta si viene a che fare con personalità sensibili e complesse, spesso pure ambigue, che non riescono a omologarsi agli atteggiamenti e alle abitudini di massa, preferendo una gestione più intima delle proprie pulsioni e dei propri sentimenti.

Ne scaturisce un’opera intima forte e molto ben scandagliata sui tre personaggi principali, dei quali emergono in modo spiccato e assai ben delineato nevrosi, idiosincrasie e atteggiamenti di difesa, ovvero reazioni che li rendono solo in parte vulnerabili, a volte persino ridicoli, ma che fanno parte di quel bagaglio naturale che consente a ogni individuo di sopravvivere a situazioni e sensazioni avverse rispetto al proprio modo di percepire le sensazioni e le difficoltà della vita.

Tonnerre

Tonnerre è il nome di un paesino grazioso come tanti piccoli centri (forse tutti in realtà) della grande “banlieue” francese, che poi è il resto del territorio d’oltralpe tolta l’Isola di Francia, cioè Paris. Un borgo medievale perfetto e minuziosamente arroccato come un presepe artigianale, che si trova ad accogliere, nuovamente tra la sua gente, un rocker sulla soglia dei quaranta, un po’ in crisi esistenziale, che approfitta di un intervallo nell’incisione di un disco per far ritorno nella casa del padre vedovo e un po’ bizzarro. A ripresentarlo in paese, ci penserà una giovanissima aspirante giornalista che fa scattare in poco tempo nell’artista la fiamma dell’attrazione, a sua volta in grado di rimettere sale e tornare a dar sapore a una vita fino a quel momento senza più uno scopo prefissato per il confuso musicista.

Il film si sviluppa nei toni drammatici di una tragedia ragionata, che sfiora conseguenze irreparabili, ma vira poi verso una soluzione mitigatrice, quella stessa che provvidenzialmente la vita spesso riserva anche alle situazioni apparentemente più complicate e intricate. Un cambiamento di rotta condizionato dalle bizzarrie della mente umana, dall’insicurezza e dall’istinto di protezione e di sopravvivenza.

Un film riuscito, questa, opera seconda che si aggiunge alla filmografia di Guillaume Brac che si avvale dell’interpretazione fondamentale dei due protagonisti: Vincent Macaigne intelligentemente sottotono nel ruolo della star nascente ma fragile, e il fiore appena sbocciato Solène Rigot in quello della lolita triste e rassegnata alla ordinaria normalità di una vita che non le concede gli stimoli o le qualità particolari che vadano al di là di una freschezza d’aspetto notevole, ma che non potrà certo durare in eterno nella crudele effimera fragilità dell’esistenza umana.

Un altro titolo della filmografia di Guillaume Brac: Le repos des braves

Dopo aver valicato le Alpi, affrontando situazioni climaticamente e fisicamente ardue e degne di una vera e propria epopea, un gruppo di anziani ciclisti si appresta a raggiungere il mare, e le località climaticamente ben più accoglienti della costa sud della Francia. Anche quest’anno la sfida, per chi è riuscito ad arrivare con le sue forze, risulta vinta. Intenti a rifocillarsi nel punto di ritrovo di una amena località di mare, i ciclisti si scambiano confidenze, che prima o poi finiscono per toccare le incognite legate a una età che ormai avanza, e, di conseguenza per molti, la problematica di una solitudine che uno sport che richiede devozione e sacrificio come il ciclismo, li aiuta spesso a rifuggire.

Coinvolto nel suo primo documentario, il regista Guillaume Brac, coadiuvato nella direzione dal collega Nicolas Anthomé, riesce a rendere stoico ed edificante il faticoso viaggio dai toni sacrificali che eleva l’anziano sportivo ad un coraggioso emblema di risolutezza e tenacia, e nello stesso tempo ne scava nel profondo le delicate sfaccettature personali, tutte diverse e tutte simili, che hanno indotto questi anziani, spesso soli ma dotati di tenacia e buone condizioni fisiche, a votarsi ad un interesse sportivo che implica sacrificio e impegno personale, e non solamente un generico affiatamento tipico di certo tipo di tifo che rimane fine a se stesso e di mero atteggiamento esteriore.

