Festival di Roma
‘Les jeunes amants’ di Carine Tardieu, per Fanny Ardant l’amore over 70 è come un uragano
Il film è in concorso al Festival di Roma
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3 anni agoon
Ebbene sì: anche nel film Les jeunes amants, visto in concorso alla Festa del Cinema di Roma, c’è una di quelle scene che tutti hanno visto almeno una volta nella vita, in cui due innamorati camminano sotto la pioggia e si baciano in un vicolo scuro. A scanso dei tranelli anagrafici del titolo, i “giovani” sono la settantunenne Shauna (Fanny Ardant), architetto in pensione da lungo tempo separata, e Pierre (Melvil Poupaud), medico di quarantacinque anni con moglie e figlia. L’amore ai tempi della senilità – almeno di lei. Con complicazioni che vanno oltre l’età e gli impegni dell’ammogliato, quando di mezzo ci si mette anche la malattia. È quello che fa un mélo: accumulare complicazioni. Oltre a una pioggia di sentimenti forti e stereotipi. Per fortuna, nel racconto di Carine Tardieu, non senza l’ombrello intelligente di una divertita ironia. Al cinema distribuito da I Wonder Pictures.
La trama
Galeotto fu il lutto. È nell’ospedale di Lione che s’incontrano per la prima volta Shauna e Pierre, dicembre 2006. La donna è accorsa da Parigi al capezzale dell’amica Mathilde, la cui vita è appesa a un filo. Lui è l’oncologo che ne ha seguito la malattia, con più coinvolta premura per il fatto che la paziente è anche la madre del collega George, di origini irlandesi. Quindici anni dopo è proprio il fulvo compagno di lavoro a trascinarlo nel villaggio di Kinsale, Irlanda, dove Shauna trova spesso ristoro dai ritmi di Parigi nella casa ereditata dal padre. Che sa di legno e acqua di mare.
L’incontro riaccende una fiamma in lui, un ricordo da riscaldare poco a poco in lei. La restituzione di una vecchia foto di Shauna e Mathilde, dimenticata anni prima all’ospedale e conservata dal medico, già folgorato al primo incontro, sarà poi l’occasione per risentirsi. Rispetto alla pioggia battente dell’Irlanda, il rendez-vous parigino, esitante ma appassionato, sarà come un uragano. Anche per la salute.
L’ultimo mélo
Bisogna prendere Les jeunes amants di Carine Tardieu come ciò che è, e che sa di essere. Il film in concorso alla Festa del Cinema è l’esasperazione calibrata dell’emotività. Non bastasse la fiamma di un amore semi-impossibile che divampa nella violazione del patto coniugale, nella difficoltà della distanza, nei dubbi dell’amante matura che ha rinunciato da tempo al batticuore. Tutto deve farsi più intenso, per accumulo.
Drammatica è l’ombra della morte nella famiglia di Pierre, che ha perso il secondo figlio ancora infante. Drammatico è l’inizio in ospedale, e un infierire di malattie varie – compresa citazione del Coronavirus – quasi da sadismo della sceneggiatura. Drammatiche le peripezie del primo incontro, la pioggia, la musica.
Ecco, quando una pianista all’aeroporto attacca il pezzo classico, la colonna sonora rompe ogni indugio, e tra i triti Bach in variazioni Goldberg e Notturni di Chopin, di cui non ci si libererà fino alla fine del film, lo dichiara ad alto volume: questo è un melodramma d’amore. Con qualche nota, però, volutamente fuori spartito, a salvarci dalla sinfonia del già visto.
Un taglio al melodramma
C’è qualcosa di giovane, effettivamente, nel linguaggio di Les jeunes amants, rispetto al melodramma canonico. Beninteso, persino il linguaggio è sovraccarico: fuori fuoco (come nella passerella a camera fissa del prologo, in cui Fanny Ardant emerge dalla sfocatura avvicinandosi gradualmente al primo piano); dissolvenze (a volte in bianco, a volte in nero, per non farsi mancare nulla); ralenti musicati e struggenti. C’è l’insistenza sulle carni rugose, sulle mani nodose, sulla pelle che si cerca – di Shauna e Pierre – ma anche che si schiva – di Pierre e sua moglie.
