Inutile dire che, presto o tardi, ognuno di noi è costretto a crescere, ad affrontare i propri timori, le paure più singolari o anche solo a condividere la felicità che si prova. Non importa a che fascia di età apparteniamo: si presenterà sempre davanti a noi il brivido dell’ignoto che spingerà a reagire. Senza dubbio il periodo dell’adolescenza è il fulcro centrale di ogni cambiamento, come descrive David Bowie:
“And these children that you spit on
As they try to change their worlds
They’re immune to your consultations
They’re quite aware of what they’re going through”
“E questi ragazzi, su cui sputate sopra,
cercano di cambiare i loro mondi
sono immuni dai vostri consigli
sono abbastanza consapevoli di ciò a cui vanno incontro.”
Così cita “Changes” (1971 – Hunky Dory), emblematico brano di David Bowie.
Di seguito una serie di titoli che raccontano cosa significa crescere.
Breakfast Club (1985)
Il pezzo del celebre cantautore dà inizio a “Breakfast Club” (1985) di John Hughes (“Mamma ho perso l’aereo” 1990), film diventato ormai cult nella memoria di qualsiasi adolescente vissuto negli anni ‘80.
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Impossibile non immedesimarsi in uno dei cinque protagonisti: cinque ragazzi di diversa estrazione sociale e personalità divergenti costretti a convivere un pomeriggio intero nel luogo che tutti detestano di più: la scuola. Perché odiare la scuola? Forse perché, come affermava Bowie, spesso non è in grado di cogliere i segnali di un comune ragazzo bisognoso di una guida, di una luce da seguire, non di inutili rimproveri. Di rimproveri e punizioni è pieno l’universo di Breakfast Club: John, Andy, Allison, Claire e Brian sono forzati a trascorrere una giornata in biblioteca per scontare una sanzione scolastica. I ragazzi discutono, piangono, si provocano e, infine, si aiutano l’un l’altro senza l’intervento degli adulti.
Stand by me (1986)
Un’altra pellicola che vede un gruppo come fulcro centrale è “Stand by me” (1986) diretto magistralmente da Rob Reiner e ispirato dalla raccolta di racconti di Stephen King “Stagioni diverse” (1982).
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Tenero e commovente è il sostegno che quattro ragazzini dell’Oregon si offrono a vicenda nel corso della loro avventura alla ricerca del cadavere di un coetaneo. Un cast d’attori che in futuro avrebbero scalato il successo come Wil Wheaton “Gordie”, River Phoenix: Chris, Corey Feldman “Teddy” e Jerry O’Connell come “Vern” scompaiono dalla vista dei genitori (che paiono non curarsene) percorrendo un lungo sentiero sui binari e affrontando innumerevoli incombenze e difficoltà.
Good Will Hunting (1997)
Altra proiezione di gran valore attoriale è “Good Will Hunting” (1997, Gus Van Sant) con i toni recitativi contrastanti, ma infine compatibili di Matt Demon (Will), Robin Williams (Sean) e Ben Affleck (Chuckie).
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Sorprendente e brillante è il personaggio di Will, ragazzo ai confini della genialità matematica che però deve fare i conti con le sue origini popolari e col suo passato che continua a riemergere. L’unico che sarà in grado di scavalcare il muro emozionale di Will è Sean, psicologo acuto e sagace che traccia una via da seguire per il ragazzo tanto confuso e disorientato che si trova di fronte.
Girl interrupted (1999)
“Girl Interrupted” è un altro film che solo due anni dopo (1999) fa prepotentemente breccia nelle sensibilità di numerose adolescenti a disagio con il proprio corpo e con la loro mente. Si distinguono le interpretazioni dolci e amare di Winona Rider come “Susanna” e Angelina Jolie “Liza”.
