The Siege, il cui titolo italiano è L’assedio, è il lungometraggio fuori concorso presentato al Festival dei popoli 2021 (qui per tutto il programma) da Marta Innocenti.
The Siege di Marta Innocenti: il Mugello come non lo si è mai visto
La regista, al suo esordio, racconta di un rito collettivo che, ormai da un trentennio circa, riunisce un numero incredibile di persone. Queste, provenienti da tutto il mondo, si incontrano per due notti, alla vigilia della tappa toscana del Moto GP. Dietro alte barricate di filo spinato si accampano letteralmente nei campi che circondano l’autodromo del Mugello. E, senza alcuna regola, vivono due notti, a detta loro, indimenticabili. Il silenzio è bandito e tutto diventa distorto intorno a loro.
Una ribellione alla quotidianità?
Con il suo The Siege, Marta Innocenti porta lo spettatore all’interno di questi accampamenti. Li descrive mostrandoli, fa vedere le persone che arrivano e che vivono lì per due giorni senza freni, senza preoccupazioni, senza alcun tipo di timore. Nemmeno nei confronti di chi cerca, per quanto possibile, di allontanarli o tenerli a bada. E soprattutto Marta Innocenti invita a riflettere sulla portata dell’evento, su quello che questo rituale ormai d’obbligo porta con sé. Cosa si nasconde davvero dietro a questa ribellione?
The Siege di Marta Innocenti: infrangere le regole
Le persone che partecipano a questo rituale vivono semplicemente senza freni, senza regole, senza rispettare niente e nessuno. Ecco perché la macchina da presa di Marta Innocenti indugia su lunghe sequenze di caos e confusione. Perché questo è alla base della decisione di recarsi intorno all’autodromo del Mugello. Il loro intento sembra quasi quello di volersi ribellare alla disciplina del vivere quotidiano. Stufi dell’imposizione di regole, decidono di (re)agire per conto proprio. E se si pensa che questo documentario è stato filmato nel 2019, prima della pandemia, ci aiuta a riflettere anche sull’attuale situazione che si è creata sotto altri punti di vista.
Lo sport è solo una cornice
Desta particolare attenzione la mancanza del fulcro di tutto questo. La Moto GP, che dovrebbe essere il motivo che porta queste persone a recarsi nei pressi dell’autodromo, è solo accennata. Tramite qualche parola, qualche riferimento visivo. Poi rimane in ombra. Nessuno la prende in considerazione, né i protagonisti del film, né la regista. Marta Innocenti preferisce raccontare The Siege da un altro punto di vista. Ed ecco che si sposta nel vicino ospedale, andando a indagare sulle ripercussioni che questa vita sregolata può avere su alcuni individui. Ci sono persone che vengono ricoverate, messe in osservazione, visitate, portate in ospedale. Ed è questo che (ci) aiuta a capire la gravità della situazione. Anche se, talvolta, indugiando fin troppo.
La decisione di realizzare The Siege per Marta Innocenti
È un film su un rito.
Così ha definito il suo documentario la giovane regista. Ha anche spiegato che l’idea era quella di raccontare un rito collettivo che risulta fondamentale per queste persone, perché le rende parte di qualcosa a cui aggrapparsi. Poi naturalmente, come sempre accade, c’è anche i risvolto della medaglia rappresentato da esagerazione ed esasperazione. Ma sicuramente l’intento principale era cercare di raccontare un modo alternativo di sentirsi parte di un gruppo. Di essere preso in considerazione per questo. Di essere, così facendo, un essere umano a tutti gli effetti. Qualcosa, però, di non sempre positivo.
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