Non molto tempo fa, su queste pagine parlammo di Alle dame del castello piace molto fare quello… (1970) di Josef Zachar, pellicola tedesca in costume che, interpretata, tra gli altri, da una Edwige Fenech degli esordi, è stata riscoperta su dvd dalla romana Mosaico Media, attivissima nel recupero della cinematografia di genere del passato su formato digitale.
E’ sempre Mosaico, quindi, a permetterci di tornare a parlare della non ancora divina regina delle Commedie sexy grazie al recupero di Desideri voglie pazze di tre insaziabili ragazze (1969), diretto anch’esso da Zachar e, per di più, sfruttando bene o male lo stesso cast della pellicola di cui sopra.
Con la consueta abbondanza di nudità femminili, la vicenda raccontata – conosciuta anche con il titolo La seduttrice – parte dalle due lavandaie Monique e Babette, le quali, pressate dall’avida zia, fanno di tutto per farsi sposare dal conte D’Alsay e dal colonnello Delaroche, da anni impegnati in una disputa legale che dovrà decidere chi dei due abbia il diritto alla proprietà del bel castello di Portillon. Almeno fino al giorno in cui sul posto giungono Blanche (la Fenech, appunto), ex amante del colonnello che punta alle sue ricchezze, e René, nipote del conte, i quali mandano all’aria i piani orditi dalle due ragazze.
E dalla Germania ci spostiamo all’Italia con il poco celebrato western Una colt in mano al diavolo (1973), che, diretto da Gianfranco Baldanello sotto pseudonimo Frank G. Carroll, annovera nel cast addirittura una giovane Fiorella Mannoia.
Ne è protagonista Robert Wood nei panni di Roy Koster, pregiudicato appena uscito dal carcere che s’impegna a scoprire quali fossero i motivi dell’ingiusta condanna all’ergastolo che stava scontando Geremy, deceduto compagno di lavori forzati che gli ha salvato la vita. Quindi, prima viene a sapere che dietro tutto c’è un complotto ordito da un ricco tiranno e da due loschi, individui, poi, supportato proprio dai figli gemelli del defunto, si mostra determinato ad eliminare i tre per portare a galla la verità ed ottenere vendetta. Nel corso di circa 71 movimentati minuti di visione che, scritti dallo stesso regista insieme all’Alfonso Brescia noto soprattutto per aver diretto diversi film interpretati da Mario Merola, concedono non poco spazio all’uso delle pistole, pur senza ricorrere mai a violenza esplicita.
Rimanendo sempre in territorio tricolore, un’altra rarità recuperata da Mosaico è Il falco e la colomba (1981) di Fabrizio Lori, storia d’amore ad alto tasso drammatico i cui nomi di punta sono Fabio Testi e la ex lolita Lara”Maladolescenza”Wendel. Il primo veste i panni di un segretario di sezione di partito che, sposato con Rita alias Simonetta Stefanelli, figlia di un influente uomo politico, viene ferito alle gambe nel corso di un attentato terroristico, la seconda, invece, è la testimone dell’accaduto che gli presta immediatamente soccorso, per poi scappare via. Ovviamente, però, i due si ritrovano per caso ed iniziano un’intensa relazione (con tanto d’immancabile sequenza erotica), mentre l’uomo ignora molti aspetti segreti della vita della ragazza e le belle musiche del maestro Stelvio Cipriani commentano il tutto… quando non ci pensa September morn di Neil Diamond.
Concludiamo, infine, con lo zombie-movie spagnolo (co-prodotto dall’Italia, però) L’orgia dei morti (1973) di José Luis Merino, circolato a suo tempo in una tagliatissima videocassetta Avofilm e finalmente visibile in versione integrale.
Con il mitico Paul Naschy alias Jacinto Molina (il lupo mannaro più famoso della cinematografia iberica) incluso nel cast, seguiamo la lugubre avventura del giovane Serge, con le fattezze di Stelvio Rosi, il quale, ereditato un maniero sperduto nei Carpazi, s’imbatte in assurdi personaggi, tra cui un folle scienziato che asserisce di essere in grado di riportare in vita i morti.
Mentre il ragazzo s’insospettisce del ritrovamento della cugina impiccata, provvedono rozze operazioni chirurgiche e sedute spiritiche a condire i circa 90 minuti di visione che, costruiti su lenti ritmi narrativi, individuano il loro maggiore punto di forza nella funerea atmosfera generale, complice l’altamente contrastata fotografia di Modesto Rizzolo.
Francesco Lomuscio