Poi ci sono le strade, tortuose e ripide di montagna, battute da venti gelidi e precipitazioni che invogliano a tirarsi indietro; c’è la passione che lega l’uomo allo strumento, ad una bici che va rispettata nella meccanica semplice ma anche complessa dei suoi componenti che necessitano di costante attenzione e controllo. Nei volti traspira evidente, quando giunti al sospirato traguardo, la soddisfazione indelebile che trasforma le smorfie di fatica in sorrisi distesi, attenuando, almeno in parte, i solchi che una vecchiaia ingrata ha inciso sul volto di questi tenaci e indomiti uomini non più giovani, con l’efficacia di uno scalpello irriverente.

July Tales

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Parigi, la bella stagione di un luglio che porta con sé spesso una canicola in cui urgono scappatoie anche improvvisate, cinque ragazze e cinque ragazzi che si incrociano in due cortometraggi che tengono separate, anche se piuttosto affini, due storie di rivalità amorose e colpi di fulmine in grado di condizionare le vite dei ragazzi coinvolti in ognuna di esse.

Ne L’ami du dimanche, due colleghe di lavoro, Milena e Lucie, decidono di recarsi a fare il bagno in un parco poco distante dalla capitale. In loco incontreranno dapprima un ragazzo un po’ aggallato che subito finisce per fare la corte alla più appariscente delle due amiche, che poi dovrà fare i conti con la fidanzata del tipo, mentre l’altra finirà per incontrare un bizzarro, affascinante e solitario tiratore di fioretto che la approccerà insegnandole l’arte della scherma.

In Hanne et la fete nationale, una studentessa norvegese stabile a Parigi assieme ad altri studenti stranieri, si trova a dover gestire le avances di due ragazzi focosi, e poi a litigare con la sua migliore amica per averle insediato il ragazzo a cui costei mirava, incrociato a seguito di un piccolo incidente tra gli altri due uomini contendenti.

La vicenda sfocia nella notizia dell’attentato terroristico a Nizza, che ha sconvolto la Francia e il mondo nell’estate del 2016.

Il cinema e lo stile formalmente quasi documentaristico (al punto da rendere quanto mai narrativi i documentari che fanno parte della produzione dell’autore) e magicamente coinvolgente di Guillaume Brac rendono questo giovane autore qualcosa di più simile allo stile di Rohmer che si possa arrivare ad azzardare oggi senza plagiare il celebre fondamentale autore intimista e poetico della Nouvelle Vague francese.

Il suo stare scientemente addosso ai personaggi, quasi sempre giovani ed incapaci di dominare completamente l’istinto a volte avventato che li guida, ricorda da vicino il maestro Rohmer.

La freschezza di interpreti quasi sempre alle prime esperienze, aiuta a conferire naturalezza ai personaggi che la sceneggiatura pare voglia solamente tratteggiare nei punti cardine, lasciando molto alla singole responsabilità ed attitudini il compito di definirne i contorni.

Il risultato è straordinario nella sua schietta semplicità e capacità di rendere quasi attanagliante vicende che risultano ampiamente condizionate da una quotidianità che potrebbe riguardare, o aver riguardano, ciascuno di noi nelle epoche che hanno caratterizzato le rispettive giovinezze.

Treasure island: continua la filmografia di Guillaume Brac

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Il parco divertimenti e relax di Cergy-Pontoise è, per la seconda volta dopo il film narrativo a episodi July Tales, al centro dell’interesse del regista Guillaume Brac che l’anno successivo a questo film, e quindi nel 2018, dedica a questo noto e alternativo “mare” parigino, un documentario tutto per lui.

Bambini, giovani e anziani si incrociano e raccontano, attraverso le piccole vicende con cui costoro si presentano ai nostri occhi, lungo una calda giornata di sole ove il parco offre la possibilità di trascorrere momenti di distensione tra laghetti artificiali adattati al nuoto e ai giochi d’acqua, tra un corso del fiume ove è possibile solo bagnarsi le estremità degli arti, per evitare che una zona vasta non perennemente controllata, si trasformi in un luogo pericoloso.

