Festival di Roma
Tim Burton si racconta alla Festa del Cinema di Roma prima del premio alla carriera
Tim Burton alla Festa del cinema di Roma
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3 anni agoon
Tim Burton è stato l’ospite d’onore quasi in chiusura della Festa del cinema di Roma. Regista dallo stile inconfondibile, disegnatore eccentrico, artista poliedrico e visionario. Impossibile non cedere al fascino della sua arte.
Tim Burton alla Festa del cinema di Roma
Dopo aver sfilato sul red carpet in compagnia del suo amato cagnolino Levi e dei suoi due figli, Burton è pronto a rispondere ad alcune domande davanti al suo pubblico.
La prima domanda fatta a Tim Burton alla Festa del cinema di Roma riguarda ilprimo film visto al cinema. «È stato ‘Gli Argonauti’ (Jason and the Argonauts). Un’esperienza indimenticabile, lo vidi a Santa Catalina Island, un’isola piccolissima a largo della California. Ero in una sala straordinaria, sembrava di essere dentro una conchiglia».
E alla richiesta di un regista italiano da omaggiare Tim Burton sceglie La maschera del demonio di Mario Bava. «Negli anni ’80 a Los Angeles andai ad un festival di film horror che durava 48 ore di fila. Di solito a questi eventi finisci per assopirti, invece io mi ricordo chiaramente il film di Bava, La maschera del demonio (Black Sunday). Era un regista come pochi, forse Fellini e Argento gli unici come lui, in grado di catturare il senso onirico, che spesso verteva nell’incubo».
Gli anni bui in Disney
Come noto, la carriera di Burton cominciò da giovanissimo alla Disney, quando iniziò a far parte del gruppo di animatori del lungometraggio animato Red e Toby nemiciamici. Nulla di più lontano dal suo universo narrativo e visivo. «La Disney negli anni 80? Orribile! Furono i miei giorni più bui all’epoca. C’era tanto talento, persone come John Lasseter, ma si facevano film con 10 anni di lavorazione. Non c’erano opportunità. Tra l’altro io ero veramente pessimo nell’animazione. Mi dissero che la volpe da me disegnata sembra essere stata travolta da un’auto!».
Da quel momento, proprio in seguito a questa esperienza, Burton decise di dar vita in autonomia alle sue originali creazioni. Dal primo corto, Vincent, realizzato in stop-motion e narrato, nella versione originale, dal suo idolo Vincent Price, la sua creatività non si è più fermata, dando vita a storie e personaggi che lo hanno consacrato come uno dei registi più amati di tutti i tempi.
Nessun limite dai grandi Studios
Nel corso della sua lunga carriera, Burton ha lavorato praticamente sempre con grandi case, – Warner e Disney in primis – ma ciononostante non si sente di aver mai dovuto fronteggiare dei limiti. «Io ho fatto soltanto film con grandi studios. Una posizione un po’ insolita, ma sono sempre riuscito a fare quello che volevo fare. Non so ancora come ci sia riuscito. Forse non hanno mai capito cosa stessi facendo!»
Sul processo creativo e realizzativo dei suoi film, Burton spiega: «Dipende dal progetto, a volte parto con dei disegni che sono molto primitivi, ma poi mi affido sempre a grandi artisti». Collaborazione che cerca anche nel processo di scrittura: «Non mi considero uno scrittore. Parto dalle idee e cerco di stabilire collaborazioni con chi è abile nello scrivere. Io personalmente cerco sempre di trovare qualcosa con cui rapportarmi».
Importantissimi per Burton, a tal punto da considerarli veri e propri personaggi di un film, sono tutti gli altri “reparti”: musica, scenografia e costumi. Celebri, a tal proposito, le sue frequenti collaborazioni con il compositore Danny Elfman, ma anche con grandi artisti italiani, come gli scenografi premi Oscar Dante Ferretti e Francesca Lo Schiavo e la costumista Gabriella Pescucci. Proprio loro tre, presenti in sala, hanno consegnato manualmente il premio alla carriera a Burton.
L’incontro ravvicinato con Tim Burton alla Festa del Cinema di Roma
Durante l’incontro con il regista sono state mostrate alcune delle clip dei suoi film più celebri. E proprio su questi sono state fatte delle domande a Tim Burton.
Su Edward Mani di Forbice gli è stato chiesto da dove sia nata l’idea.
«Dalla mia infanzia. Ero proprio come lui. Ho sempre amato le favole, perché permettono di esplorare i veri sentimenti aumentandone l’intensità. Sono cresciuto sentendomi come Edward».
Poi ancora domande su Mars Attacks e Batman, ma anche su Sweeney Todd («Anche il personaggio di Sweeney Todd è autobiografico. Non fu facile mostrarlo all’autore dell’opera alla quale mi sono ispirato. Lo vide solo a termine lavorazione e per fortuna gli piacque. È una combinazione di horror e musical») e Big Eyes e Ed Wood, entrambi basati su storie vere.
Il suo film preferito, tra i tanti fatti?
Forse Vincent, perché dura solo 5 minuti.
E tra i personaggi?
Edward mani di forbice ed Ed Wood. Non indosso abiti femminili, ma a parte ciò… sono quelli che mi assomigliano di più.
Le difficoltà di Dumbo
Parlando delle problematiche legate alla Disney, Tim Burton, a Roma, ha anche affrontato l’argomento Dumbo.
«Dopo quel film ho avuto quasi un esaurimento nervoso. Mi son reso conto che era la mia storia, io ero Dumbo, una specie di creatura che lavorava alla Disney. Alla fine del film mi sono accorto che era una sorta di autobiografia. È anche per questo che non ho più fatto film da allora. Sono ancora traumatizzato».
In compenso negli ultimi mesi ha lavorato alla serie su Wednesday, in Romania, che vedremo tra la fine del 2022 e l’inizio del 2023. «Il personaggio principale è simile alla Lydia di Winona Ryder in Beetlejuice – Spiritello porcello, ma con più spessore», ha raccontato il regista.
La stop-motion
E quanto alla stop-motion a lui tanto cara ne ha parlato in questi termini: «È uno strumento importantissimo. Ho sempre qualcosa in mente, ma niente di particolare in cantiere. Ci vogliono grandi artisti per quel tipo di animazione, e ogni volta che l’ho fatta ho sempre radunato un team di persone dalla grandissima professionalità. Di certo, ho intenzione di continuare a farlo in futuro».
E sul passato ha detto di non avere rimpianti sui propri film: «Una volta qualcuno ha detto che tutti i film sono come dei figli. Si possono fare degli errori, ma c’è sempre un motivo per tutto quel che ho fatto. Se qualcosa non è andato bene, pazienza, ma quello che fai è parte di te. Di ogni progetto ti restano ricordi belli e brutti, forse alcune cose non le rifarei, ho imparato la lezione, ma niente pentimenti. Almeno non ancora».
Tim Burton sul premio alla carriera della Festa del cinema di Roma
Sulla consegna del premio, il regista ha scherzato: «Un po’ come essere al proprio funerale, sei morto e qualcuno ti premia. Scherzi a parte, è un premio importantissimo che viene da una città e un Paese che amo. Come ho sempre amato Bava, Fellini, Dario Argento, grandi registi italiani, o Dante Ferretti, con il quale ho lavorato, tutti artisti che hanno un posto speciale nel mio cuore».
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