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‘L’afide e la formica’: il velo del pregiudizio

L'afide e la formica: l'esordio alla regia del giovane autore calabrese Mario Vitale

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Vi riproponiamo la recensione di L’afide e la formica, esordio al lungometraggio per Mario Vitale, regista originario di Lamezia Terme. Il film è stato recentemente rilanciato su Raiplay. Vi basterà iscrivervi gratuitamente per vederlo.

Il regista

Dopo essersi approcciato alla settima arte con alcuni cortometraggi, nel 2021 Vitale girò il film con l’approvazione della Film Commission Calabrese, nonché di Rai Cinema. Non è un caso che vi lavorano tutti attori della terra di Vitale, ad eccezione del protagonista Beppe Fiorello e di Valentina Lodovini. Entrambi hanno aderito all’ambizioso progetto con entusiasmo.

Un film importante e significativo, che tratta dell’attuale tensione politica e sociale, narrando una storia di integrazione e di rivalsa all’interno di un microcosmo, quello di una piccola cittadina meridionale.

La trama

L’afide e la formica racconta la storia di un ex maratoneta, il professore di educazione fisica Michele (Fiorello). Depresso, disinteressato e sconfortato: vive l’esistenza con una sindrome da abbandono, a causa della morte prematura del figlio e della separazione da sua moglie Anna (Lodovini). In classe conoscerà Fatima (Parku), una ragazza italiana di origini musulmane, che  inizierà a vedere come una figlia spirituale, motivandola e allenandola per la maratona che si terrà a fine anno.

La storia è nata da un’idea dello stesso Mario Vitale e di Saverio Tavano che, insieme a Josella Porto e Francesco Governa, l’hanno sceneggiata. Tutto è visto attraverso gli occhi di Fatima che, con i suoi sogni nel cassetto, diventa il simbolo di resistenza e integrazione di tutta una nuova generazione di immigrati.

L'afide e la formica

 

L’afide e la formica

Nel curioso titolo dell’opera di Vitale è racchiusa l’essenza del film. L’afide e la formica rappresentano il processo di simbiosi, che porta due insetti, estranei l’uno dall’altro, ad essere dipendenti dalle proprie esistenze. Ed è ciò che accade ai due protagonisti: Michele vede in Fatima suo figlio – morto in adolescenza – facendola diventare simulacro della sua rinascita; e la ragazza vede nel professore un padre, capace di risollevare e dare un senso alla sua vita, tramite lo sport.
La maratona quindi diventa simbolo di elevazione, integrazione e motivazione. È proprio con lo sport che l’uomo riesce a sconfiggere i propri demoni, trovando nel concorrente un avversario allo stesso livello. Non importa l’outfit – la tuta corta o il velo. Si cerca di affrontare il prossimo nello stesso campo da gioco, mirando ad una lealtà reciproca. Cosa che nella società, purtroppo per noi, non sempre accade.

Fatima non vive una vita come le sue coetanee: è succube di una madre fondamentalista che, rispettando a piene mani i dogmi della sua religione, gliele impone, non permettendo alla figlia di esternare la sua vera essenza. Iniziano i litigi tra di loro. Momenti carichi di caos e phatos, interrotti solo da un imperturbabile Michele che vuole a tutti costi che ella partecipi alla gara, e che segui i suoi sogni – andando contro la madre. Per lui è una questione di vita o di morte, di redenzione contro l’oblio.

La sua vita dopo la scomparsa del figlio ispira pietà. Lo sa bene anche la ex moglie, che vede nell’uomo che ha amato il vero volto del fallimento. Ma non sa che Michele sta riacquistando, passo dopo passo, la sua vita: tramite una “estranea” che lo ha fatto ridiventare padre: l’afide e la formica, appunto.

L’impegno sociale del film

La società viene descritta in maniera cinica e realistica. La criminalità organizzata, mostrata qui da Vitale, appare piccola, ma motivo di paure e angosce che si ripercuotono nella vita di Michele e Anna. Dopo che il professore avrà ottenuto la sua redenzione con Fatima, chiuderà i conti col passato, andando a cercare la pace interiore nel peggior modo possibile: affrontando i criminali che hanno ucciso il figlio.
E così un cerchio si chiude, uno si apre. Come ha sempre insegnato la vita,  alla nascita segue la morte, ma chi rimane ha il compito di celebrarla come meglio può.

L’Italia descritta da  regista è rappresentata divisa in due, con una grossa voragine all’interno, mentre vengono trattati con decisione i temi dell’ integrazione e della tolleranza.