Tra gli elementi segnanti di Le stanze di Rol, la sezione del Torino Film Festival dedicata al cinema di genere, c’è il viaggio verso l’oscurità. Un ritorno ad essa, per meglio dire, a partire da elementi del quotidiano, dal conforto familiare che non è mai tale e che nasconde un inabissamento che costruisce attorno all’immagine il proprio asse. Se Coming Home in the Dark, film d’apertura, introietta quel viaggio sin dal titolo, What Josiah Saw, diretto da Vincent Grashaw, lo rilancia, sprofondando ancor più nel torbido di un’America in disgregazione.
What Josiah Saw: la trama
Josiah e il figlio Tommy abitano in una vecchia fattoria alle porte di una cittadina. La loro famiglia è rimasta scossa dal suicidio della madre, avvenuto molti anni prima. Tuttora vivido nella mente di entrambi e in particolare di Tommy, che dice di vederla ancora in veste di fantasma. L’offerta di acquisto per la fattoria da parte di una compagnia petrolifera spinge gli altri due figli, Eli e Mary, che si erano trasferiti altrove, a ritornare nel luogo dove sono cresciuti. Sarà anche l’occasione per fare i conti con il passato e con i segni che ha lasciato.
La genesi orrorifica del presente
Da sempre nel cinema, soprattutto quello di genere, il passato appare spesso come una minaccia dalla quale emergono orrori e drammi. Può essere sepolto, dimenticato, labile, ma da esso non c’è via di fuga e se non vi si fanno i conti torna a rigenerarsi, a diramarsi nel profondo. È così anche in What Josiah Saw, ma la sostanziale differenza è il contesto originario tutt’altro che idilliaco. Siamo ben lontani dalla famiglia tradizionale e serena nel quale irrompe il passato a turbare la stabilità. Nel corso dei capitoli nel quale è suddiviso il film compare il ritratto di una famiglia estremamente disfunzionale, che a seguito del suicidio della madre si è lacerata, generando tormenti psicologici indelebili.
Segni rimasti in primis in Tommy, che vive ancora nella casa in cui è nato, con il mefistofelico padre con cui ha rapporti morbosi ed enigmatici. Neppure l’allontanamento ha esentato gli altri due fratelli, Eli e Mary, che hanno provato a costruirsi una nuova vita finendo per essere coinvolti in casi di pedofilia, il primo, e di una maternità traumatica, la seconda. L’orrore dunque è nel presente, emanazione visionaria di un passato che non è mai stato superato e non può essere sanato. Un orrore, amplificato da una religiosità malsana (il biblico Josiah), con cui si può solo convivere e che diventa sinistramente naturale.
Quella di Vincent Grashaw è un’immersione allucinata nel torbido non solo di una famiglia, ma di una comunità. Di una società. Ma anche dell’immagine stessa, che in What Josiah Saw è tracimante, sporca, goticheggiante, pervasa da un terrore che serpeggia visceralmente, ricordando il cinema di Lynch. Ed è su questo che lavora Grashaw, dando forma all’impalpabile e all’indefinibile e muovendosi tra la superficie e la profondità psicologica, in un film feroce e fuori misura, come lo è la realtà narrata.
Qui i vincitori della 39° edizione del Torino Film Festival.