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‘The Unforgivable’ con Sandra Bullock su Netflix, sulla fiamma del peccato arde un buon thriller drammatico

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Lo sguardo spento e un po’ inerte di Sandra Bullock è quello di una donna che esce dal carcere, con peccati da farsi perdonare e peccatori pronti a prenderla di mira. Fisicamente. A prendere contatto con l’atmosfera grigia e l’anima nera di The Unforgivable di Nora Fingscheidt, si ha da subito la sensazione che si tratti di uno di quei thriller di marca hollywoodiana, buon mestiere, dramma grossolano e passo più o meno stanco, che ogni spettatore avrà visto a dozzine.

Non si è troppo lontani dal vero, ma sarebbe imperdonabile liquidare il film della regista tedesca – fattasi notare nel 2019 per System Crasher – come film dozzinale per piattaforme. In questo caso, Netflix. Se non altro, per un doppio sforzo che aggiunge un po’ di spessore alla forma piatta.

Da un lato, c’è il tentativo riuscito di adattare una miniserie britannica del 2009 – ora si capisce il grigiore stile Yorkshire – abbastanza mini, di 135 minuti (il film ne ha 21 in meno). Dall’altro, quello di manipolare con una certa fluidità i dispositivi di genere: nei delitti del passato e nel futuro sotto minaccia armata, The Unforgivable è un thriller; nei tormenti personali e familiari del presente è un dramma; nelle colpe e nelle maledizioni onnipresenti, conta persino una spruzzata di noir. Con tanta carne al fuoco, rischia di essere un polpettone, ma almeno non è insipido.

Il trailer

La trama

Ruth Slater (Sandra Bullock) esce di prigione, dove ha scontato 20 anni per aver ucciso uno sceriffo che cercava di sfrattarla insieme alla sorellina di 5 anni dalla casa familiare di Shohomish, Wisconsin. Ad attenderla nell’aria livida del mondo fuori non c’è nessuno, se non il severo agente di custodia (Rob Morgan). Ma la sua scarcerazione, da qualche parte, sembra agitare i pensieri di qualcuno. La sorella Katie (Aisling Franciosi), che tra confusi flash ha dimenticato i fatti luttuosi dell’infanzia nella famiglia d’adozione, proprio quel giorno ha un incidente d’auto: un calo di lucidità dovuto alle notti insonni. Altrove, i due figli dello sceriffo – il maggiore più impetuoso, il minore più prudente – meditano vendetta. Intenzionata a mettersi in contatto con Katie, nonostante le resistenze dei genitori acquisiti (Richard Thomas e Linda Emond), Ruth prova a rifarsi una vita. Cerca un lavoro, a dispetto dello stigma di ammazza-poliziotti. Trova la vecchia casa, dove intanto si è insediata una famiglia. Ci vivono, coi figli, un avvocato di buon cuore (Vincent D’Onofrio) e la diffidente consorte (Viola Davis), una dei tanti che disprezza Ruth per l’antico delitto. Maledette maledizioni.

La fiamma del peccato

Libertà e paura. Una delle prime, iconiche inquadrature di The Unforgivable di Nora Fingscheidt è nell’immagine emblematica di Sandra Bullock di spalle, appena fuori dal freddo metallico delle cancellate del penitenziario, esitante a tuffarsi nel gelo di una società poco incline a perdonare le colpe. Anche quelle già duramente scontate. I pochi secondi di smarrimento appaiono interminabili rispetto al ritmo serrato del montaggio precedente, in cui è già seminato, nell’accenno di flashback e backstory, il dubbio di un passato oscuro, che è dannazione presente. Maledizione, appunto.

Facciamo tutti cose che non dovremmo, ma poi ci rimettiamo in carreggiata. Giusto?

È quanto dice Ruth in uno dei dialoghi del film. Senza esserne troppo convinta. Perché per tutto il resto del suo percorso, sin dall’ingresso nello squallido dormitorio di Chinatown – che sembra peggio della gattabuia da cui è uscita – non le si fa che ricordare di essere una pregiudicata, un’ammazza-poliziotti, un’assassina. Si potrebbe fare la conta di quante volte le sia inflitta a parole l’imputazione. Facendone, a lettere scarlatte, una unforgivable.

