La conferenza stampa di “Ero in guerra e non lo sapevo”
Nella conferenza stampa che si è tenuta questa mattina per presentare Ero in guerra e non lo sapevo, interessante film distribuito da Eliseo Entertainment e 01 Distribution hanno partecipato Luca Barbareschi (Eliseo Entertainment), Paolo del Brocco (Rai Cinema), Francesco Montanari, il protagonista che interpreta Torregiani e sua moglie Elena, Laura Chiatti, oltre al trentasettenne regista e al figlio del gioielliere milanese, Alberto Dabrazzi Torregiani.
Ispirato al libro Ero in guerra e non lo sapevo, di Torregiani e Stefano Rabozzi, Paolo del Brocco sostiene che il film vada visto dal numero maggiore di persone per rievocare la storia, capirla. Ringrazia anche la grande generosità di Luca Barbareschi che lo ha prodotto.
Il protagonista Torregiani sposa un discorso ideologico che incontra un discorso pragmatico, reale. Sembra un uomo arrogante, ma non lo è assolutamente. E’ succube non solo di una banda armata che lo colpisce fisicamente, nell’intimo oltre che sul lavoro, ma anche diviene bersaglio di una stampa che lo mette in croce, come al solito non capendo davvero ciò che succede nell’animo di un uomo o della gente. Affronta i giornalisti quando titolano in prima pagina dopo la sparatoria: “Attendendo il bandito”. Chiede un rettifica, sbattuta in ultima pagina. E’ aggressivo perché è ferito. “Non sono un bandito. Sono aggredito io. Non sono uno sceriffo. Sono una brava persona”, dice. Quasi un urlo al vento, non sentendosi compreso, forse nemmeno dalla moglie.
Il protagonista si auto presenta all’inizio del film con un bellissimo incipit
“Ecco vede io sono una persona coi piedi per terra. Non mi lascio prendere da chissà quali fantasie. E lo so, il momento è complicato. Per tutti. Pero mi piace alzarmi la mattina e sforzarmi di sorridere. Perché le cose son difficili in famiglia, al lavoro. Sui giornali sembra sempre ci sia il finimondo. Però vede questa cosa di fidarmi del meccanismo, l’ho imparata a mie spese. Perchè vede, alla fine tutto funziona. Tutto si può aggiustare. Ma non è una questione di ottimismo. E’ una questione di pesi e contrappesi. E se il meccanismo si inceppasse io lo aggiusterei”. Con queste potenti parole si apre un film che illumina sul punto di vista di un protagonista eroe positivo. che nonostante un polmone distrutto, il cancro, gli anni di piombo rimane in piedi.
La parola al protagonista, il bravo e credibile Francesco Montanari e a Laura Chiatti
“Ci tengo a precisare – racconta il protagonista Francesco Montanari – che non è un docufilm, ma un film ispirato a una storia di cronaca italiana. Non ho fatto il vero Torregiani, ma mi sono attenuto a quello che c’era scritto sulla sceneggiatura. Insieme al regista abbiamo cercato di trovare la nostra versione del personaggio. Raccontiamo di un uomo molto pragmatico abituato a gestire le sue responsabilità che a un certo momento viene immerso in una dinamica di prepotenza e di arroganza più forte di lui e non accetta che la sua vita debba cambiare per colpa di qualcun altro. Non è arrogante il protagonista. E’ la sua indole caratteriale, quella di un uomo abituato a fare tutto da solo, che si tiene dentro tanto e che fa tutto da sè. Messo alle strette, appare un’estrema sicurezza che può sembrare a un certo punto arroganza perché è l’unico modo che ha, dato che la situazione è ingestibile e si deve sminuire il problema anche di fronte alla famiglia. E’ un uomo molto intelligente, ma un uomo che trovando ingiusto lo status quo, fa un discorso ideologico, etico che si scontra con la brutalità di quello che vive. Io sarei d’accordo con lui dal punto di vista etico”. E anche noi, vorremmo aggiungere. Alla fine tu sei, ciò che fai. E’ un uomo che si carica di grosse responsabilità e non vuole rinunciare a ciò che ha costruito in vent’anni di sacrifici. Torregiani ostenta sicurezza, diventa punto di riferimento del quartiere, nell’immaginario collettivo è un uomo che rappresenta la borghesia commerciale e i suoi principi”.
