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Festival dei popoli

‘Aya’, il cambiamento al Festival dei Popoli.

Magica miscela di impegno artistico e visione empatica sulla vita di una giovane protagonista in condizioni drammatiche che affliggono la sua casa.

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AYA-film

AYA è un film di finzione. Sceneggiato che si rifà al documentario, deve molto alla visione del regista Simon Coulibaly Gillard. Primo suo lungometraggio in concorso al Festival dei Popoli di Firenze 2021 (qui il programma) e proiettato tempo prima al Festival di Cannes. 

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Marie-Josée Kokora in Aya

AYA, La trama

Aya, interpretata da una verissima Marie-Josée Kokora, ha passato tutta la vita sull’isola di Lahou (a una cinquantina di chilometri da Abidjan). Ama il suo villaggio. Ambiente che finora l’ha cresciuta con la presenza di sua madre, del suo fratellino minore e dell’oceano che la culla da quando ne ha memoria. Un oceano amichevole e familiare, ma che con il passare del tempo, sta diventando a poco a poco un pressante pericolo. Le onde stanno divorando il terreno. A causa del surriscaldamento globale, l’innalzamento del livello del mare ha eroso il suolo che separava il villaggio dalla costa. Questo è quello che raccontano ad Aya gli anziani della cittadina. Luogo del quale rimangono solo misere briciole. Piccole abitazioni, resti della chiesa alla quale la madre va a pregare, serie di palme da cocco sulle quali Aya si arrampica assieme al suo amico, Junior. 

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Inoltre, il cimitero o quello che lo era. Tombe dove una volta venivano riposte le salme e che ora, minacciate dall’erosione, vengono svuotate durante la notte. Aya però non sogna un altrove, non sogna una vita migliore. Vorrebbe rimanere per sempre a Lahou come ha fatto finora la madre, la sua figura d’ispirazione. Sogna però il passato gioioso con il padre al loro fianco e con l’oceano come amico e non come nemico. Tale che lo evita fino a che Junior non l’aiuta ad affrontarlo nuotando. Aya si rifugia nell’infanzia. La madre però desidera il meglio per lei. Di fronte alla cecità della ragazza cerca di farla ragionare in un rapporto madre e figlia alla pari, ricco di scherzi e amore. Dovrà quindi lasciare alle spalle il mondo che finora ha conosciuto e imparare a crescere, ma non abbandonerà mai il mare.

Un cambiamento parallelo

Il film narra una storia difficile, di abbandono e di crescita. Un dramma di formazione dove una ragazza si trova ad affrontare il periodo della sua vita più disgregante e di capovolgimento, l’adolescenza. Un cambiamento che è accompagnato parallelamente da quello del territorio. Un’esplorazione viscerale dell’adolescenza e del mondo che cambia con essa.

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La metafora dell’oceano

Un film che porta alla luce quanto la natura, se provocata, possa ribellarsi. Il tutto senza gesti eclatanti. L’oceano, infatti, agisce come personaggio diretto e antagonista della storia. Tutto avviene con esso e per colpa di esso. A volte un personaggio dolce, altre volte un personaggio più esclamativo. L’oceano compare non solo nel mondo reale, in scene di erosione del terreno dove la drammatica condizione ambientale è evidenziata sotto gli occhi increduli dello spettatore. Infatti è presente nei sogni della protagonista, che si rivede a volte sprofondare e a volte avvolgere, come fosse la propria culla. Seppur l’oceano avanza, espandendo i propri confini, non dona più quello che per gli abitanti della comunità era la fonte primaria di sostentamento, il pesce. Cibo che nel corso del lungometraggio inizia via via a scarseggiare fino a mancare per tutti. Di notevole ispirazione è infatti la visione del cibo arrotolato e che, in fase di cottura, sembra assumere un aspetto di anello d’oro, come un tesoro prezioso.

Aya - film

La contrapposizione tra fotografia e sonoro

Girato con una troupe di minuscole dimensioni, il film fonde un’eccezionale visione fotografica ad un pulito suond design. Una fotografia ricca di profondità di campo in contrasto con i tratti documentaristici classici. Un sound design unico, che sfrutta ogni suono che è stato possibile registrare nei sei mesi di produzione nel territorio a voler sottolineare il lato documentaristico e la volontà del reale del regista. Infatti, la quasi totalità delle musiche sono intonazioni o arrangiamenti musicali avvenuti durante le riprese. Punto di vista accentuato dall’affermazione del regista: 

“C’è un reale bisogno di condividere queste realtà, e di difendere le identità, che spesso sono in pericolo.”

Leggi anche: Festival dei popoli 2021: intervista al direttore artistico Alessandro Stellino

Aya

  • Anno: 2021
  • Durata: 90'
  • Distribuzione: Taskovski Films
  • Genere: Drama
  • Nazionalita: Belgio/Francia
  • Regia: Simon Gillard

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