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‘Una poltrona per due’: Come si diventa un classico di Natale

La replica di 'Una poltrona per due' su Italia 1 è una delle poche certezze delle nostre festività. Cerchiamo di ripercorrere le tappe di un vero e proprio fenomeno sociale e culturale

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Niente è più soggettivo dei film di Natale. Ognuno ha quello del cuore, poco importa quale sia. C’è solo un film che fa eccezione. Un film che quasi nulla ha da spartire coi gusti del singolo, ma che negli anni ha preso la forma di un vero e proprio rito. Una celebrazione ufficiale che, nel bene e nel male, ha condizionato il nostro stesso immaginario. Una poltrona per due.

Certo come la Vigilia di Natale, il film di John Landis arriva anche quest’anno con il suo immancabile appuntamento televisivo. Vediamo le tappe e i motivi che ne hanno fatto un classico della nostra tradizione.

Una presenza ingombrante

Che foste a cena coi parenti, a bere con gli amici o da soli davanti al televisore, difficile non abbiate almeno una volta incrociato lo sguardo con Eddie Murphy o Dan Aykroyd alla Vigilia di Natale. Questo perché Una poltrona per due di John Landis è, semplicemente, il film natalizio per eccellenza. Un’anomalia tutta italiana che ha visto trasformarsi in poco più di un ventennio un classico degli anni Ottanta in un film della nostra tradizione.
Ma come siamo arrivati a questo?

Era il 1997 quando Una poltrona per due, complice Italia 1, cominciò a essere una costante nelle case degli italiani durante le festività, fino a diventare, dal 2004 in poi, Il Film incontrastato della Vigilia. Da quel momento infatti la commedia di Landis non saltò mai un appuntamento (rigorosamente in prima serata) sul piccolo schermo, continuando, anno dopo anno, a registrare dati di ascolto considerevoli. Mica male per un film che nel lontano gennaio del 1984, data della sua uscita nelle sale italiane, si era fermato al 13esimo posto nella classifica dei film più visti di quell’anno.

Un nuovo classico

Ma, del resto, la seconda vita di Una poltrona per due nulla ha da spartire con i suoi intenti originari, giocata com’è tutta a posteriori sulla nuova confezione che gli allora responsabili della programmazione di Italia 1 avevano, con lungimiranza, deciso di costruirgli attorno. E poco importa se quella divertita ma feroce critica a un capitalismo senza scrupoli di natalizio avesse ben poco. Ai vertici di Mediaset (e, di riflesso, al pubblico) bastava e avanzava l’immagine di uno stravolto Dan Aykroyd vestito da Babbo Natale (Babbo Bastardo era ancora lontano) e una Filadelfia spolverata di neve per fare del film il prodotto perfetto per la Vigilia, una commedia natalizia finalmente “adulta” da contrapporre ai soliti classici zuccherosi e infantili.

Ecco allora che la storia di Louis Winthorpe III e Billy Ray Valentine, vittime di una scommessa tra due miliardari decisi a scoprire se fosse vero o no che la condizione sociale determinasse il destino dell’individuo, prende il suo posto accanto a fantasmi natalizi e mostriciattoli da non nutrire dopo la mezzanotte.

La messa laica della Vigilia

Certo, di film divenuti a sorpresa classici delle feste è pieno il mondo, basti pensare a Die Hard. Ma quello che fa di Una poltrona per due un caso unico è che lo sia diventato solo nel nostro Paese, grazie a un’intuizione semplice ma decisiva. Un’intuizione vincente soprattutto perché capace di farsi strada come poche altre nel nostro immaginario collettivo. Facendo diventare in breve tempo il film parte integrante di quei miti e riti che regolano le nostre celebrazioni.

Una sorta di messa laica della Vigilia, potremmo dire, destinata a trasformarsi, come ogni istituzione, in un vero e proprio tormentone a misura di meme, tra riproposizioni di scene iconiche e conti alla rovescia per la prossima programmazione. Un film così interiorizzato da non aver nemmeno più bisogno di essere veramente visto (quanti, in realtà, non lo hanno mai fatto?) per essere conosciuto. La colonna sonora definitiva, insomma, delle nostre festività.

La forza di un cult

Un vero peccato, ad ogni modo. Perché Una poltrona per due è, al di là della sua aura posticcia, un grande film di un grande regista. Ispirato a Il forestiero di Ronald Neame (1952), a sua volta tratto da un racconto di Mark Twain (“La banconota da un milione di dollari” ma, per forza di cose, vicino anche a “Il Principe e il povero”), l’ennesima incursione nei generi di Landis è infatti un’opera che omaggia i classici per poi, immancabilmente, sabotarli dall’interno.

Dopo il musical e l’horror (The Blues Brothers e Un lupo mannaro americano a Londra) non poteva allora che essere la commedia, coi suoi giochi di doppi e di ribaltamenti, a cadere questa volta sotto i colpi del regista. Sta tutta qui, in fondo, la forza dissacrante del film. Una gustosissima farsa capace di raccontare, tra momenti brillanti, umorismo grossolano, in-jokes infiniti e un cast perfetto, più di altri il suo tempo con un gusto per il politicamente scorretto che ha davvero pochi eguali. Soprattutto per un film delle feste.

Che sia arrivato il momento, magari tra un brindisi e l’altro, di guardarlo nuovamente e, questa volta, per davvero?

Una poltrona per due

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