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Intervista a Giovanni Esposito, tra De Filippo e film di genere

Tra i protagonisti de I fratelli De Filippo e Non ti pago, Giovanni Esposito racconta il suo legame con la napoletanità e con il Teatro Bellini, svelando anche il suo sogno nel cassetto.

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Giovanni Esposito è senza dubbio uno degli attori più riconoscibili del nostro panorama artistico e, durante l’intervista, si ha un piccolo assaggio della sua personalità. Parlando di come i film di genere siano necessari e di quanto i De Filippo abbiano segnato la recitazione, emergono tutta la passione e la dedizione che lo hanno portato a un passo da un sogno. Ma per scoprire di cosa si tratta, leggete sino alla fine…

‘Non ti pago’ e ‘Sabato domenica e lunedì’ di Edoardo De Angelis su Rai Uno

Intervista a Giovanni Esposito | La strada maestra dei De Filippo

Sei nel cast de I fratelli De Filippo e Non ti pago, entrambi legati alle figure dei De Filippo. Qual è il tuo rapporto con loro? E il tuo primo ricordo? 

Nel film di Sergio Rubini, che è un capolavoro assoluto, sono una figura molto laterale. Ci ho preso parte sentimentalmente, per il bene che voglio a Sergio, alla sua arte, e per il progetto. In Non ti pago ho un ruolo molto più sostanzioso e anche divertente per me: l’avvocato Strumillo.

Per me i De Filippo rappresentano una guida, un binario, che sin dall’inizio ha portato in una direzione che tu sapevi essere giusta, in qualche modo.

Poi, teatralmente e cinematograficamente, prendi gli scambi che vuoi, sapendo però che il binario maestro è quello giusto. Come dire, ha formato una locomotiva e dei vagoni che potevano andare anche in altre direzioni. È stato un crescere con una consapevolezza e con una via maestra ben segnata; per chi nasce a Napoli e fa questo lavoro a Napoli è come una stella polare.

A casa mia, mio padre era un appassionato di teatro, soprattutto dei De Filippo. Tra VHS e testi su Eduardo, già da piccolini crescevamo con le battute topiche dei testi eduardiani: per dire delle cose non abbiamo più dei detti, ma delle frasi che diceva Eduardo.

La napoletanità come arma a doppio taglio

Da un punto di vista artistico quanto sono importanti le origini, la provenienza, la napoletanità? E quanto fa lavorare con chi le condivide?

Sicuramente è molto stimolante, a partire da un ritmo interno che ha un certo tipo di napoletanità, che appartiene un po’ a quella del passato. La base, qualcosa di ancestrale, è un ritmo interno, che sicuramente ti agevola in tante cose, soprattutto se fai questo lavoro.

Ovviamente, è anche un’arma a doppio taglio, perché ti fa adagiare, ti mette al sicuro su certe cose. C’era un regista teatrale che diceva

“Quando hai un problema con un personaggio, in una commedia o in un dramma, chiama un attore napoletano e te lo risolverà”.

Questo ritmo interno a volte, magari, ti impigrisce rispetto allo studio. C’è un mondo anche checoviano, che somiglia a quello eduardiano, o magari molto più intimo e intimista, che rischi di non percorrere. Ecco perché parlo di un’arma a doppio taglio.

Intervista a Giovanni Esposito | Tra il Teatro Bellini e i film di genere

Ti sei formato all’Accademia d’Arte Drammatica del Teatro Bellini e da poco hai concluso Regalo di Natale di Pupi Avati sul palco del Bellini a Napoli.

È stata un’emozione particolare poter tornare a recitare lì. È stato un periodo meraviglioso della mia vita.

Una scuola di teatro e di vita enorme, ho incontrato amici e compagni con cui ho un rapporto meraviglioso ancora adesso.

Mi ha fatto anche appassionare allo studio che c’è dietro a questo lavoro. Loro fanno un lavoro meraviglioso sul teatro e fanno crescere il pubblico con una consapevolezza altissima, anche con degli spettacoli più difficili, che altri teatri non mettono in cartellone. Corrono il rischio a prendere spettacoli che non vedresti altrimenti. Fanno un lavoro enorme.

Hai lavorato in tantissimi film, tra cui alcuni definiti assolutamente di genere, come per esempio Ammore e malavita e Black Parthenope. Come vedi il film di genere nel panorama cinematografico italiano?

Secondo me è doveroso fare film di genere. C’è tutto un pubblico che aspetta i film di genere francesi, americani, coreani, o che arrivino dall’Italia. Sono quindi appassionati.

Le nuove piattaforme ci stanno appassionando a film o a serie di genere, quindi secondo me bisogna, sempre di più, farlo. Poi il cinema va bene tutto, se è ben fatto, se dietro c’è un pensiero.

In Black Parthenope c’è un pensiero e anche una maestria nel girarlo, nello sceneggiarlo. C’è un gruppo di attori bravissimi e quest’idea molto particolare, che io trovo bella e vincente, di recitare quasi totalmente in originale. Lo trovo magnifico.

Ammore e malavita è una commedia costellata da canzoni. È un musical, un genere che pratichiamo di più, anche se si era un po’ perso nel cinema italiano e che è un po’ ritornato. Se pensiamo che adesso Spielberg ha fatto West Side Story.

Intervista a Giovanni Esposito | I ruoli drammatici e il sogno nel cassetto

Quale dimensione senti più tua, quella comica o la drammatica?

Ovvio che quella comica la pratico, non direi con facilità perché la cosa più difficile che si possa fare al mondo è fare commedia e farla bene. Tutti possono fare commedia ma far ridere è una cosa veramente faticosa.

A me piace molto anche esplorare personaggi drammatici, è più difficile che me li affidino, ma quando capita sono una Pasqua. Sono felicissimo anche quando c’è una commistione, in qualche modo, tra le due anime del personaggio, come la vita solo sa essere: un dramma costellato da una comicità anche involontaria.

Quindi quando mi affidano un personaggio drammatico mi piace moltissimo, ci vado a nozze. Non capita spessissimo, mi piacerebbe capitasse di più.

Con la tua lunga e ricca carriera, c’è un sogno nel cassetto che puoi condividere con noi?

Un sogno nel cassetto che ho è di fare un film, che si potrebbe avverare. È una storia che ho scritto io, insieme a Francesco Prisco e a Valentina Farinacci. Un film che è in pre-produzione, in qualche modo deve ancora vedere la via, anche se è difficile, essendo un film di genere, d’autore, non una commedia.

È un sogno nel cassetto che mi piacerebbe aprire e farlo volare molto molto presto, devo dire la verità. Quello è ciò che nell’immediato mi piacerebbe fare.

*Salve sono Sabrina, se volete leggere altri miei articoli cliccate qui.

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