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10 FILM SURREALI per approcciarsi ad un cinema diverso

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Volete regalarvi una serata memorabile all’insegna dell’ignoto?

Siete alla ricerca di film particolari

che vi faranno dubitare di tutto ciò che pensavate

di aver visto al cinema?

Questa guida fa al caso vostro.

Prima di fiondarci nelle follie filmiche che caratterizzano questa lista, è bene chiarirci su alcune definizioni. Per “Cinema Surrealista” si intende l’avanguardia del cinema francese a cavallo tra il 1924 e il 1930, che vide come principali protagonisti Bunuel e Dalì. Il film che diede inizio a tutto fu proprio Un Chien Andalou (1929), in cui è presente il memorabile primo piano di un occhio che viene tagliato. É l’emblema stesso del movimento: il cinema surrealista vuole distruggere ogni canone conosciuto e mostrare allo spettatore qualsiasi cosa, anche ciò che forse non avrebbe voluto vedere. L’altro film, portabandiera dell’avanguardia, è L’age d’or (1930). Secondo la maggior parte dei critici, in realtà questi sono gli unici film veramente surrealisti. Eppure, non finisce qui.

L’eredità del Surrealismo la possiamo ritrovare tutt’oggi nelle cinematografie dei più originali registi della settima arte, in quei film desiderosi di osare e di non assecondare il pubblico. Quelli che ti portano in un mondo nuovo, con altre leggi e regole. Nella maggior parte dei casi a fine proiezione vi verrà da esclamare “Non ho capito!”. Non comprendere razionalmente ciò che si vede è forse il più grande muro di molti spettatori nei riguardi di questo cinema. Tali film non andrebbero necessariamente compresi razionalmente, ma sentiti e percepiti emotivamente e solo dopo, forse, razionalizzati. Lasciatevi guidare dalle immagini e addentratevi in questi film surreali unici e imperdibili. Alcuni nomi vi saranno familiari, altri per nulla.

La Montagna Sacra (1973)

Un alchimista riunisce un gruppo di nove individui e li sottopone a peculiari riti mistici prima di intraprendere un viaggio verso l’Isola del Loto. Il loro obiettivo è scalare la Montagna Sacra e raggiungere l’immortalità.

Il capolavoro del maestro cileno Jodorowsky che scioccò Cannes. Un trip visionario ed allucinogeno che imprime nel nostro subconscio immagini fortissime e irreversibili. Ricco dell’immaginario che ha contraddistinto lo stile del regista, dai tarocchi al misticismo alchemico, è un viaggio metaforico di accrescimento spirituale. Un viaggio sull’uomo e sul cinema.

8 ½ (1963)

Un regista in crisi esistenziale e privo di ispirazione è alle prese con il suo nuovo film. Tra decisioni non prese e rimandate, tra una donna e un’altra, il nostro regista trova rifugio nella sua immaginazione e nella sua interiorità.

Forse uno dei più grandi film della storia del cinema. Il film sul cinema e sulla figura del regista per eccellenza. Tanto si è già detto sulla pellicola di Fellini, vincitrice dell’Oscar al miglior film straniero. Innumerevoli sono i registi che hanno dichiarato pubblicamente di aver trovato in 8 ½ la loro epifania, da Terry Gilliam a David Lynch. Ci limiteremo a dire che è un film imprescindibile, sia per gli appassionati che per i profani. Per il virtuosismo tecnico, di messa in scena e attoriale con cui Fellini è stato in grado di confezionare una pellicola coinvolgente dal primo all’ultimo minuto.

Pastoral To Die in the Country (1974)

Film autobiografico. Il regista ha abbandonato ormai da tempo la campagna della sua infanzia, ma gli innumerevoli ricordi ritornano come allegorie di un mondo carnevalesco e folle.

