Vita Da Carlo è una serie disponibile dal 5 novembre su Amazon Prime Video, scritta da Carlo Verdone, Nicola Guaglianone e Menotti e diretta da lui con Arnaldo Catinari.
Qua la nostra intervista esclusiva.
L’alba del nuovo millennio ha visto arrivare e travolgere, come un tornado, l’audiovisivo dalle serie tv: da 24 ai Soprano, da Sex & The City a Desperate Housewoves fino ai Simpson, la lunga serialità aveva imparato dal cinema la lezione su come ritrarre e parlare dell’attualità però con una marcia in più, ovvero più ore rispetto ad un film per spiegare e far evolvere personaggi e situazioni.
Ora, dopo vent’anni, un altro passo in avanti rispetto ad un grande schermo che sembra aver imparato proprio dalla tv che la serialità fa bene (vedi il MCU o tutti i franchise che si inventano trilogie e saghe): arrivano gli Autori, quelli che al cinema hanno difficoltà a competere con i blockbuster e quelli che trovano nella formula seriale uno stimolo nuovo.
Ecco che allora dopo Antonio Albanese –I Topi- e Saverio Costanzo –L’Amica Geniale– (a memoria, gli esempi più fulgidi), il capocomico per eccellenza del cinema italiano, Carlo Verdone, sbarca su Amazon con una specie di autobiografia reinventata.
E -inaspettatamente per la critica più talebana- il Maestro romano sembra trovarsi incredibilmente a suo agio in Vita Da Carlo, dieci episodi che ricalcano la vita (non più) privata del regista di Si Vive Una Volta Sola e che funzionano come un meccanismo perfetto.
Perché dietro all’incredibile leggerezza e alla comicità senza sbavature -che gli sono ormai solite- la scrittura è precisa e non lascia niente al caso, lasciando trasparire per chi la vuol vedere e per chi la sa trovare una qualità sopraffina nel descrivere persone e personaggi, situazioni e sottotesti, che lanciano più di una sfida vinta.
Quello che stupisce di più è però forse il ruolo che si ritaglia il protagonista/demiurgo di Vita Da Carlo: come a voler ribadire ciò che chi lo conosce in privato sa bene, Carlo non è (più) un comico e non vuole esserlo, le note malinconiche che suonavano beffarde in coda alle sue prime produzioni -che non tralasciavano mai una vena di struggente malinconia- adesso sono una partitura estesa.
E quella tristezza inconsolabile è diventata prima rassegnazione, poi voglia di dare un tono più maturo ad un artista che non ha più i 30 anni di Borotalco né i 40 di Maledetto Il Giorno Che T’Ho Incontrato: gli anni sono 70, e la consapevolezza dell’esistenza ha giocoforza un mood più sofisticato e meno giocoso.
Ecco che allora Carlo Verdone (personaggio e persona) sta al centro della serie e demanda ai numerosi volti comprimari la componente comica: c’è Max Tortora (straordinario) ma anche Alessandro Haber, c’è la sua assistente Rosa e i suoi figli Giovanni e Maddalena, l’ex moglie e il produttore che vuole solo ridere.
Insomma, un catalogo sterminato di volti perfetti e centrati scritti con soave brillantezza, ma anche con una tale puntualità e definitezza psicologica da far sospettare che ognuno di loro sia un aspetto del suo io interiore, una faccia della sua essenza, un lato del suo carattere, un’angolatura della sua giornata.
Parte con un sogno che vola vicino ad Essere John Malkovich e arriva al Deconstructing Harry alleniano procede dritto come un treno tra psicopatologie piccole e grandi, e ogni puntata di Vita Da Carlo si apre proprio con immagini oniriche, per avallare la chiave di lettura di sopra.
È così che la serie, che comunque è come una boccata d’aria fresca per Verdone come The Young Pope lo fu per Sorrentino a dare aria ad uno stile enorme quanto ingombrante in sole due ore di film, assume connotati più stratificati e profondi, che hanno nella qualità di scrittura e interpretazione solo uno dei punti di forza -diciamo la base per costruire-: usare la maschera dell’autore/attore malincomico per far ruotare intorno altri volti, altre espressioni, altre possibilità espressive per dire una volta per tutte quello che un grande autore sente e deve poter dire.
Destrutturando Verdone.