Red Rocket di Sean Baker è stato presentato nella sezione Tutti ne parlano, dedicata a quei film molto attesi che arrivano alla Festa del Cinema di Romadopo un sorprendente esordio nell’ambito dei più noti Festival a livello internazionale.
Dopo anni di lavoro come pornostar a Los Angeles, Mikey Saber si lascia tutto alle spalle e torna nella sua città natale, Texas City, dove però non sembra essere il benvenuto. Senzatetto, senza soldi né lavoro, è costretto a tornare a vivere con l’ex moglie e la madre di lei. Per pagare l’affitto, Mikey torna alle sue vecchie abitudini, ma quando incontra Strawberry, la giovane cassiera in un negozio di ciambelle con cui prova un’intensa affinità, ritrova la speranza per un nuovo inizio.
Un antieroe impossibile da difendere
Red Rocket è un gran bel film. Mette a nudo un antieroe, Mickey Saber (straordinariamente reso da Simon Rex), attore di film porno, un uomo mai cresciuto, incapace di affrontare veramente se stesso e i suoi fallimenti. Un cieco e necessario ottimista: senza questa illusione di costante rinascita, di relativismo esistenziale, diventerebbe pazzo. Arriva in Texas, da dove è partito, in bus e senza un soldo, con i segni di un pestaggio. Implora l’ex moglie da cui non ha ancora divorziato (sua ex partner nel porno), di poter restare. Lo vediamo, lo ascoltiamo: è una corda tesa, mentalmente e fisicamente. Nato predatore, anzi, parassita. Si attacca alle possibilità che arrivano con l’innocenza e la crudeltà di un bambino nello sfruttarle, incurante delle conseguenze che lascia.
Le due donne, Lexi – Bree Elrod – che si porta addosso tutta la rassegnazione e la fine della lotta nella vita, e la vecchia e tosta Lil, vivono nella povertà e nell’alienazione. Mickey ha bisogno di un tetto, per ora ha bisogno di loro. Riprende a vendere fumo come un tempo, gira in bicicletta tra l’enorme fabbrica e lo spettrale paesaggio circostante.
Un pezzo di America che parla da solo, che Sean Baker ci mostra attraverso un visivo fotografico pastosamente impietoso: abbandonato a se stesso. Dal quel fondo Mickey vuole scappare, ma non sa come. Il negozio di Donuts è la nuova illusione: una diciassettenne bambolina rossa (la conturbante e brava Suzanna Son), che si fa chiamare Strawberry. Pian piano appare come la sua nuova via d’uscita per tornare a Los Angeles e al porno, alle ‘glorie’ di un tempo.
Il ritratto impietoso dell’America devastata nel suo sogno
Siamo in estate, alla vigilia dell’elezione di Trump. L’universo che Red Rocket cattura è tragicomicamente eloquente. I personaggi che lo popolano, ognuno a modo proprio, rilasciano tutta la verità di cui sono essi stessi inconsciamente consapevoli: il sogno americano è morto da un pezzo nelle periferie della Grande America. Si vive con giorni sempre uguali, senza prospettive, senza alcuna speranza. Anche la fuga si rivela un inganno, un orizzonte che porta solo sogni costruiti da un pappone alla giovane Strawberry.
Il tono volutamente ‘leggero’ di Red Rocket crea un bassorilievo efficace di quell’umanità, marcandola maggiormente. La scena finale della ‘casa di zucchero’ e della predazione in atto è la metafora perfetta delle illusioni di cui è vittima ancora l’America dei più.
Sean Baker: un talento di formazione indie
Laureato alla New York University Tisch School of the Arts, Sean Baker si è formato nell’indie americano più marginale. Il successo del suo quinto lungometraggio, Tangerine (2015), prodotto dai fratelli Duplass, girato soltanto con tre iphone e interpretato da due transessuali, segna la svolta nella visibilità. Prima, The florida project (2017) presentato alla Quinzaine nel 2017. Poi, Red Rocket, che, dopo il Concorso del Festival di Cannes, arriva ora al cinema.