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Le migliori serie Rai del 2021
Una carrellata tra le fiction Rai più apprezzate dell’anno
Published
3 anni agoon
Non ci sono dubbi che le serie italiane hanno perso nel tempo quel provincialismo del passato, per conquistarsi meritati successi anche all’estero. Dalla frenesia di Gomorra, ai ritmi lenti di Montalbano, il dipanarsi dell’esistenza ne L’amica geniale, la pomposità de I Medici, la genialità di The Young Pope, sono solo alcuni esempi.
Evidentemente piacciono le storie, i loro intrecci, ma anche quell’ordinario che sul video si fa straordinario. Basti pensare che il prodotto più seguito all’estero è addirittura Un posto al sole: una produzione che più casereccia di così non è possibile.
Le migliori, alcune nuove, altre come seconde o terze stagioni, sono quelle che sanno conciliare dimensioni private e collettive, e che presentano anche un tocco di originalità in più.
Una personale classifica : Le migliori serie Rai del 2021
Personale, appunto. Questo elenco comprende otto serie tv, all’interno delle proposte Rai, che si sono seguite con più interesse. Per questo motivo, i link rimandano per lo più alle recensioni o agli approfondimenti di chi scrive
Il commissario Ricciardi di Alessandro D’Alatri
Esordisce il 25 gennaio con sei milioni di telespettatori questa malinconica serie ispirata ai romanzi di Maurizio De Giovanni. Napoli. Anni Trenta. Anche se alcune location sono in realtà pugliesi e campane (Nocera Inferiore, Capua, Castelvolturno), l’ambientazione è credibilissima nel presentarsi tutta napoletana.
Autentici i personaggi: Alfredo Ricciardi (Lino Guanciale), la sua sostituta materna, Rosa (Nunzia Schiano), la timida innamorata, Enrica (Maria Vera Ratti), il brigadiere Maione (Antonio Milo).
Il vuoto lasciato dalla perdita della madre, da bambino, ha reso il commissario una persona solitaria, che teme più di tutto i sentimenti. La sua profonda sensibilità gli permette di vedere e sentire gli ultimi momenti di vita delle vittime di morte violenta: un dono, una maledizione, inconfessabili. Che lo aiutano nelle indagini, ma a costo di un’inenarrabile sofferenza.
Alessandro D’Alatri ha avuto la capacità di restituirci il protagonista di De Giovanni con la stessa identica inquietudine, costruendo intorno a lui uno spazio mimetico di piogge, ambienti bui o giornate livide, e una perfetta ricostruzione del periodo fascista, che ricopre di ombre le storie già di per sé violente.
Il Commissario Ricciardi (prima stagione) è su RaiPlay.
Imma Tataranni 2 di Francesco Amato
Tanto silenzioso e ripiegato su se stesso, è il commissario Ricciardi, tanto sopra le righe è invece la procuratrice Imma Tataranni (Vanessa Scalera), che ha preso vita dalle pagine di Mariolina Venezia. Siamo ancora al Sud, a Matera, questa volta, tra i vicoli che Imma attraversa sui tacchi improponibili a completare le sue mise altrettanto stravaganti.
Ha fretta, Imma, e non può perdersi in lunghe meditazioni. Strapazza i sottoposti e non fa nulla per nascondere il brutto carattere. Eppure, sembra impossibile, i toni del romanzo sono tutti più accesi, nell’aspetto del personaggio (ridicolo, quasi pacchiano) e nei comportamenti. È temuta in procura, appena tollerata. Nella serie televisiva Imma Tataranni appare fisicamente gradevole, a parte le mise decisamente azzardate, che danno però un tocco di simpatia e di coraggio. E i suoi modi sono meno estremi. Questo almeno nella prima stagione.
Nella seconda, invece, il personaggio televisivo sembra avvicinarsi di più a quello di carta. Quasi come se nei due anni intercorsi tra la prima e la seconda stagione, si sia voluto caricare di più tutti i toni. Poi, se si trova in una situazione delicata, improvvisamente Imma si addolcisce, e riesce a raggiungere livelli di empatia, quasi un commissario Montalbano al femminile. Inflessibile con i prepotenti, compassionevole con i deboli.
