In concorso al Torino Film Festival, dopo essere passata anche al Sundance, El Planeta, l’opera prima dell’artista argentina Amalia Ulman, è una commedia nerissima dal sapore indie, tra amore filiale e vite disastrate.
El Planeta: Trama
Leo (Amalia Ulman), dopo la morte del padre, lascia gli studi a Londra per tornare a Gijon, Spagna, dove sua madre (Ale Ulman, vera madre della regista) sta per essere sfrattata. Questo sarà per le due donne l’inizio di una vita di espedienti, tra piccole truffe, furtarelli e raggiri vari, per continuare a vivere nel simulacro di una vita ormai fuori dalla loro portata. Nell’attesa che tutto crolli definitivamente.
“Fino a qui tutto bene”
Vivere al di sopra delle proprie possibilità, cercando di non pensare allo schianto imminente. È la vita che si sono ritrovate a vivere Leo e sua madre. L’arte di arrangiarsi come unico, cocciuto tentativo di mantenere uno stile di vita oramai perduto per sempre. A vederlo così è senza dubbio un dramma quello di El Planeta. Un dramma che, però, l’esordiente regista Amalia Ulman, già artista affermata, decide di raccontare con i toni leggeri della commedia, regalando alle sue due disastrate protagoniste il dono dell’empatia.
La danza della disperazione
Guardando al cinema indie americano degli anni 80 e 90, in particolare a quello di Jim Jarmusch, la Ulman confeziona così una commedia nera che è anche il ritratto drammatico di un paese in crisi. Attraverso il bianco e nero di Carlos Rigo Bellver va così in scena una danza della disperazione fatta di scene ora esilaranti (la sfortuna di Leo con i partner occasionali) ora patetiche (le sparute prese di coscienza delle due donne sulla loro situazione), in cui i personaggi spiccano come maschere tragicomiche.
Una storia d’amore
Eppure, al di là della sua critica sociale e del suo stile debordante fatto di inquadrature fisse e bizzarre dissolvenze kitsch, El Planeta è soprattutto una storia d’amore. Quello tra una madre e una figlia unite nella farsa che è diventata la loro vita. È nei loro momenti insieme, nei loro sotterfugi e nei loro battibecchi che sta infatti tutto il senso del film. Un’opera intrisa di amore per le sue antieroine che la regista guarda, nonostante tutto, con affetto partecipe e con uno sguardo che dal particolare abbraccia un’intera società colpevole.