Koji Yamamura, regista di pluripremiati cortometraggi d’animazione, tra cui Mt. Head (2002) e Franz Kafka’s a Country Doctor (2007), nel 2021 ci racconta con incredibile profondità l’esistenza umana e la sua tristezza, attraverso sguardi frammentati e una piuma che solca il terreno.
Dozen of Norths, scritto, dipinto e diretto da Koji Yamamura, debutta nel 2021 al Black Nights Film Festival, Tallinn. Ha anche inaugurato ilFuture Film Festival l’8 Dicembre 2021: presente, il regista stesso, collegato in video call.
Dozens of Norths, la trama
“Nord è tutto ciò che è solitario.
Questa è una raccolta di tutte le persone che ho incontrato nel Nord.
Purtroppo, la mia memoria è frammentata e non arriva a un racconto preciso.
Ora comincio a chiedermi se i miei sforzi siano stati inutili.
Sto solo mostrando il mondo attraverso un’opaca percezione, la quale cambia forma piano piano.”
Una sedia lontana da terra e una piuma
Il film ci accompagna, con solenne lentezza, in un viaggio frammentato che dipinge per noi un quadro fortemente umano e profondo. La tristezza, l’ansia, l’attesa, sono raccontate fra un’animazione e l’altra, intervallate tra loro dai pensieri dell’autore.
Yamamura parla con il pubblico in modo libero, come se lo spettatore fosse entrato nella sua testa. Situazioni e pensieri s’incrociano e si districano continuamente; il pubblico non può fare altro che osservare silenzioso e attendere.
Lo scrittore, seduto su una sedia dalle gambe lunghissime e appoggiato a un grande tavolo di legno, impugna una piuma. Sembra in difficoltà. Prova a scrivere, ma i pensieri quasi lo travolgono. Attorno a lui un mondo curioso, disegnato con tratti veloci e confusi, colorato con colori tenui, che ricordano l’acquarello.
Un quadro che quasi sembra un’allucinazione, fra volti giganti e creature bizzarre.
Due personaggi, che spesso torneranno nella narrazione, prendono la piuma e la trascinano con loro creando un solco; e la storia procede.
Un uomo è appeso per un piede a una sfera gigante; noi lo osserviamo attraverso una fessura.
“How to find words to comfort someone whose life ends wandering in regret?”
Dall’illustrazione all’animazione
Il lungometraggio nasce da delle suggestioni dell’autore in seguito alla realizzazione di alcune illustrazioni e di piccoli testi per il giornale letterario “Bungaku-Kai”, pubblicato fra il 2012 e il 2014.
Yamamura sceglie di raccontare la fragilità, la confusione, la tristezza dell’uomo con grande delicatezza, procedendo nella storia attraverso pause calcolate. Lo spettatore osserva attentamente il mondo che il regista crea va pian piano attraverso le animazioni e i brevi pensieri che si alternano.
Un modo di raccontare molto profondo, che riconosce l’importanza dei sentimenti e che rende omaggio alla loro forza e fragilità.
Le animazioni presentano uno stile molto vicino all’illustrazione, caratterizzate da una colorazione simile a quella ottenuta con gli acquarelli che danno al film uno splendido aspetto materico.
Si alternano ritmi frenetici a momenti statici; macchie di colore e tratti a pastello si muovono velocemente per lo schermo, seguiti subito dopo da fermoimmagine e frasi.
“The manipulators trail off even deeper. So the fingers only tremble and twitch.”
L’ansia è nel continuo movimento, presente anche in alcune scene dove i soggetti sono fermi, ma le linee di contorno, la luce e le ombre continuano a variare. La tristezza e l’incertezza vivono in immagini statiche.
Quadri che alternano stati d’animo profondamente diversi fra loro, ma che si uniscono nell’esperienza umana, andando a creare un lungometraggio profondamente toccante.
“A billion years of the past will blink if you breathe in the “now”; the world and I are just the same scale.”
Koji Yamamura sceglie di raccontare queste esperienze, capaci di coinvolgere tutti gli spettatori, con la speranza di portare al pubblico un piccolo sollievo. Una storia universale che ci regala una strana sensazione di conforto; consolazione nel sapere che non si è soli ad affrontare lo strano viaggio che è l’esistenza.
“Continuing on in these Norths, day after day, sustains my hope and my despair.”
Da vedere più volte, Dozens of Norths è sicuramente un film che richiede concentrazione, ma che ripaga abbondantemente lo spettatore, lasciando molti spunti per interrogarsi su di noi e sul mondo che ci circonda.