“Sei fortunata ad avere le ali”, dice la protagonista ad una gazza. È fortunata a poter volare oltre ogni barriera e lontano da ogni minaccia. La Traversée, primo lungometraggio dell’animatrice francese Florence Miailhe, è un variopinto canto di libertà mascherato da fiaba animata, che si genera dal pittoricismo dell’immagine e che vede il superamento del confine come un affrancamento dal dolore e come una nuova vita. Il film, scritto dalla stessa Miailhe a quattro mani con Marie Desplechin (sorella del regista Arnaud), è in concorso alla 39° edizione del Torino Film Festival.
La Traversée: la trama
Kyona e il fratello Adriel sono obbligati a lasciare il villaggio in cui vivono in seguito all’attacco di miliziani spinti dall’odio. Partono insieme ai genitori, che ben presto però vengono arrestati. Rimasti soli, i due giovani tentano di continuare il viaggio verso un paese sicuro, ma per raggiungere la libertà devono affrontare prove insidiose e tetre avventure.
Pittura in movimento
Parte dall’immagine, La Traversée. Dall’affascinante animazione densa di pittoricismo (prossimo all’opera di Chagall e Gauguin) dell’animatrice Florence Miailhe, attiva dagli anni ’90 e qui al suo primo lungometraggio. La sua è una tecnica che consiste nel disegno a olio su vetro, sviluppando ogni immagine come un dipinto, spesso privo di una profondità data invece dalla policromia e dal trasformismo delle immagini. Un montaggio interno che sfrutta forme e colori per arricchire di suggestioni e di incanto la narrazione. Ma il film parte dall’immagine anche letteralmente, con una prima sequenza in cui viene inquadrata una stanza in cui compaiono due braccia in animazione che aprono e sfogliano un quaderno con disegni e ricordi.
L’immissione nel racconto avviene quindi nel più classico dei modi usati per le fiabe, con un libro che si apre e una voce fuori campo che inizia a narrare. Il racconto fiabesco in La Traversée è una declinazione di quello sociale, che ruota attorno ai temi dell’oppressione e della guerra. La famiglia di cui fanno parte i due fratelli si trova infatti a dover fuggire perché il loro villaggio è stato attaccato e i protagonisti sono costantemente braccati per la loro etnia.
Il film non ha, però, riferimenti precisi: non indica quale sia il paese di provenienza o l’etnia. Viene mostrato un continente non identificato, una raffigurazione quindi generica e universale, che abbraccia e riunisce tutte le oppressioni e le tragedie del passato e del presente. È l’odio la causa scatenante di tutto e rimane lo stesso qualsiasi sia il luogo, il tempo e il gruppo etnico. I soldati, rappresentati spesso come sagome nere e minacciose, altro non sono che la sua emanazione, quella di un odio che incatena, che perseguita e dal quale nasce, per antitesi, il desiderio di libertà che si libra come il volo di un uccello, simbolo ricorrente nel film.
La Traversée non può che portare alla mente anche la “corrente neopittorica” dell’animazione italiana, quel gruppo di artisti indipendenti e autonomi (tra i quali Simone Massi, Gianluigi Toccafondo, Magda Guidi) che Giannalberto Bendazzi prima e Priscilla Mancini poi hanno individuato per la loro riconoscibilità e per i tratti condivisi. Elementi, come il pittoricismo e il trasformismo delle forme, e temi, come la memoria e la fuga, che compaiono anche nel film di Miailhe. Un ulteriore segnale di come l’animazione europea, spesso troppo lontana dalle attenzioni, sia fulgida e non dimentichi la prossimità con la pittura.