“Super 8” è un racconto che riflette e trasmette al meglio l’entusiasmo nel creare storie e vivere l’avventura, uniti a momenti che citano i film di Spielberg che Abrams ha tanto amato in gioventù
Ogni qualvolta il cinema vuole migliorare se stesso, sperimentando nuove forme o nuove modalità tecniche e narrative, torna leggermente indietro nella sua storia, come se prendesse la rincorsa: è successo con Avatar che rispolverando una storia che mescola episodi classici degli indiani d’America e la guerra del Vietnam al fine di sperimentare la nuova ripresa tridimensionale; succede con i remake, rifacimenti di vecchi film dove il soggetto (e in alcuni casi più rigorosi, la sceneggiatura stessa) è pressoché identica all’archetipo originale.
Ciò che cambia è la modalità in cui queste storie vengono ricreate. La forma, in poche ma significative parole.
Da questa abitudine non si sottrae neanche J. J. Abrams, celebre creatore di Alias e Fringe, ma anche colui che ha riportato al cinema Star Trek ed il magnifico Cloverfield. Per il suo ultimo film, Super 8, sia per estetica che per ambientazioni e personaggi, torna indietro nel tempo e nella sua memoria che riprende, sia nel senso che la recupera e sia che la mette su pellicola.
Super 8 non ha come punto centrale un’invasione (meglio un’evasione) aliena o un disastroso incidente ferroviario, ma è la semplice e stupefacente storia di cinque ragazzini che girano un film in super 8; e cosa c’è di avventuroso nel girare un film, vi chiederete. Beh, solamente conciliare gli impegni di tutti per organizzare le riprese può essere uno sforzo superomistico, per non dire eroico, e spesso questa fase della preparazione assomiglia più ad un action movie o un thriller ad altissima tensione. Tutto può andare a rotoli … da un momento all’altro.
Aggiungete inoltre che una volta riuniti tutti, cast e tecnici, durante le riprese può accadere l’inverosimile: potrebbe piovere, fulminarsi una lampada o rompersi qualcosa di più serio o addirittura deragliare un treno davanti ai vostri nasi, un treno del governo che trasportava un carico speciale e segretissimo.
Questo è Super 8.
La parte più interessante, però, è la genesi di questo film: un giovane quanto sconosciuto J.J. Abrams, partecipando ad un festival di filmini in Super 8, riscosse molto successo con la sua opera, un sorta di primissima versione di Cloverfield, tanto che un quotidiano, parlando del festival, citò proprio il giovane filmaker e la sua opera in concorso.
Questo piccolo trafiletto passò per le mani di un certo Steven Spielberg, all’epoca già il mostro sacro creatore dei modi fantastici che conosciamo oggi. Spielberg incuriosito da questo giovane Abrams decise di chiamarlo per affidargli un compito particolare: per 200 dollari J.J. Abrams avrebbe dovuto sistemare e montare le decine di bobbine di film girati dal celebre regista da quando aveva più o meno 15 anni. Un materiale tanto prezioso affettivamente per Spielberg quanto di inestimabile valore per Abrams. Finito il lavoro, i due si sono persi di vista.
Anni dopo, il non più giovane J.J., divenuto l’affermato sceneggiatore e regista come oggi lo conosciamo, aveva in mente una storia che riprendesse (il verbo è nuovamente usato per la sua ambivalenza) l’entusiasmo e le atmosfere che pervadevano la sua adolescenza quando si trovava con gli amici a girare piccoli film e voleva fortemente realizzarne un film. Il progetto però aveva raggiunto un punto morto, non convinceva e non c’era mordente fino a che, ricordando quei filmini che aveva montato anni prima, Abrams decise di chiamare Spielberg per parlargli di questo progetto.
Da quel momento i due, oltre a stringere una forte amicizia, hanno iniziato a collaborare, ad incontrarsi e a buttare giù idee per questo ipotetico film, con l’energia dei ragazzi protagonisti del film, ma allo stesso tempo rispolverando l’entusiasmo dei giovani e imberbi filmaker che erano un tempo.
Questo è Super 8, un racconto che riflette e trasmette al meglio l’entusiasmo nel creare storie e vivere l’avventura, uniti a momenti che citano i film di Spielberg che Abrams ha tanto amato in gioventù: sono abbastanza palesi i rimandi ai Goonies, ad Indiana Jones, ad ET ed a Incontri ravvicinati del Terzo Tipo soprattutto, sempre mantenendo però un’estetica e una spettacolarità caratteristica del creatore di Cloverfield.
Queste atmosfere già viste e familiari però non disturbano, come succede in diverse altre opere cinematografiche smaccatamente referenziali, anzi aiutano lo spettatore ad immedesimarsi meglio e più velocemente, cementando la sospensione dell’incredulità e trasformando ognuno di noi in un membro della sgangherata troupe, buttandoci al centro del film ed in mezzo all’azione.
Un film molto bello e convincente, sicuramente uno dei migliori film della stagione, che amo pensare sia nato dall’entusiasmo che Abrams condivide con Steven Spielberg, il suo nuovo compagno di giochi, un po’ più grande e con più soldi, dato che produce addirittura il film.
Col senno di poi questo dinamico duo di ragazzini un pò cresciuti, mettendo in campo se stessi e la proprio storia confezionano un film in parte autobiografico unendoci una fantastica storia di avventura e fantascienza.
Speriamo che Super 8 ottenga e riscuota il successo che merita.
Non per piageria verso i realizzatori del progetto, a cui va tutto la nostra gratitudine e rispetto per i loro precedenti lavori, ma soprattutto perché come spettatori ci meritiamo una bella storia come Super 8, dato che ultimamente ce la passiamo piuttosto male.