I doppiogiochisti

La redenzione impossibile, la persecuzione del passato, i tentativi di una nuova vita che vengono presto assorbiti nel gorgo nero di minacce risorgenti, apparterrebbero, in realtà, più alle pene del girone del noir, che di quello del thriller. Il ricordo offuscato, che l’editing – a costo di spezzare la narrazione – recupera in flashback frammentari, sembra persino aggiungere un tocco lontanamente onirico, che corrisponderebbe all’umore da specchio offuscato del genere. Tanto più che sono sotto medicinali sia la figlia Katie che uno dei figli dello sceriffo: allusioni – di segno opposto – ai malesseri della psiche. Come nei tanti personaggi rotten, marci, del noir classico d’ispirazione melodrammatica.

The Unforgivable: Sandra Bullock (Ruth) allo specchio. Copyright: KIMBERLEY FRENCH/NETFLIX

Ma c’è un altro elemento che contribuisce, a suo modo, a rendere più velata la lettura di The Unforgivable. Si tratta degli smottamenti sul fronte dei buoni e dei cattivi. Oltre al dubbio, che accompagna lo stesso spettatore circa la responsabilità effettiva di Ruth nel reato che le ha segnato la vita, altri personaggi – con maggiore o minore semplicismo – s’inquadrano con difficoltà di focalizzazione. Si sarebbe tentati di simpatizzare per l’agente di custodia, ma è proprio lui a sintetizzare con durezza il distintivo che aspetta Ruth all’esterno del carcere:

(Ruth) Devo essere una pregiudicata ovunque?
(Agente Cross) No, sei un’ammazza-poliziotti. Prima lo accetti, meglio è.

Tra i due figli dello sceriffo, poi, è una continua osmosi di nevrosi: due facce di uno stesso desiderio di vendetta. Anche il collega di buon cuore del lavoro notturno di Ruth (Jon Bernthal, lo Shane Walsh di The Walking Dead) ha il suo libro nero dei ricordi, mentre Viola Davis è un’ostile padrone di casa, pronta a rovesciare l’inimicizia per solidarietà materna.

Le tre madri

Tra le scene di maggiore intensità drammatica, che qualificano The Unforgivable come un film tutto sommato sensibile, nonostante i cliché hollywoodiani, ci sono proprio le tacite – o urlate – intese tra le madri e Ruth. C’è, ad esempio, una certa finezza, nel colloquio tra quest’ultima e i genitori adottivi di Katie, su come all’atteggiamento difensivo del marito corrisponda l’esitazione della moglie: uno spiraglio di empatia genitoriale nei confronti di Ruth, che da sorella maggiore orfana ha fatto praticamente da madre alla sorellina. È il preludio agli stessi dubbi che rovesceranno l’abile interpretazione di Viola Davis, allorché capirà meglio il sacrificio e l’amore di Ruth per Katie.

The Unforgivable: in un film dal buon cast, è a Sandra Bullock che si affidano le sfumature più complesse del dramma

Proprio a Ruth, catalizzatrice nel male e nel bene di pregiudizio o comprensione, per il suo delitto e per il suo castigo, Sandra Bullock doveva conferire pienezza emotiva. Ci è riuscita? A volte l’impressione è che la sua ritrosia addolorata sia piuttosto il frutto di un’espressione vagamente imbambolata, come nell’ultimo Sylvester Stallone. Ma non si può negare come, almeno d’esperienza, in alcuni momenti sappia infondere l’opportuna coloritura d’emozione. Così quando, appena dopo aver confessato il proprio passato al collega, capisce che l’appuntamento è finito. E male. E cammina, seguita dalla macchina da presa, con l’animo ancora più appesantito di solitudine nell’indifferenza dei marciapiedi. All’incrocio con la suspense, dunque, il dramma finisce per convincere.

The Unforgivable: Sandra Bullock e Jon Bernthal al tavolo in un appuntamento complicato

A suo modo, dunque, The Unforgivable di Nora Fingscheidt riesce a contemperare i twist e i doppi giochi del thriller con la credibilità del dramma, nell’ombra noir dei peccati senza redenzione. Che l’equilibrio sia un po’ anonimo, è perdonabile.

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