Brave, il documentario diretto da Wilmarc Val, presentato al Festival dei popoli di Firenze 2021, ci racconta la storia particolarmente profonda del legame fra Cébé e sua madre, Clairina, sacerdotessa voodoo haitiana.
Brave, La trama
Quando una Mambo, sacerdotessa voodoo haitiana, muore, tocca ai suoi figli celebrare la divinità a cui era devota. Cébé decide di tornare ad Haiti dalla Francia sperando di porre fine alle disgrazie che colpiscono la famiglia organizzando la cerimonia per la morte della madre.

Brave, uno sguardo da vicino
Il documentario è stato realizzato dal regista haitiano Wilmarc Val, cresciuto a Parigi e rappresentante di una cinematografia delle Antille in lingua creola, che esplora il legame e la tensione post- coloniale all’interno del complesso rapporto tra la forzata integrazione in Francia e le tradizioni locali.
Brave racconta il potente mondo del misticismo voodoo attraverso la storia di Cébé, madre del regista.

Ti ricordi la sua voce?
Impiegata come signora delle pulizie in Francia, Cébé decide di tornare ad Haiti, sperando di porre fine alle disgrazie che colpiscono la famiglia con una cerimonia per la morte della madre e Mambo Clairina. Quando muore una sacerdotessa voodoo haitiana, infatti, è dovere dei figli celebrare la sua divinità.
Cébé si trova a dover affrontare una grande sfida; celebrare i rituali richiede particolare forza, soprattutto mentale e spirituale. La popolazione si stringe attorno a lei per sostenerla in questo difficile cammino.

Nel rito di origine africana, hanno funzione importante le danze rituali, che connettono alle figure divine. I riti vengono mostrati con particolare intensità pittorica e sensoriale. In queste sequenze risaltano il colore rosso, la penombra e il grande contrasto fra la notte e le luci delle candele e del fuoco. Nell’aria si sentono i canti e le musiche tradizionali haitiane, mentre la popolazione balla ardentemente insieme a Cébé.

Le scene del rito colpiscono particolarmente: donne che durante la danza vengono possedute dalle divinità, il ritmo continuo delle percussioni, i canti che portano con loro una grande forza religiosa.
Il documentario ha una profondità ed un coinvolgimento personale che non passano affatto inosservati; si percepisce chiaramente la sentita immersione, la vicinanza del regista e della madre alle vicende raccontante.

Cébé ed il legame con la madre
Io non ti ho visto morta. Sei solo andata via, per non tornare più.
Colpisce particolarmente il legame fra Cébé e la madre Clairina.
Vi sono molte scene dove la figlia parla con la madre, che ormai non c’è più, e si pone alcune domande. Come avrebbero vissuto lei e la madre se Cébé fosse rimasta ad Haiti? Avrebbe superato la sua morte? Cébé pensa ancora alla madre soffrendo, nonostante siano passati ventisei anni; rimpiange i giorni che non ha trascorso con lei o le dispiace non essere riuscita a darle un ultimo saluto?
Qui, l’intervista al direttore artistico del Festival dei popoli 2021, Alessandro Stellino
Qui, il trailer del Festival dei popoli