Già passato per Locarno 74, dove ha vinto il Best Emerging Director Award nel Concorso Cineasti del presente, e ora presentato ad Alice nella Città, Il legionario, opera prima di Hleb Papou, è un poliziesco fortemente radicato nell’attualità italiana, tra cronaca e film di genere.
Il legionario: Trama
Daniel (Germano Gentile) è l’unico poliziotto di origine africana del Reparto Mobile di Roma. Un giorno, in centrale, arriva l’ordine di sgomberare un palazzo occupato in cui vivono 150 famiglie. I colleghi di Daniel non lo sanno, ma una di quelle è proprio la sua.
Uno sguardo sul presente
Ha l’energia e la schiettezza che solo le opere di cocente attualità possono avere, Il legionario di Hleb Papou. Perché nel lungo d’esordio del regista bielorusso naturalizzato italiano, c’è tutta la forza di un prodotto che si confronta con temi divisivi e fondamentali della società italiana (l’emergenza abitativa, i cittadini di seconda generazione) pur mantenendo la sua aderenza al genere.
Raccontando la vicenda esemplare di Daniel, nato a Roma da genitori africani e cresciuto in un palazzo occupato, lo stesso che ora, da poliziotto della Mobile, deve sgomberare, il film non è infatti altro che l’estremizzazione di un conflitto già in atto, di un mondo scisso in cerca di equilibrio.
Tra due fuochi
È un personaggio conteso tra due famiglie, in fondo, Daniel. Quella del suo reparto di polizia – che lo ha adottato, al netto di qualche battuta razzista di troppo – e quella biologica. Un personaggio, proprio come i legionari multirazziali dell’Impero Romano, che si trova in mezzo a due fuochi. Incapace di decidere tra l’attaccamento alla divisa e il valore del sangue e degli affetti. Nel suo rapporto coi colleghi e col fratello Patrick (Maurizio Bousso), capo degli occupanti, c’è così la tensione emblematica di un film fatto di opposizioni binarie. È qui, tra Italiani e stranieri, destra e sinistra, difesa della legalità e diritto alla casa, che gli opposti convergono in un’opera che ne raccoglie le tensioni e le fa deflagrare in un crescendo fisico ed emotivo.
Dentro al genere
Sì, perché, al di là dell’attualità e dei suoi temi caldi, Il legionario vuole essere, prima di tutto, un film di genere. Un film che guarda soprattutto al Sollima di ACAB e di Sicario, ma che non trascura nemmeno la lezione di certo poliziesco europeo recente (Shorta, Bac Nord), riuscendo, allo stesso modo, a portare avanti la sua riflessione sociale senza tradire la sua essenza. Lontano da facili stereotipi, sia da una parte che dall’altra, Papou mette così in scena, macchina a mano e sguardo “antropologico”, la difficoltà di una società incapace di trovare un qualche equilibrio che ne allenti i conflitti e, insieme, l’emergere di una nuova realtà ormai impossibile da ignorare.