A casa, una figlia adolescente e un marito ancora innamorato, Pietro (Massimiliano Gallo), ma arrendevole nel fronteggiare l’età spinosa della ragazza che cerca il litigio a ogni costo. Imma si trova così a dover assumere il ruolo scomodo del genitore normativo, senza il tempo per spiegarne la necessità. Deve correre, la soluzione dei casi non può aspettare.
Unico momento di trasgressione: il sogno a occhi aperti di un amore, possibile solo se fantasticato, con il maresciallo Calogiuri (Alessio Lapice).
Le prime due stagioni di Imma Tataranni sono su RaPlay
La Compagnia del Cigno 2 di Ivan Cotroneo
S’incontrano al Conservatorio di Milano i sette ragazzi protagonisti di questo racconto corale, che ha l’amicizia come elemento di unione tra le diverse storie. E l’impegno, il talento, la determinazione.
Sotto la guida del maestro Luca Marioni (Alessio Boni) nella prima stagione, e la seduzione del maestro Teonam Kayà (Mehmet Günsür), nella seconda, ciascun allievo deve trovare la propria strada, il posto nel mondo della musica e del futuro, e superare nel contempo il passaggio spinoso tra l’adolescenza e la vita adulta.
Ivan Cotroneo, accompagnato qui da Monica Rametta nella scrittura, riesce a dare il giusto spessore a ogni personaggio e a costruire relazioni credibili tra gli adolescenti, tra gli adulti, tra adulti e adolescenti. Le proiezioni psicologiche del maestro Marioni sugli allievi possono spiegare la sua inflessibilità, così come il suo addolcirsi alla fine della prima stagione, fino ad assumere un ruolo meno direttivo e più paterno.
Tutti comunque si muovono nelle difficoltà quotidiane e tutti trovano conforto nel gruppo, che fa da specchio dei dolori individuali (ma anche delle gioie!) e da contenimento: amori non dichiarati, amori traditi, situazioni familiari complesse, sospese, genitori assenti o troppo presenti, carriere che stanno sbocciando, in un clima quasi mai competitivo, grazie al patto stipulato molto presto tra i giovani. C’è bisogno ogni tanto di una boccata d’ossigeno, di storie che aprano alla fiducia e ai benefici della condivisione.
Recensione de La Compagnia del Cigno
Anche le due stagioni de La Compagnia del Cigno su RaiPlay
I Bastardi di Pizzofalcone 3 di Monica Vullo
La terza stagione de I Bastardi di Pizzofalcone ha ancora cambiato regista, rispetto alla seconda diretta da Alessandro D’Alatri e alla prima da Carlo Carlei. Nel recensirla, dicevamo che ci saremmo aspettati toni più leggeri, date le precedenti esperienze della Vullo, come Il Paradiso delle Signore o Don Matteo.
Le nostre aspettative però sono state fortunatamente smentite dal ritmo serrato, da un’intensità e una narrazione che non danno tregua, coinvolgendoci alla stessa maniera dello spirito di squadra del Commissariato di Pizzofalcone: quel commissariato cadente che due anni fa sembrava destinato alla chiusura e che, tra vicende varie, è riuscito a resistere, grazie all’impegno dei nostri personaggi.
Lojacono (Alessandro Gassmann), soprattutto, che nella prima stagione arriva a Napoli accompagnato dall’ombra intollerabile di una sua collusione con la mafia; l’accusa sembra sciogliersi, ma si ripresenta nella seconda stagione, per dileguarsi e poter dare piena fiducia a Giuseppe, dargli lo spessore che merita, e l’affidabilità. Ma nella terza ben altri nemici e ancora più potenti, ancora più insidiosi, minacciano la squadra tutta. Bisogna far fronte comune, solidarizzare, mettere da parte gli attriti e rinnovare la tacita alleanza che si è stabilita durante le due stagioni precedenti.
Il coinvolgimento personale è fortissimo, tanto che i personaggi risolvono alcuni problemi sospesi, perché il trauma degli eventi fa da facilitatore, dopo che alcuni di loro sono precipitati nel fondo della depressione. Il vicequestore Luigi Palma (Massimiliano Gallo), per esempio, rivela aspetti di sé e del suo passato inimmaginabili, dietro il suo ruolo così rassicurante avuto finora.
