Lievito è un film documentario di Cyop&Kaf presentato al festival di Torino 2021. Alla loro seconda esperienza cinematografica, gli street artist napoletani, ci regalano un lungometraggio low budget con un concept interessante. Il film, prodotto dalla Parallelo 41 in collaborazione con Rai cinema, riprende le tematiche trattate nella precedente opera della coppia: Il Segreto, candidata al David di Donatello.
L’interesse per i giovani e per le loro storie è il punto cardine della loro cinematografia, finora composta da due opere. In questo caso, però, l’eterogeneità della storia rende il film un po’ vago nei temi. Il film infatti non riesce a focalizzarsi su un concetto chiave e ad emozionare come dovrebbe. Nonostante tutto, i due artisti ci presentano momenti di alto cinema e inquadrature molto interessanti, capaci di stupire anche lo spettatore più smaliziato.
La trama di Lievito
Lievito presenta diversi momenti di narrazione alternati nel corso della storia. Questi non sono connessi tra loro, se non attraverso alcuni elementi comuni. Ogni episodio comprende: la presenza di un gruppo di ragazzi, le figure adulte intente a insegnare e dialogare con i giovani, la manifestazione di un’arte (dal teatro alle arti marziali). Gli episodi a loro volta vengono intervallati da momenti di narrazione da parte di Bruno Leone, membro del teatro dei burattini, e da Peppe Carini, maestro d’infanzia.
I momenti dedicati a queste due personalità descrivono, grazie a uno sguardo sul passato, luci e ombre del rapporto allievo-maestro. Le diverse storie, che poi saranno più o meno approfondite, hanno diverse potenzialità: alcune non presentano una grande forza emotiva e risultano alquanto raffazzonate.
Lievito I padri della street art napoletana
Cyop&Kaf, definiti i padri della street art napoletana, sin da giovanissimi iniziarono a farsi conoscere nei quartieri spagnoli di Napoli grazie ai loro murales dai colori primari accesi. Si dice che siano stati gli stessi abitanti dei quartieri ad aver richiesto alcuni graffiti sulle pareti della zona.
Il passaggio dalla street art al cinema è comunque connesso alle loro origini e anche in questo documentario il sapore underground si sente. “Dopo aver mostrato le avventure di un gruppo di ragazzi di strada napoletani nel film Il Segreto,abbiamo continuato a interagire con bambini e adolescenti della città, usando ‘anche’ la telecamera per interrogarci sulle nostre pratiche e sulle loro condizioni di vita, sui modi e le opportunità di ogni alleanza possibile.
“Lievito è il frammento di un percorso di osservazione e riflessione cominciato più di vent’anni fa. Ciò che mostra – il rapporto tra adulti e adolescenti nello spazio intermedio che cresce tra la strada, la famiglia e la scuola – è al centro della nostra poetica. Da questa vicinanza deriva anche il modo di filmare e in certi momenti l’incrocio quasi letterale tra le nostre azioni e la trama del film”.
Queste sono le parole dei due artisti, che trovano nel reale l’essenza del loro stile.Sebbene il reparto artistico porti con sé questo sapore altamente low budget, i due registi riescono a regalarci immagini ad alto impatto emotivo, anche grazie ad una composizione fotografica tanto sporca quanto interessante.
Lievito Il rapporto insegnante-allievo
L’argomento cardine del film è però il rapporto tra chi insegna e chi impara. Restano vive nel cuore dello spettatore le sequenze in cui è protagonista il gruppo di teatro. In queste il dialogo diviene strumento fondamentale per aprirsi ai ragazzi e per far convivere un’arte così antica con una generazione così distante.
Il film trae la sua forza da momenti come questi, si allontana dallo stilismo più esasperato e prova a far passare un messaggio attraverso la quotidianità. Purtroppo si perde tra le diverse storie, non riuscendo ad essere abbastanza incisivo, confondendosi con una vasta gamma di documentari che trattano i temi del sociale, non riuscendo ad essere efficace come vorrebbe.