Il mio negozio, finalmente l’autunno.
Colonna sonora Terra tremuit della Ensemble Organum CIRMA.
Dopo una pausa durata tutta un’estate che sembrava non finire mai, torno alla tastiera e alle recensioni da cui mi sono tenuto lontano per vari motivi.
Artistici (stavo finendo il disco del trentennale del mio gruppo) e lavorativi e poi diciamolo, per il mio campo d’azione specifico, le restrizioni sanitarie agli eventi sociali significano spesso meno argomenti di cui parlare.
Già, perché in un ambiente come quello del cinema horror e fantastico che in Italia è considerato un po’ come lo zio matto da tenere nascosto in soffitta, le notizie, i fatti, le persone e le situazioni interessanti in genere è necessario andarle a scovare di persona negli appuntamenti dedicati.
Questa maledetta pandemia, con l’imposta modalità del lavoro a distanza, ha falcidiato le occasioni e gli stimoli interessanti per il mio gusto.
Ma per fortuna il grande capo, che conosce bene i suoi polli, sa come risvegliare il mio interesse sopito.
In questo caso la combo è davvero imperdibile e stuzzicante perché in un colpo solo acchiappa due persone che da sempre seguo.
Ho visionato per voi (e per il mio piacere) il secondo episodio de Il giro dell’horror, una serie di documentari sul vasto e apprezzato (all’estero) panorama dell’horror all’italiana ideato, scritto e condotto dall’amico Luca Ruocco, per la regia di Paolo Gaudio.
La serie ha una vocazione certamente tesa alla divulgazione, ma essendo Luca un sincero appassionato, non manca dello spessore e degli approfondimenti capaci di solleticare la curiosità e le aspettative anche dei più accaniti esperti del genere.
Non dimentichiamo che Ruocco e Rossi tennero a galla, forse salvandolo dall’oblio, un bene comune come il Fantafestival, assumendone eroicamente la direzione artistica nei suoi anni più cupi, con la “gloria” come sola mercede.
Detto questo, ciò che di Luca, oltre alla sconfinata cultura cinefila, ho sempre apprezzato è la spiccata ironia.
Quindi un documentario che porta la sua firma non può esimersi dal riflettere questo suo marcato aspetto caratteriale.
Il trait d’union della serie è quello di una sgangherata redazione con il regista, deus ex machina presente come voce fuori campo, e Luca Ruocco nei panni di se stesso, improbabile giornalista che si avvale di collaboratori ancora più improbabili per condurre le sue interviste.
Va fatto notare che la successione delle tematiche segue una modalità molto divertente.
Infatti, è l’ospite di turno a scegliere il soggetto del successivo focus.
Dopo aver incontrato il controverso Domiziano Cristopharo, personaggio estremo, amato od odiato senza mezze misure, il secondo episodio della serie si presenta con un titolo che è tutto un programma: Sette note in meno.
Chi conosce la mia passione fulciana sa bene che al solo sentirlo sono suonate più campanelle nella mia testa che in tutta San Pietro.
E a proposito di suonare infatti il destinatario delle attenzioni di Luca è nientepopodimeno che il maestro Fabio Frizzi.
Ovviamente nel mio caso non ci sarebbe nulla da dire per introdurre il personaggio, ma a voi banda di ignoranti senza Dio che vi state chiedendo chi sia, basti sapere che stiamo parlando del musicista che ha curato praticamente il 90% delle colonne sonore di tutta la produzione fulciana.
L’eminenza grigia dietro le quinte che ha contribuito non poco a creare la leggenda del “poeta del macabro”.
Ho incrociato Frizzi un paio di volte nel periodo in cui frequentavo assiduamente casa Fulci e la dimensione della sua modestia, della sua umanità e del suo spirito sta tutta nel fatto che ai nostri successivi incontri occasionali a festival e concerti, sia sempre stato lui a riconoscermi e venirmi a salutare.
Ora al di là delle mie ridicole capacità di fisionomista, per le quali non riconoscerei nemmeno mia madre se non sapessi dove abita, questo dovrebbe far capire quanto Fabio sia un tipo alla mano.
Lato caratteriale che conferma una volta di più accettando di farsi rapire, legare e intervistare dopo essersi fatto bastonare con un ukulele da un tizio vestito alla guisa di Pantalone che fa da assistente a Ruocco in questa puntata.
Legato come un salame, ma compassato come un lord Inglese, Frizzi ci racconta della sua vita, partendo dagli studi in giurisprudenza, conseguiti e mai messi a profitto.
Per fortuna aggiungo io, visto che di avvocati ce n‘è fin troppi mentre di bravi musicisti, specie se impegnati nel cinema, la carestia è profonda.
Ci racconta dell’eroico periodo delle “cantine” romane in cui si formavano le bands negli anni ‘60 e ‘70.
Pionieristico, genuino e fecondo periodo, molto prima dell’avvento di autentiche iatture come X-Factor, in cui ci si approcciava alla musica per passione, amore, amicizia e perché no? anche per rimorchiare qualche ragazza.
Fabio Frizzi passa poi al suo approccio al cinema con la Ballata di Fantozzi fino ad arrivare all’incontro che segnò per sempre la sua vita, quello con Fulci.
Il terrorista dei generi, noto per la sua scontrosità, aveva la gran dote di saper scegliere al meglio i propri collaboratori.
Frizzi conferma questa caratteristica parlandoci di come Lucio apprezzasse molto il giocare con i contrasti tra una musica delicata e immagini forti.
L’esperienza fulciana indubbiamente gli diede la possibilità di sperimentare nuove vie per spiegare le immagini con i suoni articolando un percorso che si sviluppò nel corso degli anni fino a prendere la forma definitiva nel progetto Frizzi to Fulci.
Spettacolo di grande successo mondiale attraverso il quale, portando le musiche dei suoi film in tutto il mondo, Fabio – oltre a rendere un omaggio all’amico regista – ci dimostra quanto la complessità organica del racconto musicale possa vivere in una dimensione che travalichi i confini dello schermo per il quale è nato.
Applausi in piedi al maestro per il suo lavoro e la passione con cui si sforza di spiegarlo a tutti, profani per primi.
Applausi a scena aperta a Luca che ci regala un’altra perla attraverso la quale divertendoci possiamo imparare a riscoprire quel patrimonio culturale italiano quale è il cinema di genere, apprezzato in tutto il mondo… meno che in Italia.
Dai Luca, forse almeno tu riesci a farglielo capire!
Colonna sonora : Mystery’s Apotheosis (da Paura nella città dei morti viventi) di Fabio Frizzi.
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