‘Satoshi Kon: the illusionist’: l’eredità tangibile di un regista metafisico
Un ritratto del maestro dell'animazione a undici anni dalla sua scomparsa. La figura di Satoshi Kon è descritta da coloro che lo hanno conosciuto e ne sono stati influenzati
Satoshi Kon: the illusionist di Pascal-AlexVincent, il documentario, racconta la vita e la carriera del maestro attraverso le sue opere principali e le parole di chi lo ha conosciuto.
Il film, presentato al Future Film Festival, è realizzato da una coproduzione che vede coinvolte le case francesi Carlotta Films e Allerton Films e le giapponesi Genko e Eurospace Inc.
Satoshi Kon: la grande influenza
Così lo definiscono Rodney Rothman (regista di Spider-man: un nuovo universo) e Darren Aronosfky, che con lui intrattenne un rapporto di amicizia e reciproca influenza.
Il documentario presenta in maniera lineare il percorso artistico di Satoshi Kon, dall’esordio di Perfect Blue (1997) fino all’incompiuto The Dreaming Machine.
Importanti le testimonianze di artisti del calibro di Mamoru Oshii, Masayuki Murai, Mamoru Hosoda e molti altri.
Da quanto raccontano emerge che l’opera di Satoshi Kon può essere vista come un continuum: ogni film contiene in potenza quelli che seguiranno e le tematiche si succedono analizzate da prospettive diverse.
Il documentario presenta in maniera lineare il percorso artistico di Satoshi Kon, dall’esordio di Perfect Blue (1997) fino all’incompiuto The Dreaming Machine.
Un ritratto tematico
Importanti le testimonianze di artisti del calibro di Mamoru Oshii, Masayuki Murai, Mamoru Hosoda e molti altri.
Da quanto raccontano emerge che l’opera di Satoshi Kon può essere vista come un continuum: ogni film contiene in potenza quelli che seguiranno e le tematiche si succedono analizzate da prospettive diverse.
La fusione fra sogno e realtà nell’opera di Satoshi Kon
In tutta la filmografia di Satoshi Kon troviamo temi ricorrenti come: l’illusione, il doppio, la paranoie.
L’essere umano è preda delle sue fantasie inconsce cui non può sottrarsi, che ne condizionano pienamente l’esistenza, al punto tale che ogni barriera viene abbattuta.
La parata dei sogni irrompe nella realtà, strani e buffi personaggi percorrono le strade di Tokyo sotto gli occhi di tutti.
Il finale di Paprika come sintesi di un’opera
Un finale, quello di Paprika (2006), che è la sintesi di quanto detto finora, mostrato sullo schermo in un’esplosione di colori e lucida follia.
In questo sono significative le parole di Yasutaka Tsutsui , autore di The Girl Who Leapt Through Time, da cui il film è tratto, considerata per anni un opera inconciliabile con lo stilema cinematografico.
Lo stile dell’opera
Il documentario procede molto spedito nell’analisi della figura. Il racconto si svolge secondo una forma classica che vede l’accostamento di interviste a immagini di repertorio e brani tratti dai vari film.
Timidamente si tenta un approccio di commistione dei materiali, come quando vediamo Satoshi Kon comparire in un intervista alla televisione in Perfect Blue.
L’approccio documentaristico
L’impressione tuttavia è che manchi sempre qualcosa, che il documentario si limiti a una fredda e tratteggiata ricostruzione di una figura complessa e vulcanica come quella di Satoshi Kon.
Un film consigliato, ricco di aneddoti, adatto achi vuole farsi un’idea dell’artista, ma non abbastanza approfondito da svelare qualcosa di significativo su un personaggio così importante per il mondo del cinema e dell’arte.