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Ambientato nei rigidi anni ‘60, Susanna, con disturbo di personalità borderline viene rinchiusa in un istituto psichiatrico in cui si imbatte in
differenti e inusuali personalità: chi entra in tale luogo non ne esce di certo risollevato. Travagliato è il rapporto che instaura con Liza, una sociopatica, però carismatica e trascinante impossibile da non notare. Le due canteranno le loro paure, si urleranno cose indicibili e si terranno la mano a vicenda: “it’s like you’re screaming but no one can hear” (“è come se stessi urlando ma nessuno mi sente”). Il senso di
trascuratezza che traspira da ogni adulto nella trama fa riflettere su quale sia il suo mancato ruolo nella vita di un adolescente.
La principessa Mononoke (1997)
Il 1997 vede l’uscita di un capolavoro di formazione diretto dal celebre Miyazaki: “La principessa Mononoke” ambientato nel Giappone antico fra ambientalismo e folklore.
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L’eroina, questa volta, è una ragazza misteriosa e selvaggia cresciuta a tutti gli effetti solo grazie alle calorose cure di un branco di lupi. Il suo cammino si incrocia, per caso o per fortuna, con quello di Ashitaka, giovane principe che contrae una maledizione e per spezzarla deve recarsi in un villaggio. I due, inizialmente nemici, finiranno per infrangere la barriera delle diversità tramite l’amore per la natura e per chi la abita (animali) e la profonda sensibilità che contraddistingue entrambi.
“S e t i r e c h e r a i i n q u e l l e t e r r e e d i s c e r n e r a i o g n i c o s a
c o n o c c h i n o n v e l a t i d a l l ’ o d i o , a l l o r a f o r s e p o t r e s t i
t r o v a r e u n a s t r a d a p e r s p e z z a r e q u e l l a m a l e d i z i o n e ”.
È ciò che un film complesso come questo può insegnare, spesso anche ad un bambino.
Million dollar baby (2004)
“Million dollar baby” (2004, diretto da Clint Eastwood) è un dramma sportivo che cela dietro di sé un’immensa gamma di tematiche riguardanti la crescita esistenziale.
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Frankie (Clint Eastwood), rigido e severo allenatore di boxe, si trova fra i piedi la giovane e insicura ma determinata Maggie (Hilary Swank) e
la trasforma in un’atleta da competizione. Il primo, distaccato e vittima di una profonda ferita familiare, arriva progressivamente ad affezionarsi e a prendersi cura di Maggie, svantaggiata ragazza destinata a lavorare come cameriera e proveniente da una famiglia di arrampicatori sociali che la sfrutta oltre il limite.
Call me by your name (2017)
Per concludere, “Call me by your name” (2017) ha trovato una delle forme migliori per trasformarsi da romanzo a film pluripremiato e
riconosciuto a livello mondiale trattando il tema dell’omosessualità con tatto e finezza.
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Elio, protagonista indiscusso di due ore e dieci di film, è un diciassettenne residente in Italia durante l’estate ed è figlio di due professori universitari. Grazie allo spiccato talento musicale e alle grandi abilità di autoanalisi, il ragazzino emerge in modo prorompente rispetto ai
suoi coetanei e appare attraente agli occhi di Oliver, studente universitario americano ospitato per qualche tempo dalla famiglia.
L’estate di Elio incrocia prepotentemente quella di Oliver. La velata timidezza mescolata alla finta indifferenza dello studente universitario introdurranno il ragazzo alla scoperta della sua sessualità, dei suoi gusti, dell’ambiguità e del disagio adolescenziale, ma sempre con grande tatto e delicatezza, senza spazio per le esagerazioni.
Ogni film precedentemente citato affronta un tema brusco e apparentemente insormontabile nella vita di ogni adolescente. Ma, se ci si pensa bene, poter vedere con i propri occhi qualcuno che lo ha già vissuto può aiutare a vivere la propria gioventù correndo verso le proprie aspirazioni piuttosto che faticando a causa dell’attrito lungo la via.