Mother/Android, il primo film diretto dal regista rumeno Mattson Tomlin, è disponibile su Netflix. Distribuito in Italia dalla piattaforma streaming, è una produzione di Andrew Golov per 6th & Indaho.
L’opera ha come suo filo conduttore l’amore materno e lo spettatore non può fare a meno di ricondurre il tutto ai fatti accaduti in un Afghanistan riconquistato dai talebani, dove madri disperate consegnano i propri figli ai soldati americani per garantire loro un futuro. Mother/Android tratta di questo e tanto altro in chiave distopica. Il film, dunque, ha un’ottima premessa, ma i personaggi non riescono ad evolversi, il ritmo è molto lento e soprattutto è quasi del tutto assente un vero conflitto.
La trama
Georgia (Cloe Grace Moretz), una giovane donna, scopre di essere incinta poco prima di una festa natalizia. È visibilmente sconvolta, ma il compagno e padre del bambino, Sam (Algee Smith) riesce a supportarla. Le decisioni più importanti vengono rimandate a giorni più tranquilli. Durante i festeggiamenti, però, un evento indefinito sconvolge il mondo futuristico in cui vivono i due. Gli androidi creati per servire l’uomo si rivoltano contro i loro padroni mettendo in pericolo la civiltà.
Una rinuncia dolorosa
Mother/Android è apprezzabile specie nel suo finale: Georgia e Sam riescono a salvarsi dall’assalto degli androidi e raggiungono, con il loro piccolo, un imbarcazione pronta a salpare per raggiungere terre più sicure. Ma per la giovane coppia non c’è posto e gli addetti della nave possono accettare solo il neonato.
È in questo momento che il film raggiunge il suo apice di pathos. Il tutto è sostenuto da un’efficace regia, una fotografia livida carica di tensione e soprattutto dalla buona interpretazione di Cloe Grace Moretz (Suspiria, Greta), la giovane protagonista femminile.
Il personaggio di Georgia riesce a commuovere lo spettatore, vivendo, nella finzione, ciò che tante madri sono state costrette a subire nella vita reale. Un dilemma straziante che é quello di separarsi dal proprio figlio per consentirgli di vivere al sicuro.
Attuale e Universale
In questo, Mother/Android risulta non solo molto attuale, ma anche universale. Come già è stato ricordato, lo spettatore dinnanzi a questa scena non può fare a meno di ricordare i fatti accaduti pochi mesi fa in Afghanistan. Nel contempo, però, si è consapevoli che si parla di una tragedia non conclusa.
La Storia dell’umanità è disseminata di avvenimenti in cui i genitori sono costretti ad allontanarsi dai figli per consentire loro di vivere al sicuro. E il cinema spesso ha raccontato questa dilaniante separazione in molte pellicole drammatiche ( si pensi a Salvate il soldato Ryan di Spielberg).
Il tragico finale di Mother/Android contiene però anche una nota di speranza e di gioia.
Un futuro di speranza
Il regista, in questo caso, realizza un flusso interiore di immagini. La giovane donna, infatti, idealizza per suo figlio una vita al sicuro, lontano dalla minaccia degli androidi. Il contrasto tra realtà e immaginazione è ben evidenziato dall’uso della fotografia, che ora è dominata da colori caldi e accoglienti.
In queste immagini, fantasticate dalla giovane madre, è ben individuabile una riflessione contro ogni forma di razzismo. Giorgia è una ragazza dai tratti tipicamente nord-americani.
Sam, il suo compagno è un giovane di colore; la salvezza sarà forse in un paese Asiatico, unica area sicura nel mondo distopico raccontato in Mother/Android.
Il messaggio sembra molto chiaro: la salvezza dell’umanità e il suo futuro sono garantiti dalla mescolanza di etnie e culture, in un mondo in cui non esistono le razze, ma l’uomo!
L’origine dei Robot
Sono queste le tematiche e le premesse del film, che non vengono però sfruttate al meglio da Mattson Tomlin. Mother/Android è basato su un’ottima idea, ma il regista, anche sceneggiatore del film, non riesce a trovare il giusto ritmo da dare alla pellicola. I personaggi non hanno un’adeguata evoluzione e il conflitto è del tutto assente o quasi.
Un vero peccato e un’occasione mancata.
Il film recupera inoltre l’incipit che ha dato origine al genere distopico, dominato dalla minaccia degli androidi (il termine robot è stato coniato da Karel Capek nella sua piece, I robot universali di Rossum) ma nella cornice del film diventa solo una sterile citazione, senza nessuna conseguenza narrativa.
I robot o androidi nel dramma dello scrittore sono inquietanti protagonisti che conquistano il mondo intero.
In Mother/Android invece ’intelligenza artificiale si impossessa sì della civiltà umana, ma la sua presenza viene solo semplicemente ‘evocata’ per più della metà del film. Per quasi un’ora gli androidi non compaiono affatto, eccetto che nei primi minuti dove tutto ha inizio, e quando fanno la loro comparsa, appaiono poco caratterizzati e vengono rappresentati come delle semplici marionette.
La maggiore pecca del film è infatti la sceneggiatura. La narrazione della vicenda non compie un percorso lineare o circolare. I protagonisti della storia vivono le loro esperienze quasi senza conseguenze e il film si perde in ripetizioni che non fanno altro che rallentare l’azione e impedire il dipanarsi di un vero conflitto.