Lawrence, docufilm di Giada Diano ed Elisa Polimeni, ritrae uno dei più grandi artisti della Beat Generation, Lawrence Ferlinghetti. Il film sarà distribuito in Italia da Garden Film a partire dal 9 dicembre.
Lawrence il protagonista
Lawrence è un ritratto intimo e ironico di Lawrence Ferlinghetti, poeta americano di origini francesi, ebree sefardite e portoghesi.
Il padre, Carlo Ferlinghetti, nasce a Brescia nel 1872 da una famiglia proveniente da Bovegno ed emigra negli Stati Uniti nel 1894. Viene naturalizzato nel 1896, ma muore sei mesi prima la nascita di Lawrence e, poco dopo la nascita, la madre viene ricoverata in manicomio. Lawrence è affidato alla zia, con cui vive i primi cinque anni a Strasburgo, finché la zia viene assunta come governante a New York. I datori di lavoro, i Bislands, adottano Lawrence e gli permettono di studiare giornalismo tra la Mount Hermon School e l’Università della Carolina del Nord a Chapel Hill.
Durante la seconda guerra mondiale, Ferlinghetti si arruola nella marina militare: non appena gli viene richiesto il certificato di nascita, Ferlinghetti scopre che il padre ha cambiato l’originale cognome italiano in Ferling.
In seguito, Ferlinghetti ottiene un diploma post-laurea alla Columbia University e un dottorato alla Sorbona. A questo punto, insegna francese, diventa critico letterario e dipinge.
Nel 1953 si stabilisce a San Francisco, dove fonda la libreria e casa editrice City Lights – a partire dall’amato film di Charlie Chaplin.
Finisce in prigione per la pubblicazione di Urlo (Allen Ginsberg, 1956), con l’accusa di oscenità. Tuttavia, con la sua casa editrice, pubblica i primi lavori letterari della Beat Generation, tra cui Jack Kerouac e Allen Ginsberg.
Lawrence la trama
Il documentario è girato in luoghi iconici di San Francisco e della Bay Area, come la City Lights Bookstore e lo studio d’artista di Ferlinghetti a Hunter’s Point.
Ferlinghetti si racconta con grande spontaneità, spaziando tra vicende personali (la faticosa ricerca delle radici, la scoperta delle origini italiane, l’arrivo a San Francisco) e temi socio-culturali o politici (la nascita della City Lights, il fenomeno della beat generation, il dissenso politico e l’ecologismo). Si tratta di una sorta di confessione inedita sulla sua vita.
Gli straordinari meriti di Ferlinghetti come poeta, pittore, editore e difensore della libertà di parola hanno lasciato un’impronta indelebile nella storia letteraria e culturale americana.
La regia
La narrazione inizia dalle riprese dell’intervista all’ormai centenario Ferlinghetti, ma passa anche attraverso le giocose e variopinte animazioni che contestualizzano le parole del poeta o che fanno loro da sfondo.
“Puoi conquistare i conquistatori con le parole.”
La storia è un vero e proprio viaggio tra le immagini: si susseguono inquadrature di paesaggi, statici e silenziosi, e vivaci primi (o primissimi) piani del poeta.
La contrapposizione, però, non è solo tra uomo e natura. In Lawrence compare un’ulteriore dicotomia, quella tra gli Stati Uniti e l’Italia: da una parte l’origine del successo, dall’altra l’origine della vita. Ferlinghetti va alla ricerca del padre e, in qualche modo, anche alla scoperta di sé stesso.
La modalità narrativa
La voce di Ferlinghetti funge da collante fra le varie parti del racconto.
Il film inizia con la declamazione di una poesia, che apre uno squarcio sul mondo dell’autore e che s’interroga sul significato stesso della poesia.
“A che serve la poesia? Lo stato del mondo reclama a gran voce che la poesia lo salvi.”
Ferlinghetti dà corpo ai suoi testi, corredando le immagini di un voice over intenso e coinvolgente.
I temi
Usa un tono spesso ironico e leggero, ma non pecca mai di superficialità.
Punto di riferimento della Beat Generation, l’autore racconta le peregrinazioni attraverso l’Italia e rivela con apparente semplicità alcuni retroscena drammatici della sua vita.
Ferlinghetti confessa la prigionia, durata diciannove giorni presso Santa Rita (California). Eppure, si riconosce fortunato per non essere stato picchiato, come accaduto all’amico Jack Hirschman.
Un’altra, immensa zona d’ombra è la scomparsa dell’amico e poeta Allen Ginsberg, che
Muore la morte che ognuno muore / Muore la morte del poeta
Il nucleo fondamentale del discorso è, dunque, l’amicizia. Più in generale, emerge un senso complessivo di comprensione e uno slancio verso la più genuina libertà.
Il tono pacato e gentile di Ferlinghetti s’irradia tutt’attorno a lui, infondendo una quiete che ammanta lo spettatore.