Controverso e disturbante questo film di esordio di Itonje Soimer Guttormsen, studia da vicino la società degli artisti in Norvegia, ne mette in evidenza pregi e difetti e costruisce un’antieroina condannata all’infelicità, in conflitto tanto con la società quanto con se stessa.
Gritt è il primo lungometraggio di Itonje Somer Guttormsen disponibile su MUBI.
Gritt La trama
Gritt è una ragazza che si sta facendo strada nel campo dell’arte performativa. Questa strada è molto difficile e Gry Janette Dahl, residente a Oslo, non demorde, continuando a collezionare progetti non finanziati, abitazioni prestate da amici e parenti, lavoretti rimediati in teatri sperimentali, e molto altro che non vediamo, ma che dopo i primi trenta minuti iniziamo a immaginare. Il fallimento e la depressione sono sempre dietro l’angolo per persone fragili come Gritt.
Evoluzione di una ribellione inconcludente
Soimer segue la sua protagonista, soprattutto con camera a spalla e senza curare troppo la fotografia; cosa che rende particolarmente realistico il prodotto realizzato. Le inquadrature mosse, i primi piani e la quasi assenza di musiche, riportano a un cinema del pedinamento tipico del manifesto Dogma 95, ricordando molto Lars Von Trier e colleghi.
La protagonista, l’attrice Birgitte Larsen, è talmente presa dalla parte, da rendere il personaggio vero ed appassionante. Passiamo dal Norwegian American Culture Festival con i Tre colori di Ibsen al Living Theatre di Malina. Importante per comprendere il senso profondo del film in questione è citare una frase di Malina che viene ripresa:
“Alcune strutture della nostra mente creano i sistemi nella società. Il nostro compito in quanto artisti è annientare le strutture della mente per annientare i sistemi della società”.
Gritt un film suddiviso in capitoli
Da qui, il senso della vita di Gritt che non riesce però a decollare, se non forse alla fine della storia. Il film viene diviso in capitoli. Il primo, Infiammazione bianca, racconta del progetto non finanziato dal ministero per la cultura. Gritt prende atto di essere la causa delle sue frustrazioni, in quanto il progetto non è stato preso in considerazione per mancanza di documentazione delle esperienze pregresse.
Per combattere la frustrazione, si iscrive in palestra e il suo istruttore straniero, la consola in una scena toccante durante la quale le canta una canzone. Si avvicina a un teatro sperimentale che mette in scena l’opera Amazonas. Qui si sottolinea la verità storica di una scena, riportando il teatro della finzione al contatto con la realtà. Infatti la vecchietta che piega con cura la busta di plastica rappresenta quello che facevano veramente delle anziane donne polacche, rivendendo le buste provenienti dall’occidente prima della caduta del muro.
Il secondo capitolo: La crudeltà
Il secondo capitolo si intitola La crudeltà, proprio perché Gritt entra nel teatro della crudeltà, un prodotto delle esperienze di Artaud. Lars, direttore del teatro, le assegna compiti di assistenza, vedendo che ha iniziato a dormire nel teatro e poi la mette a coordinare un progetto sui reietti, ovvero gli immigrati extracomunitari. Lentamente iniziamo a comprendere il mondo diviso di Gritt. Da una parte c’è la sua passione per il mondo dell’arte. Dall’altra la dura e cruda realtà, che la vede assistente di una performer con la sindrome di down che la ospita in casa quando non in tournée.
Capitolo terzo: Reietto colui che viene respinto
Il capitolo terzo, infatti, ci riporta con il solo titolo alla presa di coscienza di Gritt in quanto recita, Reietto colui che viene respinto. Mentre il teatro della crudeltà è in tournée, lei porta gli immigrati del progetto assegnatole da Lars, a creare uno spettacolo nel teatro della crudeltà ma senza l’autorizzazione di Lars. La cacciata dal teatro è solo questione di tempo. Interessante è vedere come il direttore del teatro della crudeltà che voleva raccontare i reietti, li cacci via facendone dei reietti al quadrato.
Quarto e quinto capitolo: la resa dei conti
Arriva la resa dei conti con il capitolo Kairos. Nella cultura greca, infatti Kairos rappresenta il momento perfetto perché qualcosa accada. Gritt esce da una festa del collettivo femminile, durante la quale la sua frustrazione è notevolmente aumentata, poi si reca in un consultorio, esplode con tutti i suoi problemi e va a trovare una vecchia amica sposata con due figli.
Non reggendo il confronto col mondo della normalità, inizia un vero e proprio rituale, l’unico che sia riuscita a mettere in atto. Brucia delle balle di fieno nella cittadina della sua amica.
A questo punto Gritt ci porta verso il quinto e ultimo capitolo della sua evoluzione: L’eremita. Si ritira, non vista dalla società che la tratta da reietta, nella baita della zia. Qui mette in atto un rituale nel quale lei stessa diviene la performance, l’opera d’arte, l’incarnazione di un mondo diverso possibile. Le ultime immagini sono indicative della strada ancora lunga e tortuosa che un’anima in pena come lei dovrà ancora affrontare.