Presentato in anteprima al Festival del Cinema di Castel Volturno e in concorso al Rome Indipendent Film Festival 2021, Fino ad essere felici è l’opera prima di Paolo Cipolletta. Il cineasta napoletano, classe 1978, esordisce nel lungometraggio, dopo la brillante prova de La gatta mammona.
Fino ad essere felici | La trama
Andrea (Francesco Di Leva) fa un lavoro d’ufficio in cui sembra cavarsela piuttosto bene, ma di notte smette i panni di impiegato e si trasforma in drag queen. La sua Octavia Meraviglia è una vera e propria star, una divinità ricercata e apprezzatissima.
L’ingombrante parrucca bionda, i dodici cm di tacco, il rosa che abbaglia tra pailettes, piume e lustrini, nascondono l’uomo, ma non il suo animo. Quando, per uno strano scherzo del destino, la moglie Lucia (Miriam Candurro) finisce spettatrice di uno di questi show, la coppia inevitabilmente si incrina.
A farne le spese è soprattutto il figlio Tommaso (Giuseppe Pirozzi), che osserva i genitori sputarsi veleno addosso e non riesce a capire quale sia il reale problema tra i due. Nel frattempo Andrea si trasferisce dall’amico Enzo (Luca Saccoia), l’unico con cui può condividere tutto senza timori, e Lucia avvia le pratiche per il divorzio.
L’imprevedibilità della vita cambia il corso dell’amore
Fino ad essere felici affronta tematiche delicate e importanti, scegliendo, tra i punti di vista, quello di un bambino che subisce le conseguenze di una situazione, di cui non ha colpe. In realtà, a ben vedere, il concetto di colpa non sussiste.
Andrea e Lucia sono due esseri umani con le loro idee, ambizioni, difficoltà. A un certo punto dell’esistenza le strade si sono incrociate, ma con il tempo hanno iniziato a seguire percorsi divergenti.
Ciò non vuol dire che uno dei due abbia sbagliato, ma solo che i casi della vita possono agire in maniere inattese e imprevedibili. L’amore tra i due non diminuisce, modifica semplicemente il suo modo di esprimersi.
Nell’incapacità della coppia di trovare un dialogo, Tommaso perde i riferimenti, che sono fondamentali nella crescita. E intanto diventa il solo anello che ancora lega i suoi genitori, percependo forse la responsabilità di un simile ruolo.
L’intimità come punto di forza
La fortuna del bambino sta nell’essere circondato di affetto e nel non essere trattato con condiscendenza. Il fatto che, sia il padre che il nonno (Gianni Parisi) riescano a parlare con lui schiettamente, senza celare verità anche complicate, gli regala un’intimità e una confidenza dal valore inestimabile.
E proprio il discorso dell’intimità è uno dei punti di forza del film, che si concentra sul lato umano dei protagonisti. Ognuno di loro trova il proprio spazio, facendo emergere personalità credibili e sfaccettate. Lo stesso Ciro (Gianfranco Gallo), con cui Andrea ha dei trascorsi poco chiari, simboleggia una realtà particolare ma esistente, che ha a che fare con i desideri e con la libertà di poterli assecondare.
Gli ottimi contributi di Fino ad essere felici
Sebbene non impeccabile, Fino ad essere felici può contare su una serie di contributi di altissimo livello. A partire dai costumi di Chiara Aversano: dopo aver vestito (e reso ancor più divino) Daniele Russo nelle pièce teatrali Le cinque rose di Jennifer e Don Juan in Soho, la giovane artista dà sfogo al suo estro e confeziona vere e proprie opere d’arte.
Gli sfarzosi abiti, dentro cui si muovono Di Leva e Saccoia, colorano la scena e la rendono viva. A ciò si aggiunge la consulenza di un esperto come Mariano Gallo, in arte Priscilla, per cui il contesto acquista una ricchezza sensazionale.
Un’ultima lode va alla scelta delle location, incredibilmente suggestive, dal Lago Patria al Vomero.
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