Ma gli ideatori de I Bastardi di Pizzofalcone amano lasciarci col fiato sospeso, e, sciolti tutti i nodi della terza stagione, chiudono, come per quella precedente, con un happy end subito smentito nell’ultimo frammento. Speriamo che questa volta l’attesa del quarto appuntamento sarà più breve.
Le tre stagioni de I bastardi di Pizzofalcone su RaiPlay
Mina Settembre di Tiziana Aristarco
Il 2021 é stato l’anno di Maurizio de Giovanni. Oltre a Il commissario Ricciardi e I Bastardi di Pizzofalcone, esordisce a gennaio (insieme a Il commissario Ricciardi) Mina Settembre, tratta sempre dai suoi romanzi. Storie e personaggi diversissimi tra loro: tanto Ricciardi è taciturno, ripiegato su di sé, malinconico (un po’ meno, ma anche Lojacono lo è), tanto Mina Settembre (Serena Rossi) ci appare luminosa e lieve.
Dicevamo l’anno scorso, però, che sulla carta De Giovanni riesce meglio con i personaggi più cupi e che quando pretende di essere leggero esagera un po’ con l’umorismo a tutti i costi, rischiando un effetto quasi sicuramente straniante. La Mina Settembre televisiva ci è piaciuta molto di più, per la naturalezza, la simpatia, la semplicità, l’autenticità.
Una riparatrice di destini, avrebbe detto di lei Georges Simenon: con leggerezza, Mina fa il suo lavoro di assistente sociale fino in fondo, difendendo le persone fragili e prendendosene cura, aiutandole nel loro percorso di crescita e consapevolezza, senza mai sostituirsi.
Finalmente un personaggio che mette allegria! I vicoli di Napoli con lei riprendono la loro vivacità, mentre li percorre con la sua bella andatura fiduciosa, carina nel cappottino rosso e lo sguardo pieno di speranza. Motivi per lagnarsi della sua vita ne avrebbe, eccome! Soprattutto una madre svalutante e prepotente (Marina Confalone) che la tiranneggia tutto il giorno, e dalla quale è dovuta tornare dopo il fallimento del matrimonio.
Insomma, un bel personaggio, quello di Mina Settembre, un’iniezione di fiducia nel presente e nel futuro!
La prima stagione di su RaiPlay
Blanca di Jan Maria Michelini e Giacomo Martelli
La Rai apre il 2021 con una bella figura femminile e chiude con una figura altrettanto positiva: è Blanca (Maria Chiara Giannetta), la stagista non vedente del commissariato di polizia genovese. Grazie al suo udito eccezionale, utilissimo, Blanca ascolta interrogatori e intercettazioni e coglie quei dettagli che normalmente sfuggono.
Anche lei, come Mina, più di Mina, non avrebbe tanti motivi per stare allegra. Blanca ha perso la vista da ragazzina, nell’incidente in cui è morta la sorella maggiore. Un lutto mai elaborato il suo, con fantasmi che tornano a tormentarla. Due assenze pesantissime, quella della sorella e quella della vista, diventano però grandi elementi di forza.
Blanca ha la responsabilità di essere l’unico affetto del padre rimasto solo (Ugo Dighiero): per lui non può e non deve lasciarsi andare. Il buio delle giornate è compensato, invece, dalla sua incredibile autonomia e da una curiosità fuori dal comune. Si mette nei pasticci, Blanca, ovviamente. Nessuno al commissariato le ha mai chiesto di indagare; anzi, il vicequestore non fa che urlarle e sminuirla. Ma, indovinate che fa? Supera ben presto i confini del suo ruolo e indaga, interroga, raccoglie indizi. Ovviamente, risolve i casi più spinosi. E, ovviamente, c’è sempre il collega prestante, in questo caso l’ispettore Liguori (Giuseppe Zeno) che la salverà.
Eppure, non è la solita fiction televisiva. Blanca ha avuto molto seguito per la sua freschezza, la leggerezza, la delicatezza. La capacità di giocare con i cliché del racconto poliziesco, rinnovandolo con situazioni completamente nuove.