E dunque, tra gruppi di bambini non accompagnati che tentano prima di entrare nel parco legalmente, poi con sotterfugi clandestini dopo esser stati allontanati per mancanza di genitori o tutori maggiorenni, tra anziani che si raccontano attraverso le rispettive solitudini talvolta scalfite da ingressi più o meno fortuiti di personaggi appartenenti ad altre epoche che paiono differenti dimensioni, se non pianeti, tra giovani alle prese con i rispettivi crucci amorosi, e tra organizzatori e responsabili della sicurezza che si impegnano a tener lontana ogni avvisaglia anche più remota di problema all’orizzonte, si consuma una giornata di vacanza alternativa che più si avvicina ad una toccata e fuga al mare, in tutti qui luoghi in cui il mare non potrebbe che costituire un esaltante miraggio.

Lo stile immediato e naturale di Brac rende il documentario quasi un lavoro narrativo, così come le opere narrative si avvicinano allo stile più spiccatamente documentaristico che i personaggi, lasciati alla naturalezza degli interpreti, riescono quasi sempre ad esprimere al meglio, secondo la collaudata ed efficace scuola rohmeriana che si intravede e che rimane un valore aggiunto dello stile del regista quarantacinquenne parigino, e mai un semplice vezzo imitativo fine a se stesso.

A conclusione della filmografia di Guillaume Brac: A L’abordage

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Felix incontra la bella e disinvolta Alma in una sera estiva in un parco parigino ove si balla e si vive in convivialità festosa. Si appartano in un prato, ma poi lei si accorge che deve scappare per prendere un treno che la porti nel paesello di famiglia ove i genitori stanno trascorrendo l’estate. Felix nello stesso giorno matura il desiderio di raggiungere la ragazza, facendole una sorpresa. Organizza un viaggio in tenda accompagnato da un pingue amico buontempone, e, attraverso l’applicazione Bla Bla Car, i due trovano un passaggio in macchina, condotti da un ragazzo un po’ imbranato che finirà per unirsi, suo malgrado, ai due amici.

In loco, contrariamente alle aspettative, l’arrivo di Felix non susciterà grandi entusiasmi, e presto il rapporto tra i due si incrinerà; al contrario e al di là di ogni aspettativa, invece, si metteranno le cose per l’amico sovrappeso, che conoscerà una ragazza madre con al seguito una adorabile neonata che risulterà perfettamente in simbiosi con il grande uomo di colore.

Giunto al suo quarto lungometraggio della propria filmografia, il regista quarantaquattrenne di Tonnerre, Guillaume Brac, filma nuovamente una piccola, efficace, a tratti esilarante, a tratti tenera storia di amori ed amicizie, e di vita più in generale. Presentato alla Berlinale 70 nella sezione Panorama, A l’abordage è una commedia degli equivoci che, grazie alla sana ironia di fondo, unita a un legame imprescindibile con la vita reale del quotidiano, riesce a rendere alla perfezione le miserie e le virtù di persone che potrebbero essere chiunque noi incrociamo per la strada, sviscerando più nei dettagli le motivazioni e i progetti che inducono i personaggi a prendere certe decisioni, e a pagarne poi i rispettivi prezzi, godendone talvolta anche i più o meno effimeri benefici.

Non ci sono personaggi tutti buoni o tutti cattivi, ma c’è lo scorrere schietto della vita che ci spinge a scegliere ognuno un proprio percorso, in grado di farci interagire con altre persone, creando talvolta amicizie sincere così come contrasti insanabili, entro un contesto in cui si respira l’aria schietta e non edulcorata del reale scorrere del tempo.

Ottimi gli interpreti, per nulla noti e che potrebbero benissimo risultare come non professionisti, ma ognuno perfetto a rendere se stesso in quanto comune essere umano: tra questi anche una deliziosa neonata, che trova nel suo corpulento gigante buono la giusta ispirazione per risultare un’attrice perfetta e rendere la placidità e la tenerezza di una infanzia neonatale senza apparenti edulcorazioni.

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  • Nazionalita: Francese
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