American Crime Story: Impeachment è la terza stagione di una serie televisiva antologica creata nel 2016.
Condivide con American Horror Story la struttura narrativa (ogni stagione ha una narrazione autonoma dalle altre ed è legata a un fatto di cronaca nera o a un caso giudiziario): sono entrambe create da Ryan Murphy.
La terza stagione doveva essere dedicata all’uragano Katrina: l’idea è stata poi scartata a favore dell’impeachment del 42esimo presidente degli Stati Uniti, Bill Clinton.
La terza stagione rievoca gli eventi del Sexgate, lo scandalo politico-sessuale causato dalla relazione fra BIll Clinton e Monica LEwinsky, durante il secondo mandato presidenziale dell’esponente del partito democratico.
Quando uscì, American Horror Story colpì forte come un pugno nello stomaco gli spettatori e un audience non abituata al fascino perverso, oscuro e levigato delle storie e delle visioni di Ryan Murphy, che riusciva a raccontare il rimosso e il rimorso dell’America contemporanea, il solito marcio nascosto sotto il tappeto: proprio il successo incredibile di AHS lo portò quindi a creare una serie gemella, che invece di inventare mostruosità metaforiche preferiva concentrarsi su storie vere non meno paurose, i grandi crimini che hanno scosso e segnato la storia statunitense.
Partendo con il caso di O. J. Simpson, continuando con il delitto Versace, e arrivando oggi (con un ritardo dovuto ovviamente allo stop forzato della pandemia) all’Impeachment di Bill Clinton e la stagista Monica Lewinsky.
ACS: Impeachment continua a stupire per la lucida intelligenza di una scrittura che vuole essere chirurgica ma insieme affascinante, prepotentemente attuale ma senza dimenticare una regia piena di tensione. E c’è subito una prima scena da usare come chiave di lettura: la conferenza stampa di Paula Jones che dichiara le avances fatte dall’allora Presidente degli Stati Uniti. Decenni prima del #metoo e del vaso di Pandora di Weinstein, i meccanismi della gogna mediatica erano sempre gli stessi di oggi; sono (dis)uguali i rapporti di potere e le prevaricazioni sessuali. A niente è servito i sexgate che ha travolto Clinton, perché la predisposizione all’abuso sembra essere propria dell’essere umano.
Impeachment sceglie, diversamente dalle due stagioni che la hanno preceduta, di avviare una trama contorta che segue passo passo l’ingarbugliata matassa politica e sociale dietro la storia: un mosaico complicato e impervio che vede Paula Jones come la punta di un iceberg che scopre poi Monica Lewinsky (impersonata con glaciale e appassionata perfezione da Beanie Feldstein), Linda Tripp (con il trucco di un’irriconoscibile ma incredibilmente brava Sarah Paulson), e ovviamente Bill Clinton (con le fattezze di Clive Owen).
Il cast all star non inganni: la serie è precisa e non lascia spazio a dubbi storici, nonostante lo stile riconoscibilissimo di Murphy che conferma l’atmosfera da soap di lusso e le pruderie voyeuristiche mai fini a sé stesse, in una corsa sfiancante a scoprire la verità, o meglio le verità di ogni personaggio.
In questo senso, con il doppio binario che corre tra fascinazione romanzata e fedeltà cronachistica, Impeachment ricorda molto le migliori stagioni di House Of Cards: nonostante la precisione calligrafica sul libro di Jeffrey Tobin A Vast Conspiracy: The Real Story of the Sex Scandal That Nearly Brought Down a President, le anche oscure vicende profondamente legate alla realtà d’oltreoceano si lasciano travolgere dalla piacevolezza affabulatoria di una sceneggiatura ricchissima e complessa, che ricalca magistralmente i canoni dei più classici thriller politici.
La showrunner Sarah Burgess ha assunto una prospettiva originale nel rievocare uno degli scandali più patinati e conosciuti al mondo; e parla quindi della fascinazione del potere e del desiderio di condividere il barlume della luce del successo, ambientando gli episodi nella luce plumbea delle ombre dei corridoi della Casa Bianca e dei grigi uffici del Pentagono, soffermandosi probabilmente più sui protagonisti che sui fatti.
Grazie ad interpreti formidabili, il ritratto della Lewinsky, della Tripp e di Clinton occupano buona parte del nucleo emotivo di Impeachment, delineando il contesto dei fatti sui profili dei protagonisti.
Perché il mondo non è (solo) diviso manicheisticamente tra buoni e cattivi: ma soprattutto da uomini e donne, e dai loro desideri.