Ralph Nelson, il cui cinema si può collocare tra quello secco, coscienzioso e sociale di unoStanley Kramere quello ruvido e senza compromessi di Robert Aldrich, nasce artisticamente alla fine degli anni ‘40 e si fa le ossa, come del resto gran parte dei registi della sua generazione, compresi i due giganti appena citati, nella televisione. Debutta al cinema nel 1962 con Requiem for a Heavyweight, un dramma duro girato in uno sporco bianco e nero con Anthony Quinn, incentrato sul mondo della boxe. Proseguirà a dirigere numerosi film di vario tipo sviluppando, grazie a una coerenza tematica e un occhio barocco e preciso per l’azione, una forte riconoscibilità stilistica. Tra i generi da lui toccati sicuramente ha un posto di rilievo il western: a dimostrazione di questo, il film per cui viene più spesso ricordato è proprio Soldato Blu(1970), parabola sul Vietnam amara e violentissima, tanto da essere bandito in più paesi o comunque pesantemente tagliato. Nelson però ci aveva già regalato una visione tesa e sanguinolenta del West con la sua prima escursione nel genere. Infatti nel 1965 dirige Duello a El Diablo, con un cast ricco che vede in primo piano il sempre ottimo quanto sottovalutato James Garner e Sidney Poitier, che con Nelson aveva trionfato due anni prima con I Gigli del Campo, ma poi anche caratteristi di lusso comeBill Travers e Dennis Weaver e l’attrice Bibi Andersson, laconica interprete bergmaniana.
L’intensa trama è un fitto groviglio di odio e vendetta, tensione razziale e tradimenti. Mentre attraversa un canyon arido e deserto, uno stanco e solitario esploratore di frontiera, Jess Remsberg (Garner), salva Ellen Grange (Andersson), barcollante e disidratata, da una banda di Apache che le stanno alla coda, e la riporta da suo marito, Willard Grange (Weaver). Ellen, avendo avuto un figlio da un capo Apache, è restia nel tornare con il manesco marito, mentre viene trattata come una reietta e isolata dalla piccola comunità. Questi tre personaggi per una serie di circostanze si ritrovano a viaggiare insieme in una spedizione militare verso un nuovo forte, bisognosi di viveri, uniti anche da altri due civili e un nero, Holler (Poitier), domatore di cavalli. Ma gli Apache, scesi sul sentiero di guerra per rivendicazioni territoriali, non danno tregua alla carovana. Il gruppo di soldati finirà per essere sopraffatto e Willard torturato selvaggiamente dagli indiani cappeggiati da Chata, nonno del bambino di Ellen. Jess, allontanatosi dalla battaglia per trovare rinforzi, e che nel frattempo ha scoperto che l’assassino di sua moglie è proprio Willard, torna per trovarlo in fin di vita. Lo guarda in silenzio, gli dà la sua pistola e si allontana. Tutti vittime, a partire dagli oppressi indiani, tutti, a prescindere dalle colpe.
Anno straordinario per il cinema, il 1966. Annata grandiosa anche e soprattutto per il western, basti pensare che a far compagnia alla pellicola di Nelson troviamo titoli come Il Buono, Il Brutto e il Cattivo di Leone, El Dorado di Hawks e I Professionistidi Brooks. Quindi non è difficile capire perché Duello a El Diablo sia stato, se non del tutto dimenticato, diciamo poco menzionato negli anni. Eppure il film è intenso e se da una parte non inizia discorsi nuovi, poiché gli argomenti trattati si possono individuare striscianti persino in pellicole di Ford del decennio precedente, sicuramente anticipa uno stile fresco e violento, seppur talvolta farraginoso, che prenderà piede negli anni Settanta. L’uscita recente del DVD anche da noi è un’occasione per riscoprire sia un film che un autore che sapeva raccontare storie dure in maniera dura, senza sbattere le ciglia neanche davanti al più osceno degli atti di cui l’uomo è capace e, come Pollock per la pittura, nel western sapeva usare pennellate larghe e schizzi aggressivi per lasciare lo spettatore, al di là della reazione cerebrale, con una sensazione forte, viva, che prendeva allo stomaco.
Eugenio Ercolani
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