Di Shuji Terayama, il regista del film, andrebbero recuperato tutto. Non soltanto perché Terayama si pone come una delle visioni filmiche più originali del panorama giapponese anni 70, ma anche per il tentativo da parte sua di portare avanti un certo tipo di cinema e di idee cinematografiche. E il desiderio di confezionare esperienze che vanno oltre la semplice concatenazione logica di immagini-trame a cui siamo abituati. I film di Terayama sono intrecci complessi che gratificano costantemente i nostri occhi, con una messa in scena curatissima. Tutto è amplificato e portato all’estremo, dai colori alla recitazione. Anche il verosimile nel cinema di Terayama diventa surreale, cioè oltre la realtà. Questo film è un buon punto di partenza, in quanto summa stilistica delle idee dell’autore.

Fantasie di una Tredicenne (1970)

Tratto dal romanzo “Valeria e la settimana delle meraviglie”, una fiaba surreale in cui amore, paura, sesso e religione si mescolano in un unico fantastico mondo. Allegorie visive e richiami biblici ci guidano all’interno della mente di un’adolescente di tredici anni.

Considerato uno dei capolavori della Nova vlna, movimento cinematografico cecoslovacco degli anni Sessanta, il film è stato pesantemente censurato per la sua visione anticlericale. Gli innumerevoli tagli non hanno di certo facilitato la fruizione della pellicola, rendendola ancor più enigmatica e indecifrabile. Il film si pone a metà tra un’avventura bucolica e sognante e un horror surreale dai tratti inquietanti, grotteschi. Anche qui, sforzarsi di comprendere potrebbe solo distrarci da ciò che vediamo a schermo. In questo film è la forma a prevalere sulla sostanza, la dimensione onirica su quella terrena. Lasciatevi trasportare, perché questo è un film che non dimenticherete facilmente.

Essere John Malkovich (1999)

Un burattinaio e un’impiegata scoprono un tunnel che permette di entrare nel corpo del famoso attore John Malkovich per quindici minuti alla volta.

Uno di quei film in cui il concept iniziale, la premessa, è talmente forte da essere sufficiente per portarti a visionare la pellicola stessa. Uno dei primi successi dell’acclamato sceneggiatore e regista Kauffman, che di surrealismo e onirico ne sa qualcosa. Anche per lui, il nostro consiglio è di recuperarsi la sua cinematografia completa, o quanto meno gli imperdibili “Se mi lasci ti Cancello” e “Synecdoche, New York”. Essere John Malkovich è un ottimo entry-level per approcciarsi a questo autore. Un film grottesco e ironico che, in una società come la nostra, fatta di maschere e apparenze, risulta attuale più che mai.

Mulholland Drive (2001)

Una sconosciuta donna di nome Rita è rimasta senza memoria dopo un incidente stradale. Trova rifugio nell’appartamento di Betty, una bionda del Midwest intenta a diventare un’attrice di successo. Insieme, le due cercano di risolvere il mistero sulla vera identità di Rita.

Definito “il più grande film del XXI secolo”, uno dei capolavori di David Lynch. Quando gli chiesero di riassumere il film e la sua trama, David si espresse così: “Parte uno: lei si ritrova all’interno del mistero perfetto. Parte due: una triste illusione. Parte tre: amore”. Questi sono gli elementi chiave del film. Il modo con cui il regista li lega è però un intreccio assai complesso, un misto tra sogno e realtà che ci confonde e ci incuriosisce, ci spinge a volerne sapere sempre di più. Alla fine del film ciò che ci rimane è l’essere stati spettatori di un qualcosa di irripetibile, unico, di vivo. È il cinema di David Lynch.

Il Fantasma della Libertà (1974)

Dalla consolidata collaborazione tra il maestro del surrealismo Bunuel e lo sceneggiatore Jean Claude-Carriere, nasce questa delirante e grottesca pellicola ispirata alle peripezie del poeta Benjamin Perèt. Il film è costituito da una serie di episodi legati secondo una struttura a domino: seguiamo un personaggio, questo ci porta verso un altro personaggio facendoci dimenticare di quello precedente e così via.