Ma c’è un dettaglio del linguaggio cinematografico che rivela la consapevolezza di Carine Tardieu di essere alle prese con un meccanismo che, con tutta probabilità, può ancora funzionare solo a patto che non ci prenda troppo sul serio. Si tratta dei jump cut che interrompono la colonna sonora. Non sarebbe mai accaduto nel melodramma classico. Evidentemente, tutto ha un limite, compresa la sospensione dell’incredulità dello spettatore. Al punto da richiedere che il focoso umore drammatico sia innaffiato da una sana spruzzata d’ironia.
Grazie dei fiori
Un esempio di giravolta che procede dall’afflato tragico alla commedia, e viceversa, è quando, dopo un pesante sfogo con l’amante, Fanny Ardant getta dalla finestra un mazzo di tulipani che aveva comprato la mattina nella meticolosa preparazione dell’incontro amoroso. Ma subito dopo, riappacificatasi con Pierre, si pente del gesto impulsivo di poco prima, e gli chiede:
Credi che qualcuno possa venire ucciso da un mazzo di tulipani?
E nemmeno a dirlo, poco oltre lo script ci regalerà un assalto tragicomico tra moglie e marito a colpi di rose. Anche grazie ai fiori, s’intuisce che c’è licenza di sorridere in mezzo alle spine della narrazione.
L’amplesso dei debuttanti
La salvezza di Les jeunes amants, che sarebbe altrimenti un film veramente insopportabile, è nella scelta decisa di procedere così: non per sfumature, ma per dissacrazioni. Distaccandosi, cioè, ogniqualvolta la tensione d’amore, pronta a scivolare nella soap, si faccia troppo accalorata, per concedersi l’increspatura di un sorriso. È vero che si arriva persino a declamare i versi di Sylvia Plath – d’altro canto Shauna è donna di grande raffinatezza. Ma c’è anche la “letteratura pop” dei whatsapp che diventano nonsense per l’uso del T9, con tanto di imprecazioni di Fanny Ardant. Ci sono dialoghi arguti, se non spassosi, che vedono coinvolti, tra gli altri, l’atarassica figlia del medico o il collega irlandese, protagonista anche di un ingresso slapstick a casa di Shauna con sbattimento di testa. C’è, specialmente, la buffa costruzione dell’imbarazzo al primo amplesso: l’Ardant e Poupaud dalla tenerezza quasi adolescenziale dei principianti. Anche questo c’è di giovane: la paura nel desiderio.
Non è un amour de jeunesse
Eppure, non è un amore di gioventù. Tanto è vero che piombano nella storia le pressioni della vita adulta e gli imprevisti della vecchiaia, patologie comprese. Amour de jeunesse, invece, è l’espressione che Shauna usa per descrivere la relazione della nipote, iniziata sin da quando la ragazza non aveva il ciclo (sic!). In una scena di famiglia, Fanny Ardant lo ripete con insistenza tale da far quasi pensare a una citazione ammiccante, da parte di Carine Tardieu, al titolo di uno dei film più riusciti della connazionale Mia Hansen-Løve (2011), con Lola Créton.
Questo, invece, nel ciclo della vita è un amore autunnale, non una brezza di primavera. Nella terza età, o alle sue soglie, l’amore può essere tanto una malattia – un uragano interiore – quanto una cura. La regista semina l’una e l’altra ipotesi in più di un dialogo. Come accusa, o come speranza.
Alla fine, però, meglio continuare a dubitare. Anche dell’amore.
Ma mal d’amore a parte, per Les jeunes amants di Carine Tardieu l’importante è aver schivato, sul terreno del melodramma stravisto, il mal di noia, l’overdose sentimentale: con la consapevolezza che il cinema, col sorriso e col dubbio, sa ringiovanire anche i generi di lungo corso e con molte rughe.