‘Brazen’ di Monika Mitchell su Netflix, la recensione
Una affermata scrittrice di gialli dal talento letterario indiscusso sui moventi dei crimini, si mette a disposizione della polizia per risolvere un caso che la tocca personalmente
Brazen di Monika Mitchell, con Alyssa Milano, Sam Page e Colleen Wheeler, è disponibile su Netflix.
Prodotto da Eponymous Production e Mandalay Pictures, il film è basato sul romanzo di Nora Roberts del 1988 intitolato Brazen Virtue.
Un thriller che resta troppo in superficie e non si addentra nei temi lasciati solo come spunti di riflessione, senza essere adeguatamente approfonditi.
Brazen: la trama
Il film racconta la storia di Grace Miller, un’affermata scrittrice di gialli che si trova a dover affrontare l’improvvisa morte della sorella, trovata uccisa in casa. Il talento della giallista, esperta nel trattamento dei moventi per le sue storie, viene messo alla prova in un caso reale e che la riguarda personalmente. Grace offre questa sua disponibilità al detective al quale è stato affidato il caso, Ed, vicino di casa della vittima.
Brazen inizia con un interessante incontro tra la protagonista e sua sorella, la vittima. Quest’ultima ha diversi problemi con il suo ex marito che non vuole concederle l’affidamento del figlio e ha da poco smesso l’assunzione di alcuni farmaci, aspetto sul quale fa leva anche l’ex marito. Con Grace affronta la questione, dopo averla chiamata all’improvviso da lei, finendo per toccare argomenti come misoginia e patriarcato, trattati in particolare nei romanzi di Grace, ma il discorso può facilmente essere esteso a dimensioni più generali. Premesse interessanti, ma non esplicitamente riprese nel corso del film.
Brazen parla anche della vita segreta della vittima. Lei è performer per un sito web di spettacoli in webcam con clienti che la contattano per avere esibizioni private a pagamento. È il tema del segreto e della doppia vita, vissuta per necessità o interesse. Un mondo parallelo, che rimane anche questo inesplorato in Brazen.
La regia
I personaggi, per quanto ben interpretati, restano un po’ superficiali, senza troppe complessità o approfondimenti. Ci sono tutti gli elementi per una escalation dei fatti, ma resta tutto poco avvolgente. La relazione tra il detective incaricato del caso e la scrittrice protagonista aggiunge un elemento relazionale a Brazen, ma non costituisce mai un reale ostacolo all’azione. C’è solo un accenno all’opportunità per il detective incaricato di portare avanti una relazione con la sorella della vittima, ma la stessa circostanza non sembra rappresentare un problema per la polizia rispetto alla richiesta di Grace di mettersi a disposizione per trovare l’assassino della sorella.
Si arriva così a un finale molto repentino e prevedibile che non lascia allo spettatore molto su cui riflettere, una volta spento lo schermo della TV.
Brazen è un thriller presentato con uno stile sobrio, giusto per la distribuzione Netflix; quindi per una visione non propriamente cinematografica.
Interessante, invece, l’uso di grandangoli che deformano leggermente le immagini alle estremità, in alcuni passaggi del film, cercando di riprendere l’idea della webcam, della telecamera spia. Altro elemento, quello della spia, dello spiare, ricorrente nel corso del film.
Un film, Brazen, che non ha davvero l’incisività di un thriller e lascia tutti i suoi spunti sospesi per una visione leggera e legata a una detection volta alla scoperta dell’autore di un omicidio.