Non poteva mancare nella lista almeno uno dei film del padre del surrealismo, Bunuel. Siamo ben lontani dalle visioni oniriche e illogiche dei primi film. Qui abbiamo un surrealismo più “controllato” che ci parla attraverso simboli e situazioni irreali in contesti a noi familiari. Dalla defecazione borghese a tavola alla partita di poker tra frati, sono molteplici gli episodi memorabili di questo film. Non soltanto però deliri irriverenti, ma anche sprezzanti critiche al sistema borghese, alla classe politica e alla retorica ufficiale. La ricerca della libertà per Bunuel non è solo un’esigenza artistica. É una necessità spirituale.

Doppia Pelle (2019)

Un uomo ossessionato dalla sua giacca vuole essere l’unico al mondo a possederne una. Pur di riuscirci è disposto a diventare un criminale e dar sfogo alle sue folli idee.

C’è ancora qualcuno che crede nel surrealismo e si fa portabandiera di un cinema stravagante? Evidentemente sì e il suo nome è Quentin Dupieux o Mr.Oizo. Se non conoscete quest’autore approcciarvi alla sua cinematografia sarà come un fulmine a ciel sereno. Le sue sono black comedy condite con violenza e sarcasmo. Doppia Pelle è un film minimale nella messa in scena e nella sua fotografia desaturata. É così originale da lasciare lo spettatore stordito. In poco più di un’ora si susseguono eventi e colpi di scena repentini, che rovesciano continuamente la sceneggiatura. Riuscire a prevedere ciò che potrebbe accadere su schermo risulta difficilissimo ed è proprio tale imprevedibilità a incuriosirci. A farci desiderare di più.

La Villa dei Pirati (1983)

Raul Ruiz utilizzò un sistema di scrittura automatica per concepire questa complessa e indecifrabile storia. Ogni giorno, dopo una siesta pomeridiana, riportava su un taccuino le sue visioni. La storia segue le vicende sconnesse di una donna chiamata Isidore.

In questo film, per la prima volta, il regista cileno Raul Ruiz abbandona le logiche narrative e si rivolge alla sperimentazione più estrema, costruendo una messa in scena che mira a riprodurre fedelmente le dinamiche irrazionali e illogiche della nostra mente. I personaggi non portano avanti gli eventi e quindi il filo narrativo, ma sono piuttosto archetipi di un unico costrutto complesso e raffinatissimo che pare un sogno. I dialoghi sono vaghi, come se i personaggi fossero sotto ipnosi e noi con loro, in questa visione mistica e anestetizzante. É un film per tutti e per nessuno, va visto assolutamente per provare un’esperienza diversa.

Poesia Sin Fin (2016)

Apriamo con Jodorowsky e chiudiamo con Jodorowsky; apriamo col suo primo successo mondiale e chiudiamo con quest’ultima piccola perla, passata un po’ in sordina ma da non lasciarsi scappare. Qui il nostro ci fa capire cosa significa voler essere un poeta in un mondo materialista e patriarcale in cui è difficile seguire le proprie vocazioni. Il film andrebbe visto insieme al suo prequel, La Danza della Realtà (2013), in quanto è la storia autobiografica di Jodorowsky raccontata per metafore e simboli.

Un’esplosione folle di ricordi, selezionati e mostrati come una lunga fila di incontri con personaggi dalle mille sfaccettature, estremi ed archetipici, con cui Jodorowsky si imbatte lungo il suo cammino di vita, fino a diventare parte di lui. Moltitudini di un unico artista, Jodorowsky, uno e molteplice: regista, scrittore, drammaturgo, fumettista, esperto di tarocchi e altro ancora. Semplicemente Jodorowsky e questo, il suo ultimo film di finzione, è soltanto la punta dell’iceberg di una carriera all’insegna dell’originalità e della fantasia estrema.

 

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