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‘La ragazza di Oslo’ la recensione della serie tv norvegese di Netflix

Su Netflix una serie televisiva norvegese sulla sopravvivenza di alcuni ostaggi in Israele.

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Dal 19 dicembre è disponibile su Netflix, La ragazza di Oslo, una serie televisiva norvegese in dieci episodi che in patria ha riscosso un grande successo da parte di pubblico e critica. La serie, creata da Kyrre Holm Johannessen e Ronit Weiss-Berkowitz, racconta dei difficili rapporti tra la Palestina e l’Israele.

La ragazza di Oslo – La trama

La storia ruota attorno alla giovanissima Pia (Andrea Berntzen) che si è recata in Israele, proprio nel giorno in cui i suoi genitori le hanno fatto una sorpresa per il suo compleanno. La ragazza, mentre festeggia con gli amici, viene rapita dall’ISIS che, in cambio della sua liberazione, esige la scarcerazione di alcuni detenuti palestinesi. Uno di loro si trova in Norvegia. Karl (Anders T. Andersen), il padre di Pia, cerca di fare il possibile per poter liberare sua figlia, supportato da Alex (Anneke von der Lippe), diplomatica norvegese disposta a tutto per porre fine a questa drammatica situazione.

Una serie a metà tra Homeland e 24 con una straordinaria Anneke von der Lippe

Nel vedere La ragazza di Oslo, non possiamo che fare riferimento a Homeland-Caccia alla spia e a  24, due serie di grande successo degli ultimi anni che, seppur con trame diverse, hanno in comune con quella norvegese alcune tematiche come il terrorismo, la vita di un proprio parente in serio pericolo perché tenuto prigioniero e lo spionaggio.

Eppure, questa serie, che nella sua terra di origine ha riscosso grandi successi da parte del pubblico, non riesce a convincere totalmente. La scelta di concentrare la maggior parte delle scene in Israele porta, a lungo andare, ad uscire fuori da quella che è la trama della storia, mostrando un’immagine artificiale di quelli che sono i luoghi dove avvengono le vicende dei protagonisti.

Anneke von der Lippe (Reckless, An Affair, Homesick), bravissima attrice norvegese, riesce con grande bravura a calarsi nei panni di una madre coraggiosa che, attraverso mille peripezie, cerca di poter riabbracciare la figlia. Durante le ricerche effettuate dalla donna veniamo a conoscenza di alcuni importanti avvenimenti passati che la riguardano.

La sceneggiatura manca di originalità, non aggiungendo nulla di nuovo a quello che abbiamo visto nelle serie prima citate. Persino i dialoghi risultano banali, non riuscendo mai a raggiungere la tensione giusta utile a tenere lo spettatore sulle spine. Anzi, col tempo, arrivano ad annoiarlo e a non approfondire nel dettaglio le questioni politiche.

Peccato, perché c’erano tutte le premesse per rendere la serie un prodotto capace di differenziarsi dagli altri.

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