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Mubi Film

‘Days Of Being Wild’ quando nasce una stella nel firmamento del cinema

Lo stile inconfondibile che ha reso speciale e amato il cinema di Wong Kar Wai trova la sua prima vera espressione in Days of Being Wild, del 1990

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Days Of Being Wild

Dopo più di trent’anni dalla prima uscita, il restauro in 4K dona nuovo smalto a Days Of Being Wild, splendido, secondo lavoro di Wong Kar Wai, perla nascosta e allo stesso tempo dirompente, ricordata come la scintilla definitiva che accese la carriera dell’istituzione per eccellenza della nuova generazione di cineasti hongkonghesi.

Un film di dolore e sentimento, dove l’incapacità di amare complica irreparabilmente le vite di personaggi imperfetti, sospesi in una realtà rarefatta da atmosfere magicamente selvagge. Lo stile è quello poi divenuto canonico nel cinema di Wong Kar Wai, perfino gli attori sono gli stessi e l’unica cosa che, forse, può distinguerlo dalle opere più blasonate, è quell’estro ancora troppo timido, decisamente acerbo per mostrarsi già del tutto.

Viscerale e maledetto

Ambientato nella Hong Kong del 1960, il film racconta di Yuddy (Leslie Cheung), un giovane casanova che vive la conquista amorosa come un gesto compulsivo da reiterare meccanicamente. Il ragazzo infatti seduce e abbandona ogni donna che incontra. Farà la conoscenza della cassiera Su Li-Zhen (un’insospettabile Maggie Cheung), giovane e timida e della passionale cantante Mimì (Carina Lau).

Yuddy entrerà presto in conflitto con entrambe e con se stesso; privo di una identità e ossessionato dalla ricerca della sua vera madre, Yuddy è il ritratto perfetto di quel fascino tossico, maledetto, che non potrà cambiare mai, anche quando deciderà di partire in cerca delle sue origini, porterà con sé solo guai

La legge della giungla

Il mondo in cui si muovono i protagonisti è rarefatto, irreale; i colori sono estremamente saturi e il buio pervade gli spazi stretti, claustrofobici. Il verde è il colore dominante praticamente in ogni scena. Questo, insieme a tutti gli altri elementi visivi e a una componente sonora estremamente curata, rende l’ambientazione del film più vicina a una giungla umida e selvatica piuttosto che a un paesaggio urbano.

Days Of Being Wild è la pioggia incessante, è il buio, umido e sconosciuto, e sono i fari dei tram che illuminano la notte come occhi di animali tra le frasche. Il film si regge sul disequilibrio costante tra i dialoghi forzati ma intimi dei personaggi, persi, intimoriti e il contesto ostile in cui ogni corpo è buono per trovare un po’ di calore. Il gioco del regista è chiaro e viene esplicitato sin dalla sequenza d’apertura, in cui i titoli di testa scorrono sulle immagini di una giungla esotica che ricorda immediatamente il celebre incipit di Apocalypse Now, altro capolavoro che fa delle atmosfere selvagge nella foresta, del sudore e dei rapporti umani corrotti, i propri tratti distintivi.

Days Of Being Wild

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Non saper amare

In Days Of Being Wild pare non esista stabilità. Tutto è sospeso in un tempo sfuggente e i personaggi, in particolare il protagonista Yuddy, sono i prodotti della crudeltà di questa vita che, col tempo, li ha resi tristi o spesso indifferenti ai sentimenti e ai rapporti con le altre persone. Lo stato peggiore in cui può trovarsi un animale sociale come l’essere umano, soprattutto in una giungla come quella ritratta in questo film.

La ricerca impulsiva della felicità da parte delle ragazze con cui entra in contatto Yuddy le rende nervose e sempre più sofferenti standogli vicino. Quella che si crea è una situazione senza via d’uscita; l’amore non corrisposto trasforma la giungla in un luogo inospitale, dove cacciatori e prede si rincorrono senza tregua in un gioco sadico gravato dall’incidere del tempo.

Un circolo vizioso in cui tutti, compresi i comprimari Tide (Andy Lau) e Zeb (Jacky Cheung), si trovano davanti a situazioni sentimentali disperate e senza un lieto fine, forse perché quello che stanno cercando è altrove. Lo capisce Yuddy che, non potendo controllare il tempo, cambierà spazio in cerca della madre, quella che sembra essere l’unica persona in grado di colmare un vuoto interiore che le sue sporadiche relazioni non sapranno mai soddisfare.

Days Of Being Wild

Tempismo imperfetto

Questo meraviglioso film, considerato ormai un classico, ha il merito di aver dato vita a quello che è lo stile inconfondibile di Wong Kar Wai, il quale aveva esordito sul grande schermo solo due anni prima con As Tears Go By, un raffinato noir ben più canonico rispetto alle successive opere dell’autore. Days Of Being Wild introduce uno dei punti fondamentali nella poetica di Wong Kar Wai, il tempo.

L’elemento del tempo torna spesso e in diverse forme per tutto il film legandosi inesorabilmente ai destini dei personaggi, che ne diventano sempre più schiavi a mano a mano che le loro vite scivolano via dal loro stesso controllo.

Il Regista di Hong Kong negli anni ha studiato attentamente lo scorrere inesorabile del tempo nel tentativo di controllarlo, dilatarlo e renderlo reale, tridimensionale, tangibile e proprio l’inizio di questo film presenta uno dei dialoghi più memorabili della sua filmografia in questo senso, uno scambio di battute che dimostra la sua maestria anche nella scrittura in un monologo quasi teatrale sull’amicizia e il tempo, che presenta il personaggio di Yuddy dal punto di vista di una delle tante ragazze che conquista, convincendo anche lo spettatore a legarsi a un protagonista che ben presto si rivelerà invece freddo e anaffettivo: “D’ora in poi siamo amici di un minuto. É un fatto e non puoi rifiutarlo, ormai fa parte del passato”

Taglio netto

Per la prima volta nella filmografia di Wong Kar Wai possiamo apprezzare davvero la sua capacità nel muovere la macchina da presa nello spazio. In un cinema che punta tanto sulle atmosfere, hanno un ruolo fondamentale la rappresentazione degli spazi e il modo in cui i protagonisti si relazionano ad essi. Yuddy vive il mondo che lo circonda come una prigione: pareti troppo strette per contenere il suo dolore. La camera, impietosa, lo segue senza mai scollarsi, pressandolo, mettendolo in difficoltà e costringendolo spesso a scappare o a cercare un modo per restare da solo, nascosto.

Days of Being Wild

Wong Kar Wai lavora quindi con astuzia ed economia riducendo al minimo, quando possibile, il numero d’inquadrature, preferendo elaborati piani sequenza e carrelli senza stacchi che collegano sguardi e ambienti. Un rilassato campo medio può rapidamente stringersi a un primo piano teso su un personaggio se la situazione lo richiede. Curiosamente la pellicola si evolve nel finale, tornando ad un approccio noir come nel precedente lavoro del regista di Hong Kong.

Necessità e virtù si mescolano con gusto e attenzione come nei migliori film indie, la ricetta per far impazzire un cinefilo.

Days Of Being Wild

  • Anno: 1990
  • Durata: 95'
  • Distribuzione: In-Gear Film
  • Genere: Romantico, Drammatico
  • Nazionalita: Hong Kong
  • Regia: Wong Kar Wai
  • Data di uscita: 15-December-1990

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