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Venezia .68. “Maternity Blues”: infanticidio di madre nell’opera prima di Fabrizio Cattani (Controcampo Italiano)

“Maternity Blues” opera una riflessione sincera e non di parte sulle conseguenze della depressione post parto: questa sindrome ha registrato una notevole impennata negli ultimi anni, fino a far registrare 20 casi di madri assassine nel 2010

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Tratto dal testo teatrale di Grazia Verasani, From Medea, e con lei sceneggiato, questo film è un esempio di come ancora la stabilità produttiva dell’Italia continui ad arrancare.

Maternity Blues di Fabrizio Cattani infatti è il prodotto di una coproduzione articolata tra Ipotesi Cinema di Olmi, Faso Film e il sistema The Coproducers. Fortuna che Fandango ha riconosciuto le potenzialità di questo piccolo film e ha scelto di distribuirlo favorendone l’ingresso in Controcampo Italiano.

Nella storia individuale e corale allo stesso tempo di Maternity Blues si opera una riflessione sincera e non di parte sulle conseguenze della depressione post parto: questa sindrome ha registrato una notevole impennata negli ultimi anni, fino a far registrare 20 casi di madri assassine nel 2010. Tuttavia, la malattia è da analizzare nel contesto in cui si produce questa mancanza, questo deficit di autostima e questo incremento di odio tale per cui si arrivi all’efferatezza.

Per questo Cattani racconta la storia di Clara, una giovane madre che ha compiuto un gesto irrimediabile e adesso affronta un percorso di recupero presso un centro specializzato; con lei, altre donne condividono il problema e il tentativo di reinserirsi nella società: Eloisa, Rina, Vincenza. Parallelamente a Clara, che vive il confronto con la sua coscienza e il recupero delle ragioni che l’hanno condotta allo sfogo incontrollato, anche suo marito sta tentando di riprendersi il diritto di vivere liberamente: Daniele Pecci interpreta quest’uomo che opera un’umile analisi di coscienza in cerca delle proprie responsabilità, e che, consapevole del suo coinvolgimento, cerca di recuperare il rapporto con la moglie e il suo perdono.

Il film è una delicata trattazione di un altrettanto delicato argomento; Cattani tenta di esporre alcuni degli aspetti più contorti e strutturati del momento della maternità, denunciando ma senza additare l’inadeguatezza dei supporti e del sostegno, anche da parte del padre. Ovviamente l’argomento è complesso: il pregio del film è quello di richiamare l’attenzione sul dramma, spingendo ad indagare al di là della colpa; tuttavia alcune mancanze, tra cui la recitazione di certi interpreti, lo rendono poco efficace dal punto di vista della tensione drammatica, quasi grottesco in alcune forzate situazioni “canore”.

Penetrare l’interiorità sconvolta di queste madri è una sfida complessa e ancora aperta; riuscire a riconoscere ed ammettere i limiti della società e dell’individuo nella prevenzione di queste orrende situazioni è un tema nobile: Cattani, con un linguaggio semplice e alla portata di tutti, ha allontanato il rischio che si potesse evitare di parlarne ancora a lungo per vergogna, negligenza o ipocrisia generale.

Rita Andreetti

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