Laura Chiatti dice che Elena ha accompagnato quest’uomo, é diventata madre in maniera invasiva, adottando e poi prendendosi cura della famiglia. E’ una donna integra, emancipata, ma non riesce più a comprendere questo modo così spesso lascivo, grave, del marito di far vivere la vita con disagio all’interno della famiglia, perché la rende l’impotente. Vive nella paura di non poter poi sostenere il marito e questo porta alla rottura emotiva.
Assonanze con oggi
“Usano la politica per fare i fatti loro” dice il protagonista. Solo un alieno potrebbe non rendersi conto della potenza di questa frase e della sua vera attualità e contemporaneità in un’Italia che, assediata dai debiti, dalle chiusure, da gerenti inetti e ineducati, dai continui lockdown veri o mascherati, va a rotta di collo verso la guerra civile. Altro che terrorismo. Altro che anni di piombo. Il clima odierno è veramente equiparabile a quello instabile e difficile del film ed per questo, attraverso immedesimazione ed empatia che il film è imperdibile. Inoltre, il coraggio, la personalità di Torregiani, il protagonista, esprime i caratteri dei quell’Italia integra e morale che non esiste più. Fatta di uomini forti, volitivi, dediti alla famiglia, con valori alti e disposti ad agire anche se contro lo stato. Questo tipo di uomini sono coloro che hanno reso l’Italia del dopoguerra grande, la quarta potenza al mondo e che oggi sembrano e rimangono solo chimere lontane. Oggi, un periodo in cui l’Italia a stento arriva poco dopo il Burundi.
La parola a Luca Barbareschi, co-produttore con Paolo Del Brocco
L’italia è un paese fondato sul capro espiatorio – dice Barbareschi – Abbiamo avuto anche grandi statisti sul pulpito e poi li abbiamo fatti scendere. Noi italiani tendiamo a delegare qualcuno che deve risolvere per noi e poi li facciamo scendere. E’ successo con Andreotti, con Berlusconi, con Renzi, con Draghi. Si deve proporre una rielaborazione dei lutti e degli errori. Io non ho mai potuto sopportare quando una tale stampa sceglieva di linciare una vittima pensando che sia più importante la vita politica, di quella di una vittima. Il linciaggio mediatico è stato assurdo.
La parola al figlio della vittima Torregiani
Pierluigi non era la vittima sacrificale, era più o meno come è stato narrato; un uomo forte, di carattere austero, caparbio, capace di andare contro tutte le difficolta. Non un arrivista borghese, ma in grado di esprimere e raggiungere i propri sogni e obiettivi. Trovo che la sua interpretazione di mio padre sia di una sensibilità enorme, anche nel coglierne il carattere e i modi. Agli inizi Pierluigi aveva un negozietto. Quando ci adottò si trovò all’improvviso tre figli da mantenere dall’oggi al domani. Era un padre che soffriva e che principalmente doveva nascondere le proprie paure. Il fastidio di avere la scorta, la paura in cui la sua vita è stata scaraventata, si è trovato in un attimo dentro a un incubo e non poteva farlo trapelare per proteggere la nostra serenità.
Sinossi
Dopo oltre trent’anni di fuga, nel 2019 il terrorista dei P.A.C. Cesare Battisti viene arrestato in Bolivia e consegnato all’Italia per scontare la sua pena. Si chiude così una storia che ebbe inizio quando l’orefice Torregiani venne ammazzato da sicari ingaggiati appositamente. Il figlio, Alberto Torregiani rimase ferito nell’agguato e da quel giorno subisce il calvario di una sedia a rotelle a causa di un proiettile che lo colpì alla schiena. Ebbe inizio allora per lui una seconda vita, che lo ha portato spesso a chiedersi il perché di tanto dolore e tanta cattiveria.