Disponibile su Prime Video la serie So cosa hai fatto riprende le suggestioni dell’omonima pellicola con Sarah Michelle Gellar e Freddie Prinze Jr. e ne fa qualcosa di nuovo e godibile.
Mantenendo al centro della storia il punto di vista adolescenziale, il progetto non trascura però la controparte adulta, responsabile, per molti versi, dei comportamenti illeciti e sconsiderati dei giovani.
So cosa hai fatto – la serie | La trama
Lennon e Allison (Madison Iseman) sono due sorelle, gemelle nel fisico, ma profondamente diverse nel carattere e negli atteggiamenti. Cresciute da sole con il padre, Bruce (Bill Heck), dopo il suicidio della madre appartenente a una setta, le ragazze hanno subito un trauma così grande che le conseguenze hanno profonde ripercussioni sulla loro quotidianità.
Conoscevamo solo le maschere.
Durante la festa del diploma, le due discutono animatamente a causa di un ragazzo, Dylan (Ezekiel Goodman). Lennon, ubriaca, sale sul suo SUV e viene raggiunta dagli amici, Margot (Brianne Tju), Riley (Ashey Moore) e Johnny (Sebastian Amoruso). Mentre sono lanciati a folle velocità su una superstrada nel mezzo del deserto con la musica altissima e la droga in circolo, investono un essere umano sulla strada.
La scoperta del corpo getta il gruppo nella disperazione più totale, trattandosi di Allison, la gemella di Lennon, responsabile perché alla guida. Da ciò una serie di reazioni a catena senza precedenti.
Mistero e colpi di scena, gli ingredienti della serie Amazon
La nuova serie partorita da quel grande serbatoio che sono gli Amazon Studios ha un potenziale narrativo enorme. Riesce però a sfruttarlo solo in parte, prima che la solita (e un po’ banale) ricerca del colpo di scena intervenga a riportarlo nella media.
Stilisticamente So cosa hai fatto può contare sulla creazione di un’atmosfera avvolgente, densa, enigmatica. L’oscurità è forse l’elemento che ricorre più spesso e in cui brancolano tutti (o quasi) i personaggi. La stessa maschera da loro costantemente indossata li costringe a mentire e a nascondersi, per cui ogni azione sembra frutto di una mente estranea e perversa.
Nessuno conosce l’altro fino in fondo, non gli è permesso, dal momento che è l’apparenza che conta e i sentimenti vengono falsati da questo contesto pieno di (pre)giudizi, maldicenze, falsità. Quando entrano in gioco i dubbi, la coscienza prova a risvegliarsi, ma fare i conti con determinate questioni può spingere sull’orlo di un precipizio dal quale non è semplice salvarsi.
L’amicizia come ancora di salvezza
Invece di rappresentare un’ancora a cui aggrapparsi, la famiglia conferma la rovina nella quale i ragazzi sono cresciuti. Spetta allora all’amicizia il compito più difficile. Ma anch’essa necessita di una base solida, vera, tenace, al fine di riuscire là dove i genitori hanno disgraziatamente fallito.
Non importa cosa fai, la gente si farà male.
I teenager protagonisti provano con tutte le loro forze a sollevarsi dalla melma in cui sono finiti, ma è una missione sin troppo ardua. Combattere con i propri demoni personali e con scelte irrimediabilmente sbagliate, trasforma persino l’essere più integerrimo e sensibile.
L’identità si perde nel groviglio di bugie
L’affetto perde il suo potere curativo, virando verso l’ossessione; i confini dell’identità sfumano, lasciandosi dietro solo ombre e solitudine.
Tramite la tecnica del flashback, lo spettatore ripercorre le tappe che hanno condotto Allison, Lennon e il resto del nutrito gruppo di personaggi in balia di un groviglio di bugie senza ritorno. I dettagli sanguinolenti ricordano l’horror cinematografico di riferimento, calcando spesso la mano su una violenza fisica che è inevitabilmente figlia di quella psicologica.
*Salve sono Sabrina, se volete leggere altri miei articoli cliccate qui.