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‘A primeira morte de Joana’, interessante film della regista brasiliana Cristiane Oliveira

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L’edizione numero 28 di Sguardi altrove ha visto passare sullo schermo, fra i vari lungometraggi in concorso, A primeira morte de Joana, interessante opera seconda della regista brasiliana Cristiane Oliveira.

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‘A primeira morte del Joana’: la trama

Ambientato in una cittadina del Rio Grande do Sul, A primeira morte de Joana, che presenta un cast quasi completamente al femminile, ha come protagonista principale Joana (Leticia Kacperski), una ragazzina tredicenne che viene in contatto con la morte nel momento in cui muore Rosa, la zia settantenne alla quale era molto legata.

Una donna, Rosa, che pare non abbia mai avuto nella sua vita alcuna relazione sentimentale né amorosa. Turbata da questo “si dice”, Joana comincia a porsi domande sull’illibatezza della zia e, aiutata dall’amica del cuore, Carolina (Isabela Bressane), inizierà a indagare sul suo passato, ma i suoi quesiti difficilmente potranno avere risposte, in un ambiente chiuso e provinciale come  quello che circonda le due ragazze.

Soprattutto all’interno della famiglia, Joana troverà una grande difficoltà nell’ottenere le risposte che cerca. In particolare, la madre, Lara (Joana Vieira), donna repressa, condizionata dalla religione e attenta nel mantenere le apparenze di fronte agli abitanti del villaggio, ostacolerà il desiderio di verità della figlia. Così come tenterà in tutti i modi di allontanarla dall’amica, considerata troppo libera di costumi e, quindi, con un ascendente negativo nei suoi confronti.

Uno sguardo critico e, al contempo, di speranza sulla società brasiliana

Cristiane Oliveira, con A primeira morte de Joana, compie una duplice operazione. Da un lato mette in mostra la cultura retrograda di un paese in cui sono ben presenti forme di patriarcato e dove la religione è ancora condizionante per una vera liberazione dai tabù repressivi.

Dall’altro racconta, attraverso una storia di crescita interiore e scoperta delle prime emozioni sentimentali da parte di una giovanissima, il processo di emancipazione femminile di un paese intero, lento ma, ormai, inarrestabile.

Per confutare questa visione positiva, la regista utilizza, sotto forma di metafora, l’ avanzare del progresso, in questo caso rappresentato dalle pale eoliche che si stagliano all’orizzonte e che le due ragazze sognano di raggiungere, mentre il padre di Carolina, veniamo a sapere dai discorsi fra le due, non ama, preferendo il vecchio contro il nuovo che avanza.

Le stesse pale, in una delle scene finali, avranno una importanza fondamentale, rappresentando la chiave di volta di tutto il film.

Un film, come detto, molto interessante – pur se leggermente penalizzato da una messa in scena un po’ troppo statica – per le sue tematiche che, per altro, la regista aveva già trattato con il suo precedente film Muhler do pai.

Nel complesso una bella opera che tratta il tema, attualissimo, della parità di genere.

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