Vincitore del Teddy Awards a Berlino 2011 Tomboy è un racconto spiazzante di identità infantile.
Tomboy la storia
Laure (Zoé Héran) è una bambina di dieci anni, ha capelli cortissimi, si veste da maschiaccio e si fa chiamare Michaël dai suoi amichetti. Laure/ Michaël stringe amicizia con Lisa ( Jeanne Disson), ma prima dell’inizio della scuola sarà costretta a dirle chi è veramente.
Céline Sciamma, giovane regista italo francese, ha vinto con questo film il Teddy Award a Berlino 2011, il Premio del Pubblico come miglior lungometraggio e il Premio Ottavio Mai, assegnato dalla giuria, al 26° Torino GBTL Festival.
Non è difficile comprendere il motivo di tutti questi riconoscimenti, infatti Tomboyè un film estremamente semplice e cristallino, che tratta una tematica forte come la scoperta dell’identità in età infantile.
Il meccanismo alla base di questo film funziona come un orologio e una delle cose che senz’altro colpisce è la capacità della regista di far capire lo stato dei rapporti interpersonali fra i protagonisti, senza l’uso di lunghi e logoranti dialoghi. Come avviene nella realtà, capiamo cosa i genitori di Laure, interpretati da Spophie Cattani e Mathieu Demy, pensano di lei da uno sguardo o da una carezza che le fanno.
Ritratto pieno di calore
Tomboy (termine inglese che sta a significare “maschiaccio”) evita la banalità narrativa, poiché il disagio vissuto da Laure non deriva dall’ambiente familiare, che è dipinto da Céline Sciamma come un locus amoenus pieno di calore e allegria. In particolare il rapporto tra Laure e la sorellina Jeanne (Malonn Lévana) è riprodotto in maniera del tutto naturale e realistica, tanto da far venire i brividi. Sono proprio i momenti di gioco con la sorellina o con gli amichetti, in cui la macchina da presa insegue con sguardo sereno i piccoli protagonisti, quelli più coinvolgenti.
Laure è una bambina come tante, che però a differenza delle sue coetanee ha un segreto, con cui convive e a cui cerca di ovviare con espedienti giocosi e fantasiosi. Durante l’età infantile, tutto è possibile, la vita viene vissuta con fantasia e semplicità, Laure affronta la vita proprio così, con leggerezza e spensieratezza, come si addice ad una bambina della sua età. Per questo il film della Sciamma, non essendo la solita, facile apologia della difficoltà di sentirsi omosessuali, è molto interessante ed entra in punta di piedi a far parte di quella meravigliosa cinematografia francese sul romanzo di formazione, che parte da I quattrocento colpi di Truffaut, fino ad arrivare negli anni più recenti a Stella di Sylvie Verheyde.
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