Trastwestdi Ivano De Matteo (Villetta con gli ospiti, I nostri ragazzi) sarà presentato al Festival del Cinema di Venezia nelle Giornate degli Autori 2021. Il film, un cortometraggio, è prodotto da Ivano De Matteo per Utopia Film e da lui stesso diretto, scritto e montato.
Di cosa parla Trastwest
In una Roma deserta, alcuni personaggi si recano nella piazza del quartiere per assistere a un curioso duello western, quando una sirena dei Carabinieri riporta tutto all’ordine.
Sono personaggi bizzarri e surreali, quelli che, in uno stile di presentazione narrativa in forma di elenco, si raccolgono in una piazza di Trastevere (da qui il titolo Trastwest) per assistere al duello tra due pistoleri. I duellanti non sono armati di pistole, ma di banane. Uno di loro lo vediamo uscire di casa con due banane nelle tasche e approssimarsi alla piazza. In quella piazza, Piazza San Calisto, sfiderà un altro uomo al quale cede una delle sue banane per difendersi.
A popolare questo contesto ci sono strani personaggi: un uomo vestito di pelli di animali, una donna anziana in carrozzina elettrica con i capelli biondissimi e un rossetto fiammante, una zingara, musicisti di strada, due baristi dello storico Bar San Calisto, già descritto dal regista in un documentario, Barricata San Calisto. Tutti a dettare il ritmo in questo avvicinamento progressivo al duello centrale della storia. Questi inizialmente sembrano elementi autonomi di un ambiente urbano semi-deserto, ripresi nella quotidianità oziosa di una giornata romana. A un certo punto, l’atmosfera cambia e ce lo segnalano il montaggio, la musica e la comparsa del titolo: entriamo nel vivo del trastwest, si comincia a percepire l’attesa di qualcosa che sta per accadere, alla quale stiamo per assistere insieme a questa popolazione di quartiere.
Narrare il quartiere è una delle attitudini di De Matteo. In tutta la sua filmografia ha filmato quello che letteralmente è sotto casa, come in questo corto.
“Durante la zona rossa, a Roma, ho assistito casualmente a una scena che aveva dell’assurdo. Due uomini di una certa età, soli in piazza San Calisto a Trastevere, si affrontavano in un duello a fuoco con due banane. Uno dei due lasciava suonare da una cassa Per un pugno di dollari che faceva da colonna sonora. Istintivamente ho iniziato a filmare a ralenti”.
Ivano De Matteo
La regia di De Matteo
Tutte le scene sono riprese al rallentatore e senza dialoghi. Non c’è nessuna parola in questo film, quasi nemmeno scritta. Tutto è mostrato rallentando le immagini e dilatando il tempo, in questo scenario dai caldi colori che inevitabilmente ricordano i paesaggi western. I volti di questi personaggi – identificati nei titoli di coda senza cognomi: Massimo, Roberto, Maurizio, Lynda, Stefano, Sara – ci vengono mostrati in primissimi piani. Molto spesso sono le bocche o gli occhi a rappresentarli, in una sineddoche espressiva che racconta di loro molto più di quanto non possa fare una figura intera o una sceneggiatura piena di dialoghi.
La scelta del ralenti è forte, ma decisamente ben calibrata su questa storia. Ci lascia percepire, in quello che Deleuze chiamava immagine-tempo, ogni istante del tempo del film, della vita e in particolare della vita che abbiamo vissuto sotto pandemia. Perché Trastwest – lo dice, oltre al regista, il sottotitolo stesso: Duello in zona rossa – è stato girato quando l’Italia era chiusa in casa. In un tempo sospeso, appunto. Ben reso da questo uso dell’immagine rallentata.
Ma questo vedere da così tanto vicino bocche, nasi e occhi ci permette di cogliere il micromovimento che a velocità normale, al tempo in cui viviamo la vita, rimane sempre inconscio e non percepito.
Poi c’è il gesto. Questa è la voce di Trastwest. Il filosofo ungherese Balázs nel 1924 ha parlato di “uomo visibile”, in un omonimo testo, a proposito dell’analisi del cinema al suo secondo decennio di vita, senza sonoro. Ha scritto: “il non parlare non significa affatto non avere nulla da dire. Chi non parla può traboccare di cose che possono essere espresse solo in forme, immagini, espressioni del volto e gesti. […] lo spirito diviene corpo in modo diretto […] diviene visibile”. Questa è la vera voce di Trastwest.
Lo stile di ripresa in Trastwest
Ivano De Matteo ci aveva già mostrato qualcosa di simile, nello stesso ambiente, in Biancalisto: un corto in cui si cerca un elisir, inesistente, di felicità. Già lì abbiamo conosciuto il rallentatore, lo sventolio di mani in saluto e le bocche protese in baci, dei personaggi. Trastwest ce li ripropone insieme a un altro elemento ricorrente: l’uso del cellulare per girare. Anche Trastwest è girato con un iPhone e montato con il software del produttore del cellulare. Vediamo quindi spesso immagini poco nitide, non perfette. Ma è il linguaggio dell’autore di questi film. Di nuovo non conta la precisione dell’immagine, ma quello che essa ci trasmette di chi viene ritratto in quelle inquadrature sporche e imprecise. Non contano i mezzi tecnici quali crane, dolly e altro: bastano le spalle di un collega di set per alzare il punto di vista.
Infine la musica, sulla quale c’è da dire poco, perché, i crediti parlano da sé: Trastwest di Giovannelly con Francesco Cerasi a basso, batteria e armonica, Alessandro Giovannelli a chitarra e synth, Piergiorgio Nardis alla tromba; altri brani, concessi dalla famiglia, estratti dalla colonna sonora originale del film Per un pugno di dollari, di Ennio Morricone.