Yaya e Lennie – The Walking Liberty di Alessandro Rak, il viaggio di liberazione di due ragazzi in fuga da una Istituzione che li vuole per costruire il futuro secondo le proprie leggi, mentre loro sposano spensieratamente il libero arbitrio. La nuova produzione di Mad Entertainment con Rai Cinema è distribuita da Nexo Digital.
La favolosa illusione di Alessandro Rak (L’arte della felicità, 2013, Gatta Cenerentola, 2017) si ambienta in una società dove la commistione con la madre terra è totale ed è raccontata come un’infusione di fiducia, che albeggia sul finale, tra le frasche fitte di una insolita giungla italiana.
Yaya e Lennie – The Walking Liberty di Alessandro Rak: la trama
In una Napoli post disastro ambientale, ripopolata da una fitta giungla, Yaya e Lennie sono due giovani isolati e liberi, che si prendono cura l’una dell’altro. Yaya è coriacea e tenace, sempre amorevole con l’amico; il quale, dal canto suo, completamente perso nella sua mente, fatica a trattenere le informazioni. Yaya gli parla per poesie, così che possano fermarsi nel cuore.
I due scappano da qualunque classificazione e civiltà, specialmente da quella indicata come L’Istituzione: una realtà che tenta il recupero del progresso che fu, anche ignorando la libertà di essere e autodeterminarsi come uomini. In una campagna di ripopolamento, che pare più che altro di pulizia etnica, i soldati dell’Istituzione sottraggono bambini e giovani alle loro case per formarli al (loro) futuro migliore. Yaya e Lennie non ci stanno e scappano, scappano, scappano, nella continua ricerca di una loro dimensione.
Siamo come la libertà quando cammina, che nessuno le deve dire dove deve andare.
Quando Lennie viene attaccato da alcune bestie feroci, Yaya è costretta a cedere e lasciare che l’amico venga curato presso l’Istituzione. Ma neppure i muri alti e la guardia attenta, gli impediranno poi di ritrovarla e ricongiungersi all’amica di sempre.
Il dualismo umano
In Yaya e Lennie – The Walking Liberty di Alessandro Rak si scontrano il progresso e la tradizione, l’Istituzione e i “trogloditi” che rimangono nel villaggio. È affascinante riconoscere come in questa bilancia di considerazioni Rak abbia incluso tutto: la natura e il metallo, la luce e il buio, le tute sofisticate e moderne contro la nudità dei corpi, il rumore e il silenzio.
[…] gli uomini come singoli sono sempre interpreti del bene e del male, del giusto e dello sbagliato e di tutta questa enorme complessità che siamo noi in termini di relazione. (Alessandro Rak)
Leggi la conversazione integrale con Alessandro Rak di Carlo Cerofolini
Con questo film a più livelli, Rak ha un potere trascinante esclusivo: i suoi protagonisti, gli ultimi di una società del progresso, vivono con gioia, un sentimento che in molti hanno smesso di percepire. La redenzione, anche per i peggiori, transita necessariamente dal ritorno forzato alla giungla, alle origini, al primitivo. Qui le persone riprendono contatto con i valori, mentre osservano “il progresso” frantumarsi sotto il peso della cupidigia. Un castello di ferro, che ben si risolve in una esplosione di fuochi d’artificio.
Alessandro Rak fa poi sfoggio di un cordiale omaggio alla storia del cinema, e ci costringe a ripassare Chaplin de Il Grande Dittatore che parla dritto in camera nel suo celeberrimo discorso. Eppure, la citazione più forte è senz’altro quella del brillante Rospolèon, il rivoluzionario, qui doppiato da Francesco Pannofino: chiaro omaggio al Don Chisciotte distopico e fantasioso, il Chisciotte di Gilliam più di chiunque altro, sebbene come profeta sia più somigliante allo stesso Chaplin sopra citato.
Yaya, l’eroina adolescente, e Lennie il buono
Non sfugge il fatto che la protagonista sia un’eroina adolescente, che prende decisioni dolorose e molto concrete, la cui spalla è un gigante dal cuore d’oro.
Bellissima la relazione di amicizia che unisce Yaya e Lennie su cui verte tutto il film, dipinta con colori tropicali, profumi e rumori a tutto tondo, che si prodigano a rendere l’avvolgente sensazione di un sentimento unico.
Lennie l’onesto, non è capace di menzogna, così come è pura, appassionata e reciproca la fraternità. Yaya è la sua metà, così come lui lo è per lei. Una di quelle amicizie che forse tutti ricordiamo di avere avuto in passato, prima che l’età adulta le tramutasse in qualcosa di più complesso.
Yaya è orgogliosa di vivere e testarda nella sua scelta e non cede al facile proselitismo delle truppe dell’Istituzione. Solo il timore per la vita dell’amico la farà rinunciare alla sua libertà, e solo per un momento: giusto il tempo di rimettere in piedi il bestione e restituirlo alla libertà.
Un inno alla libertà e alla musica
La colonna sonora di Yaya e Lennie – The Walking Liberty di Alessandro Rak, firmata da Dario Sansone, Enzo Foniciello e lo stesso Rak, è travolgente e vanta un insieme di brani sublime, fermamente ancorato alle radici napoletane.
Dev’essere straordinario per un regista poter scrivere, dirigere e musicare un film, vedere la propria creatura crescere sotto le suggestioni dei cinque sensi. La completezza artistica di Rak come regista si riflette nella sonorità unica che appartiene al film, un unicum davvero particolare.
La traccia audio non è un cappotto che il film indossa al termine del montaggio, ma è la pelle stessa che lo contiene. E non sarebbe perfetto senza questa nota napoletana, e senza l’orgoglio del regista, che, nel metterla in scena la potenzia, l’amplifica.
L’operazione artistica, la personale rivoluzione che Rak opera con amore, lui, Rospolèon di Napoli, traduce fierezza culturale in una storia per adulti artisticamente completa, e intrisa di riflessioni fondamentali sulla corsa al progresso e l’umanità snaturata.
Non si cambierà il mondo con un film, ma sicuramente si può rendere mondiale la vitalità di una terra, come quella napoletana, e la risonanza di un messaggio di speranza comune.