Blanca, su RaiPlay
Un professore di Alessandro D’Alatri
Alessandro D’Alatri apre l’anno delle fiction Rai con Il commissario Ricciardi e lo chiude con Un professore. Il professore in questione è Dante Ballestra, arrivato a Roma da Napoli in seguito ad un processo ancora in corso, per aver aiutato un allievo non rispettando le regole. A Roma ritrova il figlio Simone, a casa e in classe con lui.
Ci vuole poco a trasformare Alessandro Gassmann in un professore alternativo di filosofia. Basta mettergli un paio di pantaloni di velluto non proprio su misura, una giacca frusta e lo sguardo sornione. La sua recitazione farà facilmente il resto.
Noi l’avremmo preferito un po’ meno professor Keating, un po’ meno guru nei comportamenti, perché, come sostiene Sheldon B.Kopp nel suo libro Se incontri un Buddha per la strada uccidilo, siamo per i maestri che a una certa età, soprattutto, la smettano di alimentare il loro narcisismo. Ma Dante Ballestra lo fa a fin di bene e noi lo perdoniamo. Poi, comunque, non se ne esce. Quando si parla di scuola, i modelli sono solo due: o il docente insensibile (però divertente il prof. di latino, Lombardi, Paolo Bessegato) o l’eroe che sacrifica tutto se stesso per la salvezza dei suoi pargoli.
La serie ha ben amalgamato tutti gli ingredienti per il successo: relazione adolescenziali tra i banchi di scuola, intrecci tra gli adulti (meglio se risalgono a un passato da dipanare), amori possibili e impossibili, cattivi da smascherare un attimo prima che si precipiti in una strada senza ritorno.
Prima stagione di Un professore su RaiPlay
Il metodo Catalanotti di Alberto Sironi e Andrea Zingaretti
Il 2021 è stato anche l’anno in cui abbiamo dovuto salutare per sempre il commissario Montalbano. Prima o poi, dopo vent’anni, quindici stagioni e trentasette episodi, avrebbe dovuto succedere. La lunghezza della serie, però, e l’assuefazione come spettatori ci avevano preparato a un’uscita di scena più sobria. Sempre che non fosse morto, ma le indiscrezioni a un certo punto avevano escluso questa eventualità.
Tutto ci saremmo immaginati, tranne che Salvo si sarebbe innamorato di un’altra donna, che il patto stabilito con Livia (e indirettamente con noi) sarebbe stato spezzato così. Più che un’infatuazione la sua sembra una resa, per la mestizia del suo sguardo, del suo camminare stanco tra i luoghi ridenti di sempre. Non ci si è divertiti davanti a questo Montalbano, tanto che la sceneggiatura non ha previsto neppure i soliti siparietti comici, che pure sono presenti nel romanzo.
La regia è stata affidata a Zingaretti, dal momento in cui anche il regista Alberto Sironi è venuto a mancare. Ed è ammantata da un velo di tristezza dall’inizio alla fine.
Data simbolica, poi, quella della messa in onda, l’8 marzo. Molte donne hanno confessato di essersi sentite tradite dalle svolte di un’esistenza, quella di Montalbano, che era lì per intrattenerci ma anche per rassicurarci. Insomma, che proprio lui sia caduto nella trappola dell’uomo che, mentre sta invecchiando, s’innamora della donna giovane, lasciando la sua compagna di sempre, non è andata giù soprattutto al pubblico femminile.
Ad ogni modo, lo lasciamo andare con una certa amarezza, “in balia dell’intontimento sentimentale, in bilico tra la perdita della sua identità e l’inizio di una vita nuova”.
La recensione de Il metodo Catalanotti
Anno nuovo e nuove fiction
Tante le fiction che la Rai trasmetterà nel 2022. Solo nel mese di gennaio, alla fine delle feste:
Non mi lasciare con Vittoria Puccini e Alessandro Roia
Doc – Nelle Tue Mani s.2, con Luca Argentero, Matile Gioli, Pierpaolo Spollon
La Sposa con Alessandra Mastronardi e Giorgio Marchesi
Continua poi, per tutto l’anno, una fitta proposta di nuove fiction o nuove stagioni di serie già trasmesse. Attesissimo il terzo atto de L’amica geniale con la regia di Daniele Luchetti.