T’as pas le droit d’avoir moins mal que moi “Non hai diritto di avere meno male di me”.
Si j’ai mal c’est pas normal que toi
Tu n’aies pas mal
T’as pas le droit d’avoir moins mal que moi
Ta douleur à ma douleur se doit d’être égale…
Non hai il diritto di avere meno male di me
Se sto male non è normale che tu non stia male
Il tuo dolore e il mio dolore devono essere uguali…
Con questi sublimi versi si apre la canzone più bella del mondo che ha reso Jane Birkin indimenticabile controparte femminile di Serge Gainsbourg già nella celeberrima “Je t’aime… moi non plus”, oltre che sua compagna di vita, madre di Charlotte e della compianta Kate.
Prima di iniziare a leggere consiglio a tutti di mettere come sottofondo la potentissima canzone che ha fatto la storia d’amore dei due protagonisti, nonché genitori di Charlotte: Non hai diritto di avere meno male di me che, come un monolite, si staglia netta su esistenze interrotte e amori finiti.
Quando l’avrete ascoltata capirete forse meglio di cosa parla il film. Inconsapevole o meno, questo meraviglioso tema, creato negli anni 80, emerge dirompente; la condivisione della sofferenza, diviene in modo apotropaico il fil rouge della comprensione anticipatrice ed empatica che si genera poi nel documentario.
Vi si racconta infatti, tra le altre cose, il dolore che separò anche fisicamente, ma legò spiritualmente ancor più madre e figlia. Questo, accantonato e poi riscoperto negli anni, (il documentario ha una gestazione di sette anni) è condiviso da entrambe nella perdita sia del marito/padre Serge che di Kate, un figlia/sorella tanto amata.
“La spinta nasce dal voler riguardare la propria madre con occhi nuovi e diversi – racconta Charlotte – senza giudizio o colpe, ma anche alla luce dei recenti problemi di salute di Jane”.
I luoghi del documentario
Jane Birkin vista da Charlotte Gainsbourg. Da madre a figlia, passaggio di talenti e lettera d’amore, diario di bordo di sette anni, che cristallizza nel film d’esordio alla regia, il rapporto di arte e vita, pieno di sfumature con la madre inglese. Con occhio un pò timido e un pò voyeur, entriamo nei luoghi segreti, nei silenzi, negli endroit, come nella bellissima casa-museo di Parigi, 5 Rue de Verneuil o la villa in Bretagna che hanno contribuito a generare, attraverso l’invisibile genius loci, le canzoni più belle dell’universo.
La voce sublime di Jane Birkin, la sua bellezza e sensualità, i testi rivoluzionari, vengono filmati da Charlotte in tutta la loro semplicità e potenza. Un’artista vista da un’artista. Una madre vista da una figlia. Uno scambio inedito nel corso degli anni che diventa una conversazione intima tra due figure imprescindibili della scena culturale francese e non solo, ma soprattutto tra una madre e una figlia. Il film sarà distribuito in Italia da Wanted.
GSS: Innanzitutto complimenti per il film. Vorrei chiederle se ho colto in modo corretto l’importanza dei luoghi, scelti: la Normandia, la casa di Serge in 5 Rue de Verneuil a Parigi, quello che si definisce il Genius Loci. I luoghi fungono per me da veri e propri protagonisti e generatori di arte. E’ così? E il Giappone come mai?
CG: All’inizio la linea scelta era differente. Volevo fare un ritratto della mamma vista dal Giappone, paese che amiamo tutte quattro (sia io, che Kate che Lu che la mamma NDR) e poi invece da New York che riguardava me, il posto dove vivevo io. Quindi era un sguardo binocolare, con una doppia prospettiva. In realtà la sua vita vista da me e da loro. Purtroppo la pandemia mi ha costretto a rileggere il film rispetto ai luoghi scelti, e così sono entrati anche gli altri spazi che vedete nel film. E quindi la Bretagna, il ritorno in Rue de Verneuil, e scoprire poi che era un desiderio di Jane da trent’anni rivedere quel luogo che fu di Kate e mio padre, anche riprendendo e mostrando le immagini in super 8. Mi sono resa conto che la conversazione non era solo un ritratto faccia a faccia con la mamma.
