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‘The Survival Family’: l’apocalisse al tempo dello smartphone
Arriva su MUBI la brillante commedia di Shinobu Yaguchi
Published
3 anni agoon
Il penultimo film scritto e diretto da Shinobu Yaguchi (autore di Waterboys, grandissimo successo in Giappone nel 2001) è un’audace commedia sulla contemporaneità. Dopo l’apertura della diciannovesima edizione del Far East Film Festival di Udine del 2017, The Survival Family torna disponibile per il pubblico italiano dal 3 gennaio 2022 su MUBI.
La trama di The Survival Family
La famiglia Suzuki è una delle tante che abita la gigantesca metropoli di Tokyo. Yoshiyuki (Fumiyo Kohinata: Audition, 1999; Outrage 2010; Outrage Beyond 2012.) impiegato e capo famiglia. Mitsue (Eri Fukatsu) casalinga tuttofare e padrona degli spazi di casa. Kenji (Yuki Izumisawa: Tokyo Tribe 2014) e Yui (Wakana Aoi) i due figli adolescenti, il primo introverso e con difficoltà nel farsi notare dalla sua cotta del liceo, la seconda esuberante e totalmente dipendente dallo smartphone. D’improvviso, un blackout anomalo colpisce tutto il Giappone. Ogni dispositivo elettronico smette di funzionare. La vita in città diventa impossibile e tutta la famiglia è costretta a intraprendere un lungo viaggio alla ricerca di una nuova stabilità.
La fine del mondo
Roland Emmerich con i vari Independence Day (1996) e The Day After Tomorrow (2004) ci ha abituati ad un’idea di cinema catastrofico. In quel tipo di film la minaccia è incarnata da eventi fuori dal comune. Catastrofi provocate da situazioni assurde, che siano gli alieni o giganteschi disastri naturali. Il tutto condito da un massiccio supporto della computer grafica e da una grande seriosità. Il mondo sta per finire, la tragedia è imminente, bisogna salvare l’umanità.
The Survival Family è della parrocchia diametralmente opposta. La catastrofe in questo caso si annida in casa, in un elemento talmente famigliare e di uso comune da venir dato per scontato. Non è lo tsunami a mettere in ginocchio Tokyo, ma la mancanza di elettricità. Niente può più essere come prima, il frigo è inutilizzabile, gli uffici sono in tilt, il pagamento con carta di credito è infattibile, gli orologi sono fermi e persino le automobili bloccate. È questa la fine del mondo nei giorni nostri. Alla famiglia Suzuki resta soltanto una soluzione: partire e abbandonare la metropoli per ritrovare l’ancestrale convivenza tra uomo e natura.
Catastrofe tragicomica
L’idea narrativa di un improvviso blackout come interruzione della vita di tutti i giorni può risultare banale a primo impatto. Tuttavia, è proprio il registro utilizzato da Yaguchi prima nella sceneggiatura e poi nella regia a rendere The Survival Family un prodotto interessante e intelligente. La prima parte ha un sapore comico, condita da gag al limite del ridicolo. La seconda, invece, si incupisce alzando il livello della drammaticità della pellicola. L’alternanza fra questi due aspetti costruisce un perfetto connubio fra tragicità e comicità, grazie anche ai personaggi amalgamati alla perfezione fra loro e una concatenazione di eventi avversi che porta avanti la storia rendendola credibile e avvincente. Grazie a tutto ciò, Yaguchi imbastisce una satira sottile e tagliente, una critica più che efficace contro l’eccessiva frenesia della società contemporanea.
Un viaggio alla scoperta delle piccole cose
The Survival Family non è soltanto un tragicomico film catastrofico ma è anche un road movie. La famiglia Suzuki all’inizio è instabile. Il padre Yoshiyuki è un impiegato che pensa solo al lavoro e cerca di coprire malamente la stempiatura con un piccolo parrucchino. La madre Mitsue è una casalinga incapace di tagliare un pesce mandatole dal padre perché sopraffatta dal disgusto. I figli Kenji e Yui sono troppo immersi nel loro mondo fatto di smartphone e pc per instaurare un contatto con i propri genitori. I Suzuki appaiono più come un gruppo di persone accomunate solo dalla stessa abitazione, sembrano tutto fuorché una famiglia. La mancanza di elettricità rompe l’equilibrio: il padre non può andare più a lavoro, la madre fatica a mantenere la casa per colpa degli elettrodomestici non più funzionanti e i figli perdono la loro comfort zone tecnologica. Inizialmente provano a rimanere a Tokyo, ma la situazione diventa sempre più insostenibile fino a spingere i Suzuki a partire, in direzione Kagoshima, città in cui abita il padre di Mitsue.
Il blackout ha sovvertito le regole del gioco. Il sistema dei valori si è ribaltato. L’effimero che dominava le vite dei cittadini ha perso la sua importanza. I soldi non servono più, l’unica cosa che conta è l’essenziale come il cibo e l’acqua. I quattro protagonisti si mettono in viaggio in sella alle loro bici e affronteranno numerose peripezie dalla spiccata originalità narrativa. Degna di nota è la scena in cui delle donne ipovedenti si offrono come guide per attraversare una galleria ormai completamente buia in cambio di beni di prima necessità. Durante il viaggio i rapporti famigliari si tendono fin quasi a spezzarsi. Fondamentale sarà l’incontro con un allevatore di maiali, grazie al quale riusciranno a trovare un equilibrio. Dopo il blackout impareranno pian piano ad apprezzare le piccole cose, dall’ammirare le stelle in un cielo privo di inquinamento luminoso fino ad una corsa in bici libera e spensierata.
L’imperfezione sta nei dettagli
The Survival Family non è un film perfetto. Si sarebbero potuti approfondire diversi aspetti che in alcuni casi risultano esplorati solo in superficie. Non tutti i personaggi principali hanno un percorso completo, alcune porte vengono lasciate aperte e non raggiungono una chiusura definitiva. Probabilmente, il numero di situazioni che colpisce la povera famiglia è eccessivo, nonostante ogni singola circostanza risulti ben costruita e più che godibile. Ma forse è meglio così. The Survival Family a fine visione appare come un film più che riuscito. Fa ridere quando deve far ridere, è drammatico quando occorre e scorre per tutta la durata di quasi due ore senza annoiare. Yaguchi ha la sua autorialità ben definita che trasuda da ogni fotogramma di The Survival Family. Un gioiello che brilla e che descrive efficacemente uno dei più grandi problemi della società odierna: l’esagerata dipendenza dalla tecnologia contemporanea.