Acqua che scorre non porta veleno è il cortometraggio in concorso al Riff 2021 (qui per il sito) diretto da Letizia Zatti.
Acqua che scorre non porta veleno: la trama
Una donna si introduce di nascosto nella casa del suo ex compagno, che un tempo era di entrambi, per godere un’ultima volta di quel luogo. E lo fa cercando anche di vendicarsi, a suo modo, del dolore che questa separazione le ha provocato. Un gesto simbolico che dice più di quanto si possa pensare.
La vendetta è un piatto che va servito freddo
La protagonista del corto decide di vendicarsi in maniera subdola. Prima pedina il suo ex-compagno, poi si insinua nella sua abitazione, sicura che lui sia per il momento lontano, e, infine, attua il proprio piano. Si potrebbe pensare che Acqua che scorre non porta veleno sia un corto sulla vendetta, ma non è così. La vendetta è solo uno degli elementi funzionali alla narrazione.
La regista, Letizia Zatt, in realtà mostra sullo schermo una storia d’amore. Il fatto che sia ormai finita non significa che non si possa comunque considerare tale.
Un amore che continua
Scopriamo la fine della relazione tramite alcuni flashback inseriti nel presente in maniera più che efficace dalla regista di Acqua che scorre non porta veleno. La voce fuoricampo iniziale racconta uno dei momenti felici della coppia ancora insieme. Poi, subito, le immagini del presente, in contrapposizione a quanto appena ascoltato. La donna, nascosta in un vicolo, che attende la partenza dell’uomo. E poi si insinua nella vecchia abitazione ripercorrendo i momenti della convivenza. Vengono messi in moto quasi tutti i cinque sensi per assaporare completamente un passato che non può tornare. Ma quello che si vede tramite la protagonista è un amore ancora vivo. Una scottatura che brucia ancora e che lei non vuole medicare del tutto.
Il potere dell’acqua in Acqua che scorre non porta veleno
A sottolineare l’amore ancora vivo e pulsante che la donna prova nei confronti dell’ex compagno, c’è in particolare un elemento: l’acqua. La protagonista è attratta, come una calamita, verso l’unico spiraglio, l’unico ambiente che può condividere con l’ex compagno. Anche se la condivisione non può avvenire, lei desidera di sentirlo vicino a sé. Prima ripercorrendo gli stessi spazi, poi assaporando l’odore attraverso il cuscino sul divano. E infine scegliendo di immergersi nella vasca da bagno piena d’acqua, simbolo, probabilmente, di uno degli ultimi ricordi felici con lui.
L’acqua che lei fa scorrere è un elemento positivo perché simbolo della loro unione e del loro legame, e anche una sorta di purificazione che lei vuole dare all’ambiente e ai ricordi stessi. Quella stessa acqua che li aveva legati in un momento felice, si trasforma adesso in un’arma in grado di ripulire tutto e, al contempo, di ricordare all’uomo il suo passato, un tempo felice, al fianco della protagonista.
L’acqua e il veleno come metafora
Il titolo scelto per il cortometraggio, Acqua che scorre non porta veleno, è significativo. Anticipa, in qualche modo, quello che la protagonista decide di fare e spiega quanto già scritto. L’acqua non è veleno e non è da intendersi come vendetta nel senso stretto del termine. Non porta, appunto, veleno, ma una purificazione e, con essa, un ricordo. Il ricordo di quel nido d’amore che ha sempre rappresentato per lei un posto sicuro e che adesso è qualcosa di lontano che può assaporare solo per l’ultima volta.
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