GSS: Quanto importante è stato il montaggio e la revisione dei materiali data la lunga pausa di anni. Perchè Jane aveva bloccato le riprese?
CG: Grazie al montaggio, che è diventato di grande aiuto, ho poi trovato cose che mi mancavano e sono state recuperate da li. Mia madre aveva bloccato le riprese perché temeva che io volessi metterla in situazioni diverse. Al contempo temeva venisse messo discussione il suo ruolo di madre. E’ rimasta scioccata. Io volevo seguirla nella sua tournée a New York, lei non ha voluto. Ha odiato quella intervista iniziale perchè Jane pensava che fosse una sorta di regolamento di conti e un giudizio sulla disparità di trattamento tra me e mia sorella Kate. Due anni dopo per fortuna ha cambiato idea. E abbiamo ricominciato. E’ quindi un film personale, che tocca cose personali. Desiderio di soddisfare e far piacere a me stessa. Dopo la morte di Kate volevo davvero una distanza fisica da Parigi e allontanarmi anche da Jane.
GSS: Charlotte ci racconta della gestazione del film
CG:«Penso che inizialmente Jane fosse un po’ in ansia per via del mio approccio. Era terrorizzata dall’idea che scavassi in aree per lei troppo personali. Volevo entrare nel nostro rapporto madre-figlia e questo l’ha colpita. Dopo le riprese in Giappone ci siamo incontrate a Parigi e le ho chiesto come avremmo dovuto procedere. Avevo programmato di girare a New York, ma lei ha detto che voleva interrompere. Era rimasta scioccata dalle sequenze in Giappone. […] Abbiamo così accantonato il progetto e nel frattempo sono passati due anni. Il rapporto con mia madre non è cambiato, ma ho perso lo slancio nel fare il film. Non riuscivo nemmeno a guardare le cose girato in Giappone e mi sono detta che forse avevo sbagliato qualcosa. Poi Jane è venuta a trovarmi a New York e le ho suggerito di guardare insieme il girato per vedere quale fosse il problema. Dopo aver guardato le immagini, ci siamo rese conto che non c’era niente di scomodo; l’intervista era molto dolce, rispettosa, ben ripresa, e Jane non riusciva nemmeno a ricordare perché avesse reagito così male. A quel punto ha accettato di continuare a fare il film».
Con il passare del tempo Charlotte Gainsbourg ha iniziato a guardare sua madre Jane Birkin in un modo in cui non aveva mai fatto, superando entrambe un comune senso di riservatezza. Grazie all’obbiettivo della macchina da presa si rivelano l’un l’altra, lasciando quindi spazio alla relazione madre-figlia che colpisce molto gli spettatori.
Bio di Charlotte (Londra, Regno Unito, 1971)
La cantante, attrice e regista ha alle spalle una lunga e prolifica carriera. Ha lavorato con molti registi, tra cui Claude Miller (La piccola ladra, 1988), Franco Zeffirelli (Jane Eyre, 1996), Alejandro González Iñarritu (21 grams, 2003), Michel Gondry (L’arte del sogno, 2006), Todd Haynes (I’m non sono qui, 2007), Gaspar Noé (Lux Aeterna, 2019), Arnaud Desplechin (I fantasmi d’Ismael, 2017) e soprattutto Lars von Trier, con il quale ha girato Antichrist (2009), per cui ha vinto il premio come Migliore attrice al Festival di Cannes, Melancholia (2011) e Nymphomaniac (2013). Jane par Charlotte (2021), che segna il suo debutto come regista, è stato presentato a Cannes. Figlia di Charles Gainsbourg, ha pubblicato diversi album da cantante, tra cui i recenti Stage Whisper (2011) e Rest (2017)