Arriva in sala No Tenemos miedo presentato alla Festa del Cinema di Roma 2021 nella sezione “Riflessi”, patrocinato da Amnesty International e co-prodotto da Andrea Occhipinti.
L’ 11 marzo è un giorno emblematico per il Cile: era l’11 marzo quando nel 1990 si concluse la dittatura di Augusto Pinochet, mentre l’11 marzo di quest’anno il presidente entrante Gabriel Boric presterà giuramento al Paese.
Per l’occasione ci sarà una proiezione speciale del film al cinema Troisi.
Sarà presente il regista Manuele Franceschini e, con lui, Laura Petruccioli di Amnesty International Italia, che ha dato il patrocinio al film.
Un paese meraviglioso, il Cile, già attraversato da ferite storico-politiche indicibili dai tempi del golpe militare che rovesciò l’amatissimo presidente Salvador Allende (1973). A questo seguirono gli anni della dittatura di Pinochet, le sparizioni costanti di presunti esponenti antiregime, e le ingiustizie sociali ed economiche che da decenni, e fino ai giorni nostri con un progressivo aggravamento, affliggono il popolo trascinandolo da una crisi economica all’altra, a causa del neoliberismo selvaggio e dell’impoverimento costante della gente.
No tenemos miedo
L’ultima fase storica, portatrice di una crisi socio-economica devastante, che ha raggiunto l’apice nel 2019, ampliando sempre più il divario tra ricchi e poveri, ha dato vita a una protesta di massa senza precedenti, concentratasi a Santiago del Cile, cuore del Paese: qui il bravo regista Manuel Franceschini (che ha vissuto molti anni in Sudamerica, di cui 12 in Cile) ha girato un documentario “militante”, come è stato da più parti definito, un manifesto dedicato all’anelito di libertà, giustizia e riscatto di un intero popolo, un’opera che scuote le coscienze e gli spettatori, dal titolo No tenemos miedo (“Non abbiamo paura”).
La rivolta popolare
L’ultimo atto della rabbia cilena scaturisce dall’ennesimo balzello, la cosiddetta goccia che fa traboccare il vaso, cioè l’aumento del biglietto della metropolitana in un Paese già vessato e martoriato da disoccupazione, tasse e corruzione.
Non per i 30 pesos ma per i 30 anni
è lo slogan di un’onda d’urto che sgorga libera: il 18 ottobre 2020 esplode la protesta e, da quel giorno per circa un anno, il popolo scende in strada contro il governo del presidente Sebastián Piñera, e si unisce in un vero e proprio movimento, cui afferiscono oltre un milione di persone solo a Santiago del Cile, tra scontri di strada, lacrimogeni e lo scoppio di una rabbia cieca. Nasce all’interno del movimento il collettivo chiamato Primera Linea, composto da cittadini e da organizzazioni, con la finalità di tutelare e difendere i manifestanti durante gli scontri.
La rabbia dei giovani
Franceschini coglie tutta la potenza, la bellezza e la rabbia di una gioventù che dichiara a viso aperto no tenemos miedo, come a dire andremo fino in fondo, perché non abbiamo nulla da perdere… a parte gli occhi, raggiunti talvolta dai pallettoni dei Carabineros i quali, secondo Riccardo Noury di Amnesty, durante le proteste, “hanno commesso gravi violazioni dei diritti umani”. Il regista racconta tutto questo sia attraverso le canzoni utilizzate dal movimento per veicolare i suoi messaggi, con parole emblematiche e significative, sia con le immagini prese durante gli scontri, come quelle del fotografo Leonardo Alejandro Villar Aguilar, e mediante le testimonianze dirette dei manifestanti, che raccontano le motivazioni e la sanguinosa repressione (alcune immagini degli scontri sono altamente drammatiche, come quella in cui una moto della polizia passa sopra ad un manifestante a terra).
Plaza de la Dignidad
La rabbia cieca e l’odio per il governo nutrono le nuove generazioni, le cui energie sono sostenute anche da una disperazione non nata soltanto dalla contingente situazione attuale, ma proveniente invece da molto lontano. La gente del pueblo si racconta attraverso scorci di interviste che evidenziano come molti giovani abbiano aderito al Movimento perché non potranno mai accedere all’Università, a causa dei costi altissimi di iscrizione. O a cure mediche degne di questo nome, insieme a tutti coloro che non hanno più niente da difendere o da perdere, né lavoro, né casa e, pur con l’arrivo della pandemia, temono più “di morire di fame che di Coronavirus”. La violenta ondata di Covid-19 ha disperso in parte la protesta, che è pronta ad esplodere di nuovo alla prima occasione.
Nel documentario compaiono, fra gli altri, l’attore e musicista Daniel Muñoz, lo scrittore e giornalista Juan Cristóbal Peña, il già citato fotografo Leonardo Villar, alcuni operatori del personale paramedico ed un portavoce dei Mapuche, oltre ai tanti manifestanti vittime di traumi e violenze. Ciascuno di loro è in cerca di dignità, oltre che di diritti: la grande Plaza Italia, non a caso, è stata ribattezzata Plaza de la Dignidad. Ciascun essere umano dovrebbe vedere